Proverbio africano. Il nuovo racconto di Daniela Bonalume.
Proverbio africano è il nuovo racconto breve di Daniela Luisa Bonalume per la raccolta “Suggestive evasioni”.
di Daniela Luisa Bonalume
Mariano si sistemò il papillon e, infilandosi le chiavi della macchina nella tasca della giacca principe di Galles, scese le scale guardandosi la punta delle scarpe pulite alla perfezione. Era sempre vestito elegantemente. A quei tempi, pochi si potevano permettere un paio di pantaloni in vigogna con una giacca in pura lana sopra una camicia di seta bianca. Ancora meno, erano quelli che parcheggiavano nel giardino di casa una Lancia Aurelia Blu notte, lucida come uno specchio.
Mariano se ne occupava personalmente. Questa attività lo gratificava anche se veniva guardata con sospetto dai vicini dell’isolato. Quando Mariano scendeva sotto il portico in canottiera e con il secchio pieno d’acqua, questi iniziavano il loro rosario – Guarda il dottore che fa le pulizie! – Non si capacitavano del perché non lasciasse che Assunta, la domestica, si occupasse anche della vettura. Ma a Mariano garbava così. Lui era il Direttore della Camera del Commercio della Provincia, era un uomo che aveva già superato l’età della giovinezza, ed anche quella della virilità. Fino a quel momento si era dedicato esclusivamente al proprio lavoro ed alla sua passione: l’automobile.
Era un signore, Mariano. Si spostava quotidianamente con la propria vettura per raggiungere l’ufficio nel quale lavorava. Ogni tanto limava qualche macchinetta parcheggiata a ridosso dell’incrocio di stradine nei paesi che era costretto ad attraversare. Oppure la propria, se percorreva la litoranea ed aveva il sole negli occhi. Quando gli capitava, anziché tirar dritto, scendeva e lasciava il proprio biglietto da visita sotto il tergicristallo dell’auto sinistrata. Si, Mariano era un signore. E poi non gli andava proprio a genio che qualcuno, che magari avesse assistito al fatto, pensasse che “Il Dottor Mariano Calapece scappava dopo aver urtato la macchinetta di un povero diavolo”.
Mariano non era così estraneo a questi fatti. Era un po’ approssimativo quando girava il volante o affrontava una curva. Una diplopia monoculare gli impediva, quando era accecato dal sole e chiudeva un occhio, di stabilire la giusta relazione con le distanze da quello che gli stava intorno. …e giù biglietti da visita… Il suo assicuratore iniziò a pregarlo di evitare, almeno nei casi più leggeri, di lasciare i propri recapiti. Una strusciatina si poteva sistemare anche con la pasta abrasiva, non necessariamente con un rimborso che rimetteva a nuovo tutta la carrozzeria.
Ma Mariano rispondeva sempre che lui aveva una reputazione da difendere, e che non doveva essere compromessa neppure dal comportamento di una moglie o di eventuali figli. Il ruolo che ricopriva gli imponeva una condotta retta e non doveva mai costringerlo ad azioni che non fossero più che irreprensibili. Non si era neppure mai fidanzato. Aveva avuto qualche avventura ma era stato chiaro fin da subito. Se incontrava il favore di qualche bella donna, puntualizzava che non c’era trippa per gatti, e che la relazione non avrebbe mai portato a niente di duraturo e non sarebbe mai stata consolidata da un matrimonio.
Tornando a quella mattina, di buonora, Mariano prese posto sulla sua Aurelia e si avviò verso la consueta destinazione. Uscì dal piccolo paese e si buttò sulla litoranea per evitare le stradine e gli incroci per lui così ostici. Il sole nascente gli scaldava il cuore e l’abitacolo, la primavera si era ormai impossessata di tutta la vegetazione ed i profumi delle mimose e dei pitosfori lo ubriacavano piacevolmente. Chiuse un occhio per resistere alla luce. Quando lo riaprì, insieme all’altro, era sdraiato a terra, sull’asfalto. Accanto a lui una piacente signora, anch’essa sdraiata a terra, ma con una coperta sotto il corpo. In piedi accanto, un vigile urbano, un uomo col camice bianco, qualche curioso tra i quali colui che, in bicicletta, aveva provveduto a chiamare i soccorsi, trovandosi proprio sulla curva dell’impatto. Un’autoambulanza e due carro-attrezzi erano nei pressi.
L’Aurelia del dottore riportava discreti danni ma la Giulietta della donna era davvero malconcia. Entrambi avrebbero lasciato il posto su ruote non loro. La dinamica dell’incidente fu chiarita abbastanza presto, il punto di contatto evidenziava che l’Aurelia aveva invaso la corsia nella quale viaggiava pacificamente la signora che stava raggiungendo, per la prima volta, il proprio luogo di lavoro.
Lei era una famosa ricercatrice e storica dell’arte di nazionalità teutonica, che aveva dedicato la vita al proprio lavoro. Non aveva mai nutrito interesse per cose o persone che non fossero legate ad architetture, quadri, sculture o reperti archeologici di cui la regione era abbondante. Figuriamoci a pannolini o scene di gelosia di mariti che non gradivano il suo girovagare per l’Europa. Femminista ante litteram, la dottoressa Edith Dunkelgruene – questo era il nome della donna – amava il proprio lavoro, l’Italia, le macchine e gli uomini italiani esattamente nello stesso ordine in cui sono stati citati.
L’incidente costrinse entrambi, appena fu possibile, ad un colloquio chiarificatore. L’assicuratore di Mariano fu quindi accontentato, questa volta venne coinvolto per qualcosa di rilevante. Non fu necessario il solito biglietto da visita perché i fatti e le responsabilità erano davanti agli occhi di tutti. Mariano si prese la briga di offrire, in sostituzione, un servizio di auto pubblica alla dottoressa Dunkelgruene, fino ad avvenuta riparazione della sua Giulietta. Egli si prese anche la briga di offrire a sé stesso il medesimo servizio, a vita natural durante, a tutela di tutta la popolazione del circondario.
Ah, dimenticavo. All’assicuratore toccò anche la spesa delle fedi in quanto testimone delle nozze tra Mariano ed Edith:
”Il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo!” disse ai neo sposi .
Note biografiche sull’autrice
Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.
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