Vermeer e il fascino delle scene di vita quotidiana
Pittore olandese, eccelso e quasi magico nelle atmosfere, Johannes van der Meer, conosciuto ai posteri come Jan Vermeer, è il protagonista dell’esposizione “Vermeer e i maestri della pittura di genere” che animerà le sale del Louvre di Parigi fino al 22 maggio.
di Debora Focarino
Dei 36 dipinti che ci restano oggi, sono già presenti in sede permanente le opere:
A questi si aggiungono illustri prestiti provenienti dalla National Gallery di Dublino, dalla National Gallery di Washington, fra le più importanti sedi. L’esposizione raccoglie in totale 12 dipinti in un unico luogo, cosa che non capitava da una cinquantina d’anni.
Si tratta di pezzi significativi per la carriera dell’artista e caratterizzanti la sua attenzione per la pittura di genere. Quest’ultima infatti ha come focus la normalità della vita. Ritrae delle persone nel loro quotidiano come ad esempio:
Inoltre la mostra si pone l’obbiettivo di mettere in relazione Vermeer e le sue opere con una cerchia di pittori a lui contemporanei. Questo per sfatare il mito della “sfinge di Delft” – come veniva definito l’artista dal critico francese Thorè-Bruger – e la leggenda che descrive Jan come pittore solitario chiuso nella sua torre d’avorio.
Leggenda concretizzatasi, se vogliamo, anche con l’interpretazione di Colin Firth ne “La ragazza con l’orecchino di perla” in cui interpreta un burbero, chiuso e scostante, seppur affascinante ed enigmatico Vermeer.
La ragazza con l’orecchino di perla (2003) – Trailer
Nell’Olanda della seconda metà del XVII secolo, la giovane Griet (Scarlett Johansson) si trova a prestare servizio nella casa del maestro Johannes Vermeer (Colin Firth). Le loro differenze culturali e sociali non impediscono che il pittore scopra nella ragazza una particolare predisposizione all’arte: di lei farà la sua musa ispiratrice nonché modella per un ritratto che rimarrà icona della pittura fiamminga. Sguardi complici e silenzi carichi di emozioni riempiono le atmosfere barocche di cui il film del britannico Peter Webber è abile testimone.
Trailer del film
Al di là di questo, ciò che ci rimane da analizzare di lui regala un’aurea poetica, sospesa tra la realtà e l’immaginazione, di un mondo reale addolcito da luci quasi metafisiche, contesti reali resi come scenografiche quinte teatrali.
Le figure sono immerse all’interno di un’apparente quiete che però sottintende un senso di attesa, sospensione e mistero. Quasi in una dimensione senza tempo. La luce è ciò che rende tutto questo possibile, filtrando attraverso finestre socchiuse, creando giochi di riflessi e trasparenze, ombre, penombre e controluce dosati a regola d’arte in un’alternanza quasi musicale.
Pittore maniacale nella realizzazione delle opere, si serviva di una camera oscura per ottenere la definizione massima delle figure e degli oggetti presenti nella composizione. Sono state condotte innumerevoli ricerche e supposizioni sui suoi metodi di indagine della realtà ed i suoi relativi esiti. Ad esempio si attribuiscono alcuni effetti “fuori fuoco” in dettagli in alcune sue opere, proprio all’uso di questo strumento ottico.
Il tutto arricchito dalla brillantezza del colore ad olio usato a velature per stratificazioni. Vermeer utilizzava i pigmenti migliori e più pregiati, come il suo famoso e costosissimo blu oltremare (ottenuto da lapislazzuli) da lui usato per lo più in purezza.
I soggetti preferiti sono le donne. Donne di diverse età o estrazione sociale, ma tutte catturate all’interno dell’intimità domestica. Le protagoniste venivano ritratte nel suo studio, appositamente allestito e preparato a seconda dell’esigenza. Prova ne sia il fatto che tutte le luci di ogni sua opera provengono da sinistra, dove si trovavano effettivamente le finestre nel suo studio.
Un’occasione per ammirare dal vivo una delle più alte vette della pittura olandese di genere non solo per la tecnica esecutiva, ma per l’atmosfere ricreate. Con un solo sguardo si è trasportati all’interno del dipinto. Si percepisce la luce, il calore, l’aria presente nell’ambiente ritratto, lasciando l’osservatore sospeso in un luogo senza spazio e senza tempo.
Blu oltremare, da lapislazzuli, usato da Vermeer per lo più in purezza
Note biografiche sull’autrice
Debora Focarino nasce a Milano nel settembre del 1979, dove tutt’ora vive. La passione per l’arte e la pittura l’accompagna da tutta la vita ed è una costante così radicata che ne ha fatto un mestiere. Diplomatasi all’Accademia Italiana del Restauro e conseguito il titolo post biennio specialistico in restauro tele,tavole e ceramica.
Inizia il suo percorso lavorativo frequentando i più importanti Atelier milanesi. Arriva il momento in cui decide di aprire il proprio laboratorio e contestualmente inizia il percorso di studi per diventare Perito d’arte, raggiungendo con successo lo scopo effettuando l’esame nel 2009 ed entrando a pieno titolo nelle liste degli esperti del Collegio Lombardo Periti Esperti Consulenti, collaborando anche col Tribunale di Milano.
La sua formazione ibrida a metà tra il tecnico restauratore e il perito storico dell’arte, la rende una professionista completa e competente; nonostante ciò non smette mai di aggiornarsi, studiare e affrontare nuove sfide perché c’è sempre qualcosa in più da fare, capire, conoscere per continuare a godere della meraviglia delle cose.