13 Marzo 2018 By artevitae

Storie di Fotografie. L’incidente nucleare di Fukushima, 10 foto per non dimenticare

Storie di fotografie. Sisma e tsunami in Giappone nel 2011 hanno generato oltre 15.000 vittime e anche uno dei più gravi incidenti nucleari della storia. Dieci fotografie per non dimenticare.

di Edmondo Di Loreto

L’11 marzo del 2011 uno tsunami colpiva la centrale nucleare giapponese di Fukushima causando l’incidente nucleare più disastroso dopo Chernobyl. Ecco cosa accadde in quei terribili giorni. Alle 14:46 ore locali, al largo delle coste nord-orientali del Giappone, nella regione di Tohoku, la terra, a 30 chilometri di profondità, trema: una scossa di magnitudo 9 che fa innalzare le acque sovrastanti fino a generare uno tsunami con onde maggiori di 10 metri – fino a 40 raccontano le cronache, come registrato nella città di Miyako, nella prefettura di Iwate, tra le più colpite dal maremoto. Le onde dello tsunami viaggiano fino ad abbattersi sulla costa. Questo autentico sconquasso lascia numeri spaventosi: almeno 15.700 i morti, oltre 4.600 i dispersi, 130mila gli sfollati, 332mila gli edifici distrutti. E ancora: migliaia di strade e decine di ponti e ferrovie distrutte dalla forza dell’acqua.

Case e navi in ​​fiamme tra l’acqua portata dallo tsunami in una massa di detriti nella città di Kisenuma, prefettura di Miyagi, Giappone, 12 marzo 2011.Credits: Ansa/EPA/STR

Una strada nella città costiera di Ofunato colpita dallo tsunami, prefettura di Miyagi, Giappone nord-orientale, 31 marzo 2011. Credits: Ansa/EPA/DAI KUROKAWA

Case travolte dallo tsunami e quindi in fiamme nella città di Natori, in Giappone, nella prefettura di Miyagi, l’11 marzo 2011. Credits: Ansa/EPA/AFLO / MAINICHI NEWSPAPER

Ma a peggiorare il bilancio di quel tragico giorno è senza dubbio l’incidente avvenuto alla centrale nucleare di Fukushima Dai-Ichi, il peggiore che la storia ricordi insieme Chernobyl, col quale condivide il triste primato di incidente di livello 7 che è il più alto nella International Nuclear Event Scale (Ines). Stimare i danni e le ripercussioni, ambientali, sanitarie, politiche e sociali, causati dall’incidente di Fukushima è forse impossibile. Forse occorrerà attendere una trentina d’anni: tanto infatti ci vorrà per mettere completamente in sicurezza  reattori danneggiati dal maremoto. Anni ci vorranno per capire quanto le stime sui rischi per la salute, comunque ridimensionati, per le persone provenienti dalle regioni ad alta e moderata contaminazione combaciano con i dati reali. E tempo ci vorrà per capire quanto osservato, come l‘aumento dei tumori alla tiroide nei bambini, sia o meno un effetto direttamente imputabile al rilascio di radiazioni.


Le onde travolgono un argine, ingoiando un villaggio sul mare vicino alla foce del fiume Hei, nella città di Miyako, prefettura di Iwate, in Giappone, l’11 marzo 2011. Credits: Ansa/EPA/AFLO / MAINICHI NEWSPAPER


Le onde dello tsunami colpiscono la costa di Minamisoma nella prefettura di Fukushima, 11 marzo 2011. Credits: SADATSUGU TOMIZAWA/AFP/Getty Images

A sette anni di distanza, possiamo ricordare oggi la dinamica del disastroso evento avvenuto l’11 marzo e gli avvenimenti dei giorni immediatamente successivi. Le onde causate dal terremoto al largo del Giappone arrivando a terra investirono la centrale di Fukushima, gestita dalla Tepco, superando le barriere protettive alte oltre cinque metri. Durante il terremoto i reattori ad acqua bollente – Bwr Boiling Water Reactor, ovvero che usano acqua leggera come moderatore e come liquido termovettore – smisero di funzionare. Come meccanismo di sicurezza, infatti, al momento della rivelazione delle scosse, il sistema di controllo posizionò barre di controllo nel nocciolo per bloccare la reazione di fissione nucleare. Restava il problema di smaltire le enormi quantità di calore residuo prodotto dalla fissione. Questo smaltimento avveniva grazie a un sistema di raffreddamento ad acqua che a Fukushima però, in seguito al maremoto, smise di funzionare per un guasto all’alimentazione elettrica.

Persone pregano per le vittime del terremoto e dello tsunami che devastarono il Giappone settentrionale nel 6° anniversario nella spiaggia di Arahama a Sendai, Giappone settentrionale, 11 marzo 2017. Credits: Ansa/EPA/KIMIMASA MAYAMA

Un albero dietro migliaia di grandi sacchi di plastica nera contenenti suolo radioattivo e detriti provenienti dal lavoro di decontaminazione sono raccolti in un sito di stoccaggio a Tomioka, a meno di dieci chilometri dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, Prefettura di Fukushima, Giappone, 23 febbraio 2016. Credits: Ansa/EPA/FRANCK ROBICHON

Anche i generatori diesel che avrebbero dovuto tamponare questa emergenza funzionarono per un tempo limitato, di fatto provocando un blocco nel sistema di raffreddamento dei reattori che si cercò di arginare ricorrendo a mega-idranti ed elicotteri che pescarono acqua di mare e la riversarono sui reattori. Il malfunzionamento del sistema di raffreddamento aveva quindi provocato il surriscaldamento dell’acqua e del combustibile contenuto all’interno di barre di zirconio, con la conseguente produzione di grandi quantità di vapore ed idrogeno e aumento della pressione, che costrinse i tecnici a far fuoriuscire una parte del vapore, disperdendo l’idrogeno che causò una serie di esplosioni. Una serie di eventi a cascata che avrebbe determinato da ultimo la fusione dei noccioli 1, 2 e 3 della centrale ed il rilascio di iodio, cesio e cobalto radioattivi.

Una donna prega e depone fiori laddove si trovava la sua casa prima che lo tsunami la portasse via, a Minamisoma, nella prefettura di Fukushima, in Giappone, il 9 aprile 2011. Credits: Ansa/EPA/KOICHI KAMOSHIDA

L’incidente nella centrale di Fukushima ha sollevato discussioni in vari Stati del Mondo inerenti al prosieguo o meno dell’utilizzo dell’energia nucleare (o della continuazione dei suoi programmi di sviluppo). A tre mesi dall’evento, quattro Stati, al fine di verificare e/o rivedere le misure di sicurezza, avevano avviato brevi moratorie sui loro programmi nucleari, altri trenta li avevano invece mantenuti invariati mentre due Paesi (la Germania e la Svizzera) avevano manifestato l’intenzione di cancellarli nel lungo periodo.

L’esplosione della centrale di Fukushima

Interventi dopo l’esplosione della centrale di Fukushima

In seguito, il primo ministro giapponese, viste anche le continue notizie negative sul fronte della soluzione del disastro, ha deciso di abbandonare i piani per la costruzione di 14 nuovi reattori a fissione.
Il 14 giugno 2011, il ministro dell’Industria Giapponese, Banri Kaieda, commentando il risultato del referendum italiano del giorno precedente, ha ricordato che l’energia nucleare “continuerà a essere uno dei quattro importanti pilastri della politica energetica del Giappone”.
Al 5 maggio 2012, tutti i 54 reattori presenti nel Paese erano fermi ma dopo nove giorni ne erano stati riattivati due. Al 2014 risultavano attivi in Giappone 48 reattori nucleari e due nuovi reattori erano in costruzione. Il programma prevede inoltre la realizzazione di 9 ulteriori reattori.


Note biografiche sull’autore

Edmondo Di Loreto è nato a Roma nel 1956 e vive tra Puglia e Abruzzo. Fotografa, con passione ondivaga, dall’età di 7 anni. Ha viaggiato in tutto il mondo ed ha realizzato numerosi reportage. Nel 1994 ha vinto il concorso nazionale di foto-reportage Petrus World Report.  Nel 2004 ha ricevuto il gran premio della giuria al concorso del Touring Club Italiano sulle case rurali “Alta Definizione della campagna Italiana”.

Nel 2006 è stato uno dei 5 autori selezionati per il Premio Chatwin: Camminando per il mondo con due video, un racconto ed un portfolio fotografico sui popoli del fiume Omo in Etiopia, esposto a Genova presso il Museo del Castello d’Albertis. Con Elio Carrozza e Giovanni Torre ha promosso il progetto Anime Salve legato alla questione delle migrazioni che, con una mostra e due volumi fotografici, sta girando l’Italia. Ogni volta che può, promuove la fotografia in  ogni sua forma e significato.