11 Marzo 2019 By Giusy Baffi

Zaha Hadid: un linguaggio architettonico di fluidità e natura – parte prima –

Donna, irakena, musulmana: Zaha Hadid è un’antesignana della emancipazione femminile  nel mondo arabo, anche se quel potere se lo era già preso con molto anticipo. Prima donna a vincere il Pritzker Prize nel 2004, Zaha Hadid è una delle figure più note dell’architettura contemporanea, apprezzata, ammirata per il suo stile versatile e suggestivo, di grande fascino e impatto.

Zaha Hadid

 

 Nata a Bagdhad nel 1950, figlia di uno stimato e conosciuto industriale irakeno, ha la fortuna di nascere in una famiglia colta e di larghe vedute.

I miei genitori mi hanno trasmesso la passione per la scoperta e non hanno mai distinto tra scienza e creatività – Zaha Hadid

Si laurea  in matematica alla  American University di Beirut in Libano, per poi proseguire gli studi  a Londra laureandosi  nel 1972 in architettura alla Architectural Association School of Architecture, una delle principali scuole di architettura del Regno Unito nonché una delle università più prestigiose e competitive al mondo.

La ricerca di Zaha Hadid è finalizzata ad una architettura  che superi il paradigma cartesiano: l’abolizione dell’angolo retto e della simmetria.

La sua formazione culturale appartiene in gran parte alla corrente decostruttivista che propone una spazialità continua, in cui l’uso di tutti gli elementi tradizionali si dissolvono in unica superficie fluida, in una pelle architettonica che si presenta con continue distorsioni, fratture e si sfrangia in un linguaggio di tipo organico.

I suoi progetti, liberi dalle coordinate cartesiane, diventano paesaggi fluttuanti.

Zaha Hadid @Jeanette Winter

Progetto Signature Towers – Dubai

 

Sono sempre stata interessata al concetto di frammentazione e all’idea di astrazione ed esplosione, de-costruendo le idee della ripetitività e della produzione di massa – Zaha Hadid, 2007

Tutta la sua architettura è basata sull’idea di frammentazione, di penetrazione dell’edificio stesso, liberandosi  dai concetti di gravità e sperimentando fuori dalle regole esistenti.

I concetti architettonici di Hadid, nati da una logica e da un metodo rigorosi e tuttavia liberati dalle restrizioni euclidee, hanno acquisito fattibilità grazie a un’altra rivoluzione industriale fondata sulla progettazione digitale e sulle macchine CNC (computer numerical control) cioè macchine a controllo numerico che hanno il vantaggio di ridurre i tempi e i costi di produzione oltre che una ripetibilità della lavorazione.

La sua architettura viene definita architettura parametrica: il parametricismo è una nuova corrente dell’architettura moderna che si propone di gestire delle geometrie complesse attraverso l’impiego di pochi elementi che sono tradotti in termini matematici.

Bruce Mau

“Quando il risultato guida il processo andremo sempre e solo dove siamo già stati. Se, invece, il processo guida il risultato, potremmo non sapere dove stiamo andando ma sapremo di essere nella direzione giusta”. (Bruce Mau,  Incomplete Manifesto for Growth, 1982)

Progettazione parametrica, modellazione algoritmica e design generativo  sono le parole chiave di un nuovo paradigma in grado di rispondere alla crescente complessità dei problemi progettuali attraverso un approccio alternativo, che colloca in una prospettiva diversa i ruoli consolidati di processo e risultato e vede nel computer il naturale alleato, ma non la ragion d’essere.

Nel 2007 Zaha Hadid con il Nordpark Cable Railway Stations, la rete di quattro stazioni a supporto della funicolare di Innsbruck, aveva sperimentato, con successo, l’architettura parametrica. Le stazioni,  con coperture curve e riflettenti simili a nuvole di vetro, vanno ad integrarsi completamente nel paesaggio.

Nord Park Cable Railway Stations – Innsbruck – Zaha Hadid 2007

Il Galaxy Soho a Hong Kong è un altro perfetto esempio dell’architettura parametrica di Hadid, inaugurato nel 2012 è una composizione fluida formata da cinque volumi continui che si fondono uno nell’altro in tutte le direzioni, creando un profondo senso di immersione e avvolgimento.

Galaxy Soho – Hong Kong – Zaha Hadid 2012

Viene così generata un’architettura panoramica senza angoli che possano spezzare la fluidità della composizione formale dominata dalla continuità della linea curva.

Galaxy Soho  Hong Kong – Zaha Hadid 2012 © foto.rmedium

“Il mio primo lavoro era influenzato dalle prime avanguardie russe; in particolare dalle opere di Kasimir Malevich – è stata una delle prime influenze, come rappresentante della moderna intersezione d’avanguardia tra arte e design. Malevich ha scoperto l’astrazione come principio sperimentale che può spingere il lavoro creativo a livelli d’inventiva mai visti prima; questo lavoro astratto mi ha permesso grandi livelli di creatività” Zaha Hadid

Per Zaha Hadid la pittura ha un ruolo estremamente importante nella sua formazione, viene  affascinata dalle avanguardie artistiche come Malevich, Mondrian e Rietveld, da tutto il movimento della Bauhaus e dal tardo costruttivismo russo.

 

Zaha Hadid ha sempre amato dipingere e disegnare, il disegno è alla base della sua progettazione, i suoi dipinti  presentano una disarticolazione delle forme concepite come una frammentazione di segni, con  geometrie sovrapposte ed una spazialità sottolineata dall’uso del colore.

 “Hadid appartiene a una generazione di progettisti formatisi sotto la guida di docenti che non potevano – o non volevano – costruire. Per loro l’architettura era confinata alla carta, era una speculazione critica sul suo destino e il suo ruolo in un clima ostile. La conquista più grande della Hadid è proprio aver cambiato questo quadro. L’avanguardia considera ancora con un certo sospetto i compromessi che il costruire nel mondo reale comporta: ma il suo Contemporary Arts Center di Cincinnati appena inaugurato è una prova convincente che la sua esplosiva visione dello spazio è capace di trasformarsi, senza minimamente rinunciare alle proprie ambizioni, in una vera architettura, funzionale a un luogo e a un compito specifico”. (Deyan Sudjic)

 

 

Contemporary Arts Center Richard Rosenthal Center for Contemporary Art – Cincinnati
Zaha Hadid  – 2003

 

“Al principio di tutto c’è la diagonale che ha generato il concetto d’esplosione che ridà forma allo spazio: una scoperta importante.” Zaha Hadid

Questa “esplosione che ridà forma allo spazio“ a cui fa riferimento l’artista è assai evidente nei suoi disegni e dipinti del 1983, eseguiti per il progetto del The Peak di Hong Kong,  hotel futuristico e mai realizzato ma pietra miliare per l’architettura contemporanea.

Zaha Hadid – Hong Kong Peak Explosion
@Zaha Hadid Foundation

 

Altro suo elemento caratterizzante è quello di creare sempre uno stretto legame con il territorio, le sue architetture sembrano flussi di energia che si inseriscono nel paesaggio urbano.

L’uso del cemento liscio bianco a vista diventerà la cifra stilistica di tutti i suoi progetti. Questo materiale dalla superficie plastica le permette di realizzare la sua architettura quasi fosse una scultura.

Un esempio perfetto di questo suo modo di concepire l’architettura è il Centro Culturale Heydar Aliyev a Baku in Azerbaijan, inaugurato il 18 giugno 2015. Questa forma fluida collega i vari spazi culturali, conferendo allo stesso tempo ad ogni elemento una propria identità. La superficie del terreno su cui sorge il museo si piega e si fonde con l’esterno diventandone sia nuova estensione che parte integrante, mentre delle rampe collegano il piano terra con i piani superiori.

Heydar Aliyev Center – Baku -Azerbaijan – 2015 – Zaha Hadid

Il  MAXXI di Roma soppianta la nozione di museo come “oggetto” o entità singola, prevedendo invece un “campo architettonico di edifici” accessibile a tutti, privo di confini definiti tra ciò che “è dentro” e ciò che “è fuori”. Al centro di questa impostazione – la sua forza primigenia – sta una confluenza di linee – pareti che si intersecano e divergono continuamente per creare gli spazi interni ed esterni.” Zaha Hadid

“Nel cucire la circolazione del complesso con il contesto urbano, l’edificio condivide una dimensione pubblica con la città, sovrapponendo percorsi tortuosi e spazi aperti. Oltre a questi rapporti relativi alla circolazione gli elementi architettonici sono allineati geometricamente con le griglie urbane che si incontrano nel sito.” Zaha Hadid

 

MAXXI – Roma – 2010 – Zaha Hadid

Il MAXXI (acronimo di Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo) di Roma, è un progetto iniziato nel 1998 e terminato, solo parzialmente rispetto al progetto originario, nel 2010. Il progetto segna la svolta definitiva dello stile Hadid. Realizzato su una superfice interna di 27.000 mq. si sviluppa su tre livelli in una serie di fluide costruzioni a nastro  orizzontali. La stessa Hadid ha sempre  definito il MAXXI un “progetto non finito”, nonostante ciò ha vinto il premio Stirling Prize 2010.

MAXXI – Roma – 2010 – Zaha Hadid

Cemento, vetro, metallo, il bianco, il nero e il grigio sono gli elementi caratterizzanti del MAXXI. La forma liquida, concepita come ha dichiarato Hadid: “un delta con vari fiumi” è data dalle superfici in calcestruzzo curve, idea museale innovativa ed altrettanto contestata all’epoca.

MAXXI – Interno – Roma 2010 – Zaha Hadid

I fluidi spazi interni dialogano con quelli esterni, in una completa opposizione al vecchio concetto museale e alla rigida distinzione di zone e sale separate.

 

 

 

Al di là della rigida tettonica delle prime opere, passando per la fluidità ininterrotta dell’hotel Puerta America, la diagonale diventa una metafora per l’atto di far esplodere lo spazio, di mettere in dubbio i presupposti più essenziali e ovvi dell’architettura.

Il Silken Hotel Puerta America del 2005, diventa la consacrazione di quell’architettura organica che sarà poi l’architettura di tutta la sua carriera.

Silken Puerta America Hotel – Madrid – 2005 – Zaha Hadid

Tutto il percorso è fluido, liquido, dagli spazi comuni agli arredi. I nuovi materiali termoplastici le consentono anche negli arredi di dare la medesima continuità di forme.

Silken Puerta America Hotel – Madrid – 2005 – interno – Zaha Hadid

 

 

 

Fine della prima parte

 

©Dove non specificato le foto e i video sono stati reperiti, a titolo esplicativo,  in rete e possono essere soggetti a copyright. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.

 

© Giusy Baffi 2019

Note biografiche sull’autrice:

Giusy Baffi si occupa di antiquariato con la qualifica di perito d’arte nell’ambito di arredi antichi, ha collaborato con diverse testate di settore scrivendo numerosi articoli inerenti l’antiquariato e con una sua rubrica mensile dal titolo “L’esperto risponde”. Il suo interesse è l’Arte a tutto tondo. Ha al suo attivo la pubblicazione di due libri.
La sua passione è la fotografia, ha vinto il concorso fotografico Unicredit/Corriere della Sera 2013, le sue foto sono state pubblicate su prestigiose riviste e quotidiani anche internazionali, sul libro “E poi la luce” edizioni Fioranna, su calendari animalistici e su alcuni siti professionali. Le sue foto sono state presentate ad una mostra personale e a diverse mostre fotografiche collettive nazionali, alla mostra itinerante “Come look my town” organizzata dal gruppo Archiminimal  che in 10 mesi ha toccato le più prestigiose piazze italiane, a mostre internazionali ad Amsterdam, Copenhagen, Berlino, Barcellona, Atene, Vienna, Belgrado, al MIA Photo Fair di Milano 2018 e al  MIA Photo Fair di MIlano 2019.