Parigi a colori: la Rue Crémieux
Quasi centocinquanta metri di edifici colorati, come in nessun’altra parte di Parigi: la piccola Rue Crémieux è certamente degna di una visita; però qualsiasi immagine sul web non renderà mai la sensazione più forte riscontrabile dal vivo: il silenzio. #artevitae
Di Francesco Galletta
Non è facile resistere alla tentazione di una preview sul web di questa strada parigina particolarissima. Qualcuno la paragona a Portobello Road, in zona Notting Hill a Londra e ciò potrebbe essere vero per i colori vivaci delle sue facciate. Per certi versi ricorda pure Burano nella Laguna di Venezia, ma anche qui è solo il colore a darci una parvenza di affinità.
In verità, Rue Crémieux è unica già nella tipologia dei suoi edifici: blocchi compatti di due, tre piani su entrambi i fronti strada, per l’intera lunghezza, distinti nelle singole proprietà dall’uso di colori diversi. Ogni “casa” è tripartita: la porta al centro, appena due gradini sopra il marciapiede, le finestre a destra e sinistra.
Ovviamente è pedonale, pavimentata con i tipici blocchetti rettangolari in pietra. Collega in rettilineo la lunga Rue de Bercy, che porta dal Palais Omnisports al Port de Paris Arsenal, con la più grande Rue de Lyon, linea dritta tra l’Opera Bastille e la Gare de Lyon. Siamo, in effetti, a cinque minuti a piedi dalla terza più trafficata stazione della capitale di Francia, al 12e arrondissement Reuilly, quartiere di Quinze-Vingts.
Provate a passare dalla Gare anche a metà settimana, tra le quattordici e le quindici, per esempio! Come in tutte le grandi città, è un orario di spostamenti. Davanti alla stazione scorre il traffico senza mai fine del Boulevard Diderot verso Nation e quindi in uscita sull’Est. Auto private e taxi; poi tutti i passeggeri dei treni e quelli delle linee 1, 14 del Métro e A, D della RER, la linea regionale veloce. Quasi un inferno.
Eppure, scendendo dalla piazza pedonale in pendenza della Gare e proseguendo per due isolati, la seconda sulla destra è già la nostra piccola, tranquilla, strada a colori nata nel 1857.
Oltre l’incrocio, per incanto il rumore della città svanisce e, come se si entrasse da una passaporta, ci si ritrova in un altro mondo. Sui marciapiedi, vasi e piante di ogni genere e misura arricchiscono il pittoresco della Rue. I gatti qui sono di casa, nel senso che li vedi dietro le finestre dagli infissi bianchi, a chiedersi chi siano i visitatori. Qualcuno è persino dipinto in piccole silhouette su alcune facciate.
Discretamente qualche cartello ci invita a non fotografare, ma come si fa a resistere? Infatti, il web è pieno d’immagini. Nessuna però vale un’emozione che si prova solo dal vivo: il senso del silenzio. In un attimo non sei più nella metropoli di Francia, perché Rue Crémieux sembra raccontarti il contrario. Lo capisci dal gatto sornione che segue il passaggio di una ragazza e ascolta il rumore distinto dei suoi tacchi sulle pietre.
Lo comprendi ancor di più dai due tizi seduti davanti alle loro case a godersi un sole inaspettato, come se “fossero in paese”, l’uno a leggere, l’altro impegnato a sfoggiare un abbigliamento, diciamo, molto casalingo, esibito con nonchalance.
Rue Crémieux finisce subito. Troppo presto. Centocinquanta metri più in là della prima passaporta, c’è già quella d’uscita. È tempo di tornare alla capitale, al rumore delle automobili, alla prossima correspondence del Métro.
No, non è Portobello, né Burano: solo poche decine di metri d’inaspettato silenzio a colori.
Note biografiche sull’autore
Francesco Galletta (Messina, 1965), architetto, grafico. Titolare di Tecniche Grafiche alle scuole superiori; laureato con una tesi di restauro urbano, è stato assistente tutor alla facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria per Storia dell’Urbanistica e Storia dell’Architettura Moderna. Dottore di Ricerca alla facoltà di Ingegneria di Messina, in rappresentazione, con una tesi dal titolo: “L’Immaginario pittorico di Antonello”. Con l’architetto Franco Sondrio ha rilevato, per la prima volta, la costruzione prospettica e la geometria modulare dell’Annunciazione di Antonello. La ricerca, presentata in convegni nazionali e internazionali, è pubblicata in libri di diversi autori, compresa la monografia sul restauro del dipinto. Sempre con Franco Sondrio ha studiato l’ordine architettonico dell’ex abbazia di San Placido Calonerò nell’ambito del restauro in corso e scoperto a Messina un complesso architettonico della metà del ‘500, collegato al viaggio in Sicilia del 1823 dell’architetto francese Jaques Ignace Hittorff.