Toulouse-Lautrec, il lato inquieto della Belle Époque.
Toulouse-Lautrec in mostra a Verona. La retrospettiva apre sabato 1 Aprile nella sede di Palazzo Forti.
di Debora Focarino
Garantendo che non è un “pesce d’aprile”, vi anticipo che sabato 1 Aprile a Verona nella sede di Palazzo Forti, apre la spettacolare retrospettiva sul conte Henri de Toulouse-Lautrec.
Respirando il fascino bohémien della Parigi di fine ‘800 in cui regnava sovrana la Belle Époque, la mostra, prodotta da Arthemisia, punta i riflettori sulla vita e le opere di un artista infelice, sfortunato, condannato ad un’inquietudine bruciante.Vent’anni di produzione abnorme, ininterrotta, quasi convulsiva. 737 tele, 275 acquerelli, 363 stampe e manifesti, 5.084 disegni senza contare ciò che è andato disperso o perduto.
A dispetto di quello che si possa pensare, la realizzazione delle sue opere non avviene “di getto” ma è il frutto di innumerevoli studi, disegni preparatori, spesso basati su fotografie. Dopo questa prima fase di elaborazione, veniva preparato un fondo utilizzando il viola e il blu molto diluiti in trementina per delineare le figure, lumeggiate poi con colpi di bianco. Evaporato poi il medium, questo impianto faceva da base di stesura per gli altri colori mantenendo però ben caratterizzata e visibile la linea principale precedentemente segnata, ad infondere movimento e dinamicità alle figure.
Affetto da una malattia genetica che ha manifestazioni cliniche simili al nanismo, morì a soli 36 anni ucciso dalla sifilide e dall’alcolismo, dopo un ricovero di 3 mesi nei quali non smise di produrre, realizzando ben 39 disegni. Torna, ricorrente nell’arte, il binomio genio/sregolatezza. In Toulouse-Lautrec troviamo infatti tecnica e talento eccezionali nel disegno e nella pittura da un lato. Dall’altro una vita d’infelicità e frustrazione che lo condusse ad un’esistenza devastante e quasi autopunitiva.
Ispiratosi inizialmente al movimento impressionista, trova presto la sua personale cifra stilistica con una pennellata veloce e nervosa. L’uso dei colori è quasi sempre puro e, a differenza dei colleghi Seurat, Gauguin, Van Gogh a lui contemporanei più interessati al paesaggio e agli ambienti, Toulouse-Lautrec mantiene il focus sulla figura, rendendo il contesto solo un corollario. Famosissimi sono i suoi dipinti sui vari bordelli parigini che frequentava spesso e volentieri. Con molte prostitute strinse un rapporto d’amicizia ed alcune sue modelle furono anche amanti. Amava ritrarle nel loro ambiente domestico, trascurando il lato erotico o lascivo del “mestiere” ma concentrandosi sul quella rassegnata docilità tipica di quelle donne abituate a servire, a fare i conti con la propria classe sociale.Toulouse-Lautrec è artista complicato, emarginato, poco incline alle relazioni sociali. Più innamorato della pittura che di se stesso, ci restituisce una visione della sua epoca del tutto personale, senza orpelli o abbellimenti, permettendoci di vedere con i suoi occhi. Nonostante la breve vita, il corpus di opere è straordinario.
Questo ci dimostra come, al di là dell’alcolismo, della dissolutezza e dell’autolesionismo, l’arte sia stata il vero motore esistenziale. La spinta vitale nell’esistenza di un uomo sensibile e troppo vulnerabile, incapace di accettarsi e accettare l’emarginazione da parte degli altri.
Il conte Henri de Toulouse-Lautrec
Note biografiche sull’autrice
Debora Focarino nasce a Milano nel settembre del 1979, dove tutt’ora vive. La passione per l’arte e la pittura l’accompagna da tutta la vita ed è una costante così radicata che ne ha fatto un mestiere. Diplomatasi all’Accademia Italiana del Restauro e conseguito il titolo post biennio specialistico in restauro tele,tavole e ceramica; inizia il suo percorso lavorativo frequentando i più importanti Atelier milanesi.
Arriva il momento in cui decide di aprire il proprio laboratorio e contestualmente inizia il percorso di studi per diventare Perito d’arte, raggiungendo con successo lo scopo effettuando l’esame nel 2009 ed entrando a pieno titolo nelle liste degli esperti del Collegio Lombardo Periti Esperti Consulenti, collaborando anche col Tribunale di Milano.
La sua formazione ibrida a metà tra il tecnico restauratore e il perito storico dell’arte, la rende una professionista completa e competente; nonostante ciò non smette mai di aggiornarsi, studiare e affrontare nuove sfide perché c’è sempre qualcosa in più da fare, capire, conoscere per continuare a godere della meraviglia delle cose.