21 Gennaio 2019 By Gabriella Maldini

Ryan Gosling in Drive, film neo noir dal cuore antico.

Prosegue la rubrica Seconda visione, condotta da Gabriella Maldini, che oggi ci racconta uno dei neo noir più belli degli ultimi anni: Drive, con Ryan Gosling e diretto da di Nicolas Winding Refn.

di Gabriella Maldini

Ci sono centomila strade in questa città. Non occorre che tu le conosca. Dammi solo un’ora e un luogo. Ti do cinque minuti. In quei cinque minuti tutto quello che accade lo decido io. Ma ti avverto: tutto quello che accade un minuto prima e un minuto dopo è affare tuo.

Drive – Locandina

Basta una battuta come questa per sapere che siamo in un noir. E Drive, premiato per la miglior regia a Cannes nel 2011, è un noir coi fiocchi, dove troviamo distillati con la tecnica, il linguaggio e il sentire di un mondo nuovo, tutti gli elementi del noir classico: la California di Chandler, la città di notte, con le strade di Los Angeles che, riprese dall’alto, disegnano un’ipnotica ragnatela di luci e di tenebre.

Il mondo del crimine, volgare e violento; e infine il protagonista: l’uomo solo diviso tra due mondi, quello onesto e quello dell’illegalità. Un personaggio ambiguo, misterioso, che parla pochissimo e attende sempre prima di agire. Ma quando lo fa è di una rapidità e determinazione sconcertanti. Un mix seducente di velocità e lentezza che ce lo presenta fin dalla sequenza che precede i titoli: una fuga/inseguimento in auto, di notte, in cui tutta la suspense poggia, incredibilmente, non sulla velocità ma sulla strategia, sul ragionamento. Scelta originale e raffinata che lo sguardo di Ryan Goslyng rende potente, perfetta. Come lui è perfetto per la parte: faccia da bravo ragazzo e occhi di ghiaccio, che non sai mai davvero cosa pensano.

Drive con Ryan Gosling – Official Trailer

Capace, con la stessa naturalezza, di portare in braccio un bambino addormentato e guardare negli occhi un assassino. Di dare il primo (e ultimo) bacio alla donna che ama e un secondo dopo voltarsi e uccidere a mani nude un killer in agguato. La scena dell’ascensore, per me, regge addirittura il confronto con quella storica della doccia in Psyco. Tutta la narrazione è strutturata in un alternarsi di flashback e rallenty che rendono più intenso il ritmo e lo scavo psicologico e dilatano la presa emotiva della storia.

Storia che, come sempre, nel noir è una discesa agli inferi. E che, anche qui, inizia incrociando lo sguardo di una donna. Innamorato di un amore senza futuro, il protagonista è un affascinante eroe nero – romantico. Un uomo in fondo giusto, costretto a commettere azioni ingiuste. Potrebbe essere un ‘beautiful loser’, se non fosse per quel colpo di scena finale che ribalta il postulato principe del noir. Ma forse no. Comunque non del tutto, perché alla fine se ne va sia vincitore che sconfitto, per quella illusione perduta di vita normale, vissuta solo un istante, con un bambino sulle spalle.

 

 

Note biografiche sull’autrice

Nata a Forlì nel 1970, dopo il diploma al liceo classico, si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna. HA svolto un Master in Comunicazione a Roma e Milano, poi un corso di Racconto e Romanzo e uno di Sceneggiatura cinematografica alla Scuola Holden di Torino. E’ docente di cinema e letteratura e ha diverse collaborazioni in atto,  fra cui quella con Università Aperta di Imola, la libreria Mondadori di Forlì e le scuole medie per le quali sta portando avanti un progetto didattico che coinvolge i ragazzi delle classi terze in una ‘lezione cinematografica’ sul rapporto umano e formativo che unisce allievo e insegnante. Da pochi mesi è uscito il suo primo libro, edito da Carta Canta, dal titolo ‘I narratori della modernità’, un saggio di letteratura francese dedicato a Balzac, Flaubert, Zola e Maupassant, come quei padri della letteratura che per primi hanno colto la nascita del mondo moderno.

Per ArteVitae scrive nella sezione Cinema e TV.

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