Storie di Fotografia: Robert Capa.
Storie di Fotografie rende omaggio ad un’icona, ad una delle figure di maggior rilievo del panorama fotografico del ‘900. Era il 25 maggio 1954 quando, saltando su una mina a Thai Binh in Indocina, muore tale Endre Erno Friedman. Chi era costui? Robert Capa!
di Edmondo di Loreto.
“…La guerra è come un’attrice che sta invecchiando: sempre più pericolosa e sempre meno fotogenica”.
Nato in Ungheria nel 1913 e figlio di sarti ebrei, visse a Vienna, Berlino e Parigi. Pubblicò la sua prima fotografia a 19 anni e fu uno dei più grandi fotogiornalisti di guerra. Fece anche un’altra cosa quando aveva 34 anni: insieme ad altri celebri colleghi fondò una cooperativa di autori che si trasformò nella più grande e potente agenzia fotografica del xx secolo Magnum Photos. A 38 anni ne divenne presidente.
A loro si deve l’imposizione di alcuni princìpi alle riviste che pubblicavano le loro foto, né tagli, né modifiche e didascalia redatta dall’autore. A 21 anni aveva incontrato Gerda Taro, photo editor della Alliance Photos e prima donna fotoreporter di guerra. Insieme, “inventarono” letteralmente un fotografo inesistente di nome Robert Capa, una sorta di mix fra il regista Frank Capra, l’attore Robert Taylor e il soprannome che Friedman aveva a scuola!
Un autore per il quale i due dicevano di lavorare e che siglava le foto scattate da entrambi. Quando Lucien Vogel, creatore della rivista “Vu” scoprì il giochetto, il fotografo tenne per sé il nome: Robert Capa appunto. Nel luglio del 1937 Gerda muore in Spagna mentre fotografa la ritirata nella battaglia di Brunete. Capa non superò mai il trauma di questa perdita ma negli anni successivi continuerà a fotografare i grandi conflitti.
Partecipò ed immortalò quattro guerre, scattando foto che sono entrate nella storia. Delle 106 foto fatte durante lo sbarco in Normandia, ne sopravvissero a stento undici, diventate leggendarie. E’ celebre una sua frase:
“se le tue foto non sono abbastanza buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino”
Parole simbolo di un fotogiornalismo di presenza e di testimonianza, che poco o nulla concede al sentimentalismo. Capa morì a 40 anni saltando su una mina in Corea. Cosa impariamo ancora oggi da questo fotografo che “non esiste”? Forse apprendiamo che l’impegno e l’ambizione sono le due polarità opposte di una batteria che può dar vita all’inesistente, dar voce a ciò che non sa parlare, dare luce a ciò che non ha la forza di farsi vedere. Compiti che l’autore fotografico porta su di sé come un destino, in particolar modo un fotoreporter di guerra come Robert Capa.

Robert Capa
Sono condivisibili le parole di John Steinbeck che lo ricordano così:
“…Capa sapeva che cosa cercare e che cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può fotografare la guerra perché la guerra è soprattutto un’emozione. Ma lui ha fotografato quell’emozione scattando accanto a lei. E’ stato capace di mostrare l’orrore di un intero popolo nel volto di un bambino: La sua macchina fotografica coglieva quell’emozione e la tratteneva. Le sue foto non sono incidenti. L’emozione che contengono non arriva per caso. Capa era in grado di fotografare il movimento, l’allegria e lo sconforto. Era in grado di fotografare il pensiero. L’opera di Capa è in se stessa la fotografia di un grande cuore e di un’empatia irresistibile…”
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Per Storie di Fotografie, Edmondo Di Loreto.
[Ndr] Tutte le foto e i video presenti in questo articolo sono stati reperiti in rete a puro titolo esplicativo e possono essere soggetti a copyright. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.

Edmondo Di Loreto
Note biografiche sull’autore
Edmondo Di Loreto
Edmondo Di Loreto è nato a Roma nel 1956 e vive tra Puglia e Abruzzo. Fotografa, con passione ondivaga, dall’età di 7 anni. Ha viaggiato in tutto il mondo ed ha realizzato numerosi reportage. Nel 1994 ha vinto il concorso nazionale di foto-reportage Petrus World Report. Nel 2004 ha ricevuto il gran premio della giuria al concorso del Touring Club Italiano sulle case rurali “Alta Definizione della campagna Italiana”.
Nel 2006 è stato uno dei 5 autori selezionati per il Premio Chatwin: Camminando per il mondo con due video, un racconto ed un portfolio fotografico sui popoli del fiume Omo in Etiopia, esposto a Genova presso il Museo del Castello d’Albertis. Con Elio Carrozza e Giovanni Torre ha promosso il progetto Anime Salve legato alla questione delle migrazioni che, con una mostra e due volumi fotografici, sta girando l’Italia. Ogni volta che può, promuove la fotografia in ogni sua forma e significato.