La notorietà planetaria di una foto che ha fatto epoca. Scopriamo che cosa che si cela dietro quello scatto.
Ci sono fotografi che con i loro scatti hanno testimoniato il nostro mondo nelle sue angolature meno note, tra volti e colori, di luoghi, popoli e culture profondamente diverse tra loro. Non si tratta di foto casuali o di incontri fortuiti, ma di immagini frutto del lavoro e della ricerca.
Uno dei fotografi più acclamati e noto per i suoi reportage in giro per mondo è Steve McCurry, fotografo della Magnum Photos, con i suoi scatti fatti in tutti i continenti, diventati un simbolo delle contraddizioni e del mistero della condizione umana. La foto di cui parliamo è proprio così, meravigliosa e terribile allo stesso tempo.
Steve McCurry si è occupato di vari generi dal reportage di guerra alla fotografia urbana ai ritratti e proprio uno dei suoi ritratti è forse una delle foto più note degli ultimi decenni. Si tratta della foto della ragazza afghana, scattata nel novembre del 1984 in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan.
La fotografia divenne famosa dopo la pubblicazione sulla copertina del rivista National Geographic del giugno 1985. La ragazza ritratta aveva all’epoca della fotografia solo 12 anni ed era una esule fuggita dall’Afghanistan, dopo l’invasione sovietica del suo paese. L’identità della giovane rimase sconosciuta fino al 2002, quando in seguito all’occupazione statunitense dell’Afghanistan il fotografo tornò a cercarla e la ritrovò.
Il suo nome era Sharbat Gula e McCurry poté fotografarla di nuovo dopo diciassette anni dal primo scatto. Questa foto fu il simbolo della guerra russo – afghana, ma anche dei profughi di tutte le guerre. La ragazza divenne un soggetto universalmente noto, con il suo sguardo magnetico e penetrante, l’espressione intensa e tormentata.
Gli occhi verdi della ragazza raccontavano la sua triste condizione di profuga, bucando letteralmente la pagina e catturando lo sguardo degli spettatori. L’immagine è potente, con un primo piano di una ragazza con i capelli bruni, uno scialle color ruggine e dei penetranti occhi verdi. Spalancati e fissi verso il fotografo e il mondo, a raccontare della sua vita in un campo profughi.
La foto resta la testimonianza di una tragedia, un appello a non voltarsi e a ricordare le terribili condizioni provocate dalla guerra. Questa foto è diventata molto famosa ed è apparsa migliaia di volte in giornali, magazine, televisione. Dimostrando così come alcune immagini possono diventare dei simboli e acquistare un valore molto maggiore del semplice ritratto.
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