L’arte del restauro – Conservazione e foderatura
Il restauro e la conservazione dell’opera d’arte. Tecniche di conservazione: la foderatura.
di Debora Focarino
Abbiamo già trattato di alcune tecniche per porre rimedio alla crettatura e alla caduta di colore, quello che vi sottopongo oggi è però un caso interessante, che testimonia non solo il connubio di più degradi insieme, a anche il fatto che la storia dell’opera e ciò che essa stessa ci racconta del suo passaggio attraverso il tempo, possono davvero servici per operare al meglio e lasciare comunque presente quella testimonianza come vissuto appartenente al dipinto.
La prima cosa che salta all’occhio in questa immagine è ovviamente la crettatura, anche se guardata attentamente non è come quelle che vi ho mostrato nel precedente articolo (LINK). Qui sembra solo un tratto di linea più chiara, non sembrano fenditure o spaccature degli strati pittorici, come mai?
Qui entra in gioco la storia.
Questa opera nasce come dipinto su tela, ha vissuto questo status per diverso tempo, tanto da subire variazioni termoigrometriche e muoversi creando così delle crettature.
In un momento successivo, però la tela è stata smontata da telaio ed è stata incollata su una tavoletta. A questo punto tutti i suoi equilibri sono stati modificati ed il nuovo supporto ha avuto la meglio sul supporto originario che si è adattato ai nuovi movimenti e alle nuove sollecitazioni. Il tempo è trascorso e la tavoletta stessa ha subito movimenti, ma stavolta contrari a quelli che in precedenza ha avuto la tela, cioè si è ristretta. Quindi quelle che prima erano fenditure, si sono riavvicinate grazie al movimento della tavola e si sono ricongiunte formando dei piccoli sollevamenti.
Ciò spiega la mancanza di spaccature, ma non la linea più chiara.
Sicuramente il quadro ha subito restauri e puliture nel corso della sua vita, probabilmente l’ultima è stata nel momento in cui questa modificazione di status era già avvenuta e quindi il restauratore andando a pulire la superficie a tampone non ha tenuto conto che lo sfregamento che esercitava su queste zone sopraelevate era più intenso rispetto alle “isole”che rimanevano ad un piano leggermente inferiore. Per cui abbiamo un quadro che è stato pulito in superficie ma spulito nelle zone di congiunzione delle isole ed è per questo che le vediamo più chiare. Purtroppo questo danno è irreversibile; ed è proprio la pulitura l’intervento più rischioso nel restauro, dato che quello che viene tolto, non può più essere rimesso.
Ma sulla pulitura ci torneremo dopo, una volta concluso il discorso conservativo.
Come abbiamo già notato, spesso il danno del supporto si trasmette al colore e per questo motivo in passato, a un danno della pellicola pittorica, si poneva rimedio intervenendo sul supporto, foderando il dipinto.
La foderatura avveniva incollando sul retro della tela originale una nuova tela, che aveva lo scopo di rinforzare quella vecchia e di appianare facendo aderire al supporto sia preparazione che pellicola pittorica. Solitamente una tela viene foderata quando ha un grado di polimerizzazione molto elevato (ossia quando è talmente debole che si rompe al tatto e non esercita più alcuna tenuta meccanica), presenta moltissimi tagli, strappi e lacerazioni oppure quando è soggetta a gravi deformazioni. Spesso però la foderatura veniva fatta anche quando il supporto non presentava nessuno dei casi che abbiamo sopraccitato, veniva fatta magari per appianare una crettatura molto profonda, oppure come semplice intervento di routine.
Questo tipo di intervento è molto invasivo e crea degli stress molto elevati all’opera d’arte, sia per il tipo di intervento in sé, sia per i materiali che vengono utilizzati. Per questo io tendo ormai a non foderare più, ma molti altri restauratori eseguono ancora questa operazione, purtroppo.
Iniziamo con l’esaminare la procedura più antica, che è poi la stessa usata ancora oggi (purtroppo, anche se ormai va a scomparire) che è tra le più invasive: la foderatura a colla di pasta. È un intervento che già si effettuava nel 1600 con diverse varianti da paese a paese, che prevede questo procedimento:
- velinare con colletta (colla di coniglio) la pellicola pittorica
- pulire il retro della tela originale (da eventuali residui di colle precedenti o da sporco e polvere, a bisturi)
- preparare la nuova tela e montarla su telaio interinale
- combinare gli ingredienti per produrre la colla ( quali farina, colla di coniglio, trementina, semi di lino, miele…). Tutti gli elementi vengono sciolti in acqua bollente e mescolati in pentola a fuoco vivo
- procedere all’incollaggio delle due tele
- stirare la superficie
Ovviamente già solo descrivendo il procedimento e illustrando i materiali costitutivi della colla, è chiaro che non è un intervento che fa bene all’opera:
- in primo luogo per l’apporto enorme di umidità e calore a cui l’opera è sottoposta (dato che in fase di stiratura l’acqua sale per capillarità attraversando tutti gli strati costitutivi),
- in secondo per l’appetibilità che questa colla ha per tutti i microrganismi,
- per il fatto che col tempo la colla si degrada ,essendo formata da materiale organico, portando degrado anche alla tela originale, che perde di adesione e si cristallizza,
- inoltre la tela di rifodero è soggetta a movimenti e tensioni diverse da quella originale.
In base a queste considerazioni non ha sbagliato chi ha sostenuto che solo l’operazione di foderatura a pasta, invecchia l’opera di 100 anni.

Arte del restauro – Esempio delle condizioni di una tela antica foderata a colla pasta. Qui durante una sfoderatura.
Oggi come oggi comunque ci sono interventi che riescono ad ovviare la foderatura anche in casi estremi. Ad esempio in caso di strappi del supporto è possibile eseguire una sutura testa a testa dei fili della tela (con adesivo termoplastico idoneo al peso del carico, alla zona della tela e alla grandezza della lacuna) applicato appunto alla testa dei fili magari con microscopio, in modo da ricostruire omogeneità evitando di creare tensioni differenti (cosa che accadrebbe con una toppa).
Stesso principio vale nel caso in cui ci siano delle mancanze di supporto, in caso di buchi si può infatti procedere con un inserto, limitando al minimo l’intervento andando ad inserire, solo nel perimetro della lacuna, la parte di tela mancante adottandone una il più possibile simile a quella originale.
Vediamo ora nel dettaglio un piccolo esempio:
Qui vediamo una parte del verso di un supporto in cui è chiaramente visibile non solo una toppa ma anche l’area più estesa di una toppa precedente a quella presente. È chiaramente visibile che il tessuto da cui è ricavata la toppa è di natura completamente diversa da quella della tela originale, in più è incollata con un adesivo che tende a tirare non solo il supporto ma anche la toppa stessa. Di conseguenza si è rimossa la toppa e sotto sono state trovate piccole mancanze diffuse.
A questo punto, seguendo il perimetro della lacuna, si sono ricavati dei piccoli inserti da andare ad inserire puntualmente nella mancanza usando un adesivo termoplastico in modo da creare una continuità del supporto eliminando le problematiche indotte dalla toppa.Ecco altri due esempi presenti sempre sulla stessa opera, in cui si è proceduto nello stesso modo. Nella seconda immagine addirittura vediamo che la toppa soprammessa era molto più grande della lacuna, infatti la porzione di inserto inserita è stata davvero minima.
Arte del Restauro – Foderatura: Lacune e toppe
Questa è solo una sbirciata nel mondo del restauro e della conservazione, ma spero che queste piccole informazioni possano dare ad ognuno la possibilità di poter vedere tutto quello che l’opera ha da raccontare che non si limita esclusivamente all’immagine iconografica o alla stesura pittorica!
Note biografiche sull’autrice
Debora Focarino nasce a Milano nel settembre del 1979, dove tutt’ora vive. La passione per l’arte e la pittura l’accompagna da tutta la vita ed è una costante così radicata che ne ha fatto un mestiere. Diplomatasi all’Accademia Italiana del Restauro e conseguito il titolo post biennio specialistico in restauro tele,tavole e ceramica; inizia il suo percorso lavorativo frequentando i più importanti Atelier milanesi.
Arriva il momento in cui decide di aprire il proprio laboratorio e contestualmente inizia il percorso di studi per diventare Perito d’arte, raggiungendo con successo lo scopo effettuando l’esame nel 2009 ed entrando a pieno titolo nelle liste degli esperti del Collegio Lombardo Periti Esperti Consulenti, collaborando anche col Tribunale di Milano. La sua formazione ibrida a metà tra il tecnico restauratore e il perito storico dell’arte, la rende una professionista completa e competente; nonostante ciò non smette mai di aggiornarsi, studiare e affrontare nuove sfide perché c’è sempre qualcosa in più da fare, capire, conoscere per continuare a godere della meraviglia delle cose.
https://www.facebook.com/deborafocarino/