20 Ottobre 2017 By Daniela Bonalume

Non è Giovanni telegrafista – Racconto breve di Daniela Bonalume

Non è Giovanni telegrafista è il nuovo racconto breve scritto da Daniela Bonalume per la raccolta “Suggestive Evasioni”. Una lettura veloce, intensa e dal finale bruciante, quello che non ti aspetti e ti sorprende sempre. Una storia bonsai che concentra la trama in pochi, avvincenti paragrafi. Da leggere in un respiro.

di Daniela Luisa Bonalume

Quando suonano alla porta lei è ancora vestita da ufficio, tailleur bluette e scarpe tacco 10 bluette, senza calze. Le gambe sono già abbronzate.

-Che palle, già qua, neanche il tempo di cambiarmi!-

Apre.

“Cacchio, e questo chi è?”

Nella testa le parte una campana, corrisponde alla memoria omeopatica dell’ultimo mitocondrio di cellula ormonale che le sia rimasta. Cerca di mantenere un contegno, dagli occhi sono già partite le alabarde spaziali. Lui le sorride ancora fuori dall’uscio.

-Buongiorno, sono Giovanni Sebrelli.

– Sebrelli della Ditta Sebrelli?– chiede lei.

-Sono io Giovanni Sebrelli, io sono la ditta Sebrelli. Posso entrare o la caldaia la guardiamo da qua?- E’ probabilmente abituato ad occhi sgranati e sguardi ammiccanti, e sorride con tutti denti che ha in bocca, bianchi, bellissimi.

-Si accomodi, mi scusi– lei lo fa entrare mettendosi la mano sul ventre e ingaggiando una lotta col già citato mitocondrio. Non gli stacca gli occhi di dosso.

Non è che sia proprio una bellezza, ‘sto Giovanni. Quasi sulla cinquantina, ma c’è qualcosa che le muove gli specifici ingranaggi. Non è certo neppure brutto. Alto il giusto, un metro e novanta circa, capelli e occhi scurissimi, labbra carnose e pelle bianca. Due spalle da abbraccio. Due braccia da stritolo. Qualche tatuaggio di troppo. Una fede d’oro grossa come un’aureola infilata all’anulare sinistro, ma la parte che sta tra la testa ed il bacino è “da morì”.

L’uomo inizia il suo lavoro voltandole le spalle. Lei, dopo una rapida occhiata, si allontana: meglio.

Lui la chiama per spiegarle alcune cose, lei torna e lo ascolta evitando il suo sguardo. Finito, lo accompagna all’uscio, lo saluta e lo ringrazia. Non è previsto che lo paghi. Ci penserà la compagnia che eroga il gas. Lui se ne va, non senza averle lasciato il suo cellulare, per eventuali imprevisti. Lei chiude la porta, si dirige in camera da letto buttando le scarpe in mezzo al corridoio, strada facendo si spoglia lasciando via via tutti gli indumenti a terra, per tutto il corridoio. Attraversa la camera ed arriva in bagno. Apre l’acqua della doccia ed attende serena che si scaldi. Allunga la mano per verificarne la temperatura ed attende. Attende un altro po’ e riprova con la mano. Attende ancora. Riprova con la mano. Attende e riprova.

Nuda come un verme si precipita sul terrazzo per controllare che la caldaia funzioni.

E’ morta.

“Cazzo non funziona più, dove minchia ho messo il numero di quel cazzone di Sebrelli” già il cognome le provoca un’inversione di tendenza, dall’ormone impazzito è partita una incazzatura bestiale. Mentre compone il numero smadonna come uno scaricatore di porto, è sempre nuda come un verme e neanche ci fa più caso.

Squilla e questo non risponde. Poi,: – Prrrooonto!-

-Signor Sebrelli, sono Stefania Casati –

-Signora cosa è successo? –

-La caldaia è morta –

-Ahi mi scusi, no. Controlli che io abbia riacceso l’interruttore della corrente che la alimenta. Controlli se è sulla I o sulla O.

– E’ sulla O – disse lei cambiandogli la posizione.

– Metta sulla I, dovrebbe funzionare, buona doccia!- conclude lui riattaccando, senza neppure salutare. Lei torna in bagno. Chiude l’acqua. Riapre l’acqua e attende.

“Calda, fredda, fredda, calda, fredda……giusta” Giorgio Gaber, un genio!

Un nanosecondo separa il “giusta” dallo shampoo. Non tratta l’argomento caldaia, nel post doccia, ma si concentra su un risotto con lo zafferano, di abbordabile e più immediata soddisfazione. La digestione viene generalmente delegata alla lettura. Deroghe solo a causa di partite di pallavolo della quale, lei, è una invasata integralista. Anche quella sera la lettura sarebbe stata il suo Amaro del Capo.

“opener” “opener” “opener”

Wattsapp  wattsapp wattsapp …334837……

“chièkiiiiiiiiiiiist?” si chiede. Legge: -Buonasera signora. A  posto la caldaia?  Goduta la doccia calda? –

Lei apre l’avatar e vede ‘sto gran pezzo di cristiano in modalità se t’acchiappo te stronco e decide di non rispondere, soprattutto sul godimento della doccia calda. Spegne il telefono e si tuffa nella lettura. L’indomani toglie ogni curiosità al suo interlocutore: – Tutto ok. Grazie. – E così pensa di aver chiuso ogni rapporto fino al successivo annuale controllo sui fumi.

-Buonasera signora Casati –

Lei, che sta infilando la chiave nella toppa del cancello per entrare nel cortile del palazzo, gira la testa come Linda Blair nell’Esorcista: -Ss s s salve! –

– Non vengo da lei ma vado al suo piano –

– Infatti. Io non l’ho chiamata, non vedo perché lei debba venire da me – raddoppiando i denti.

– Facciamo un pezzo di strada insieme – dice lui.

–  E facciamolo! – risponde lei.

Fatto il pezzo di strada insieme, condiviso lo spazio troppo troppo stretto dell’ascensore, lei lo congeda ed entra in casa. Chiude a chiave e controlla dallo spioncino. Giovanni non suona nessun campanello. Aspetta pochi istanti e scende per le scale. Lei si precipita sul terrazzo e guarda in cortile. Lui se ne va. Apre il cancello, si avvia verso una Smart, entra, mette in moto e va via. Stefania si sposta. Guarda fissamente la caldaia e le parla:

-Mi spii?

-Tu mi spii!!

La caldaia non risponde. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ma il “baciare” arriva senza lettera e senza testamento.

Lei accetta l’insistente invito a cena, fuori, in un ristorante di pesce. Per onorare  il menù indossa un vestito semplice color salmone e bianco, intero, che maschera discretamente quei tre o quattro chili di troppo, calza un paio di décolleté arancioni non tanto alte, tacco 4 a spillo “meglio non esagerare”, del resto lui le ha appena detto che non sarà elegante ma si vestirà “elegantino”:

  1. Camicia bianca a quadri marroni con manichina corta,
  2. Jeans senza un taglio definito, ma un discreto strappo sul ginocchio, sorretti da una imperdibile cintura di pelle color becco d’oca,
  3. Sneackers verde bottiglia ai piedi.

Tutti colori che con il salmone, il bianco e l’arancione, stanno da Dio.

La cena trascorre velocemente, in realtà i due hanno qualche passione in comune, tra cui la pallavolo, argomento che assorbe la maggior parte della conversazione. Lui la riaccompagna a casa. Lei lo ringrazia tendendogli la mano, augura la buonanotte e sparisce.

Lui no.

Nei giorni successivi è insistente con garbo. Butta gli ami, tanti ami, conditi con tante esche, finché la trota non abbocca. La trota è sola, tradita dall’amore della sua vita e, pur seria che sia, si concede un pensiero filosofico di grande profondità: la carne è debole, soprattutto in un ristorante di pesce.

La trota abbocca.

A mezzogiorno di un giorno, si ritrova in macchina con lui, destinazione: motel.

Imbarazzata, molto imbarazzata, tace. E anche lui parla poco. C’è tensione. La stessa tensione che si avverte prima delle grandi prove.

Per lei: è la prima volta.

Per lui: chissenefrega!

L’auto si ferma alla portineria. Lui scende, paga e risale, riparte. L’auto si riferma davanti alla porta della camera. Si scende, si apre, si entra, si chiude. Lui ha con se una grossa borsa da palestra. Lei pensa che poi lui andrà ad allenarsi ma non vuole lasciare il borsone in macchina. Lo guarda mentre posa la borsa sul comò, e si avvicina alla finestra. Guarda fuori, sente il suo cuore che martella come Vulcano nella fucina, non sa cosa fare, è paralizzata. Lui le si avvicina, prende il suo viso tra le mani e la bacia.

Passano ore, tre, quattro, cinque ore, sei, forse di più. Diventa buio.

Lei si infila la camicia e si siede sul fondo del letto mentre lui, nudo, si alza e si avvicina alla borsa. Lo guarda, ”cosa fa? Si cambia adesso?” Lui sposta la borsa sul letto, spolvera il comò con la maglietta, apre la borsa ed estrae 6 vassoi incartati. Li posa sul comò e li apre. In ordine di apparizione:

  1. Focaccia bianca con mortadella di Bologna,
  2. Tramezzini tonno e pomodoro,
  3. Pizzette rosse,
  4. Rusticini con wurstel e patata,
  5. Panini all’olio con prosciutto crudo e cotto,

Dulcis in fundo:

  1. Pasticceria mignon

Apre una bottiglia di levissima da un litro e mezzo, sempre in piedi, vi si attacca bevendo avidamente e poi gliela porge:

-Vuoi bere?- lui.

-Grazie no, ho bevuto già stamattina – lei, e prosegue, guardandolo come se fosse trasparente: – Aspettiamo qualcuno? –

Risposta: – No, perché? – si siede accanto a lei ed attacca a mangiare come un diavolo della Siberia:  – Prendi anche tu una qualcosina, Stefy, è che a me mi viene una fame della Madonna!! –

Stefy non prende neppure una qualcosina. Sorride e tace, e soprattutto non pensa, per scelta. Lui spazzola quasi tutto e parla della sua passione per i motori, le mostra alcune cose sul cellulare e lei è sempre lì seduta, nella stessa posizione, muove solo la testa e sorride. All’Improvviso uno spavento tremendo per lei. Lui si butta a terra tra i suoi piedi e quelli del comò.

“Oddio, sta male” pensa “è epilettico” ma non ha spazio per alzarsi e cerca di chinarsi.

Lui inizia una serie di 10 flessioni a gambe tese. Braccia su e braccia giù, e parla, le racconta di quanto fatichi in palestra. Solo nel fine-allenamento ne fa tra i cento e i centocinquanta. “Stefy” è sempre seduta sul letto, con indosso solo la camicia azzurra, e ha ripreso a pensare: “Che cosa ci faccio io in questa situazione, cosa c’entro io con qua?”

Muta si alza, si infila in bagno, apre la doccia, si lava, si asciuga, si veste, prende la borsetta. E’ pronta per uscire. Si mette davanti alla porta, dando le spalle alla camera.  Ed anche al suo coinquilino il quale, con tutta calma, si alza, si infila in bagno. Apre la doccia, si lava, si asciuga, si veste, prende il borsone vuoto e apre la porta.

I due escono, salgono in macchina, radio accesa. Tornano per la stessa strada. Non una parola. Arrivano sotto casa di lei: -Sei stata bene? – chiede il sorriso di lui, cercando il suo sguardo.

-Molto- risponde lei, senza guardarlo – buonanotte! –

Stefania sale a casa senza voltarsi, cancella il numero di Giovanni, questo contatto verrà eliminato. Elimina, e va a dormire. Ma il contatto non vuole essere eliminato.


Note biografiche sull’autrice

Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.