Victor Vasarely. “Op Art” e illusione bidimensionale
L’Optical Art, nota come “Op Art”, è una corrente artistica che si sviluppa all’interno dell’Arte Cinetica, della quale esamina gli effetti dell’illusione bidimensionale.
di Franco Sondrio

Victor Vasarely; Op Art
Nata attorno alla fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ’60 del Novecento, grazie al suo fondatore Victor Vasarely (1906-1997), l’Op Art è un’arte essenzialmente grafica, certamente astratta. Nella giustapposizione cromatica di semplici figure geometriche, riesce a creare potenti illusioni ottiche, veri e propri inganni visivi capaci di indurre ad un’instabilità percettiva con il massimo coinvolgimento per l’osservatore.
Essa riprende ancora una volta dalla ricerca del Bauhaus, quella concretezza nel dare risalto ai puri valori visivi.
“L’Op Art esplora i limiti della visione umana: l’artista gioca con l’osservatore creando immagini geometriche che sembrano vibrare e pulsare”.
Per quanto le opere Op Art possano, a prima vista, sembrare dei virtuosismi ad effetto, in realtà esse si basano sui rigidissimi codici visivi e fondamenti scientifici relativi allo studio della percezione visiva. Tali opere, che si rifanno a regole percettive universali basate su sperimentazioni grafiche che attengono ai fenomeni della Gestalt, indagano sui rapporti causa effetto tra l’immagine e lo sguardo dell’osservatore, tra l’oggetto e il soggetto ricevente.
Le due tecniche principali utilizzate per raggiungere questo effetto sono le prospettive illusorie e la tensione cromatica: protagoniste assolute sono le texture (o gradients) e i patterns, che concorrono a suggerire effetti tridimensionali, o addirittura suggeriscono il movimento.

1. Bridget Ridley – Movement in Squares ; 2.Victor Vasarely – Vega, Acrylic on canvas
Ma ripercorriamo brevemente il percorso di Vasarely considerato insieme a Bridget Riley il fondatore del Movimento.

Victor Vasarely
L’infanzia e la giovinezza di Victor si svolgono nel suo paese natale, l’Ungheria. Appena dodicenne rivela precocemente le sue doti artistiche, ma che saranno messe momentaneamente a tacere. Dopo il diploma, incoraggiato dal padre, intraprende a Budapest prima gli studi di medicina e poi di lettere, ma senza alcun successo. Nel 1927 fa la scelta definitiva, cioè quella di abbandonare l’università iscrivendosi all’Accademia Artistica Privata Podolini-Wolkmann dove riesce finalmente a trovare la strada per perfezionare le sue abilità grafiche.
Nel 29 si iscrive al Mühely, una scuola che egli stesso definisce come “il Bauhaus Ungherese”, fondata da Alexandre Bortnyik. Qui Vasarely fa l’esperienza di un’arte che non necessita di forma e di appigli con la realtà, ma che si propone di figurare ciò che non può essere rappresentato normalmente. Lasciata l’Ungheria, nel 1930 si stabilisce a Parigi, il centro dell’arte di quel periodo, dove inizia a lavorare come grafico.
Fino al 1939 si dedica completamente al suo lavoro di artista pubblicitario. Intanto continua (senza né esporre né mostrare i suoi quadri) a studiare, sperimentando gli effetti ottici nella grafica, creando singolari rappresentazioni di zebre ed altri animali con contrasti tra il bianco e il nero.

Victor Vasarely. Zebre, 1942. |Park West Gallery Collection
Negli anni seguenti riscopre la pittura lasciandosi influenzare dal Cubismo e dal Surrealismo, dipingendo ritratti, nature morte e paesaggi. Nel 1947 cambia totalmente stile approdando all’analisi degli astrattismi geometrici – le cosiddette “forme nelle forme” – che rappresentano il più importante giro di boa nel percorso dell’artista.

1.“Dyevat” by Victor Vasarely | Park West Gallery Collection
2.“Kettes” by Victor Vasarely | Park West Gallery Collection
Nel 1955, alla Galleria parigina Denise René insieme ad altri artisti, compresi Duchamp e Calder, espone in una fortunata mostra intitolata “Le Mouvement”. Il potente senso del movimento delle opere vasarelyane conquista la critica e il successo internazionale dell’’artista non conoscerà più limiti.
Vasarely, padre ispirato della neonata Op Art, riflette a lungo sul come unire al meglio l’opera e colui che la guarda. Alla fine coniò la seguente frase, che rappresentava la sua idea di Op Art:
“La posta in gioco non è più il cuore, ma la retina, e l’anima bella ormai è divenuta un oggetto di studio della psicologia sperimentale. I bruschi contrasti in bianco e nero, l’insostenibile vibrazione dei colori complementari, il baluginante intreccio di linee e le strutture permutate […] sono tutti elementi della mia opera il cui compito non è più quello di immergere l’osservatore […] in una dolce melanconia, ma di stimolarlo, e il suo occhio con lui”.
Gli anni sessanta e settanta sono stati il periodo più produttivo per Vasarely dal punto di vista artistico e culturale. Le due mostre, la prima nel 1965 al MOMA di New York intitolata “The Responsive Eye” e la seconda nel 1967, al Musée del’Art Moderne de la Ville de Paris, con il titolo di “Lumière et Mouvement”, non hanno fatto che accrescere la sua fama, conferendogli l’immagine di artista enigmatico, da scoprire fino all’ultima “trasposizione geometrica”.
Note biografiche sull’autore
Franco Sondrio nasce a Messina nel 1963 dove attualmente vive svolgendo la sua attività lavorativa a Catania. Compie gli studi superiori nella città dello Stretto, per poi laurearsi in Architettura presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Successivamente, consegue il titolo di Dottore di Ricerca presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Messina sviluppando una tesi su “La rappresentazione del paesaggio nelle opere di Antonello da Messina”. Ha svolto attività didattica presso la Facoltà di Architettura di R.C. ed è stato correlatore di numerose tesi di laurea negli ambiti del Restauro e della Storia dell’Architettura. É autore di saggi e articoli su libri e riviste scientifiche e, a tutt’oggi continua la sua attività di ricerca, con particolare riferimenti al corpus pittorico antonelliano, agli apparati prospettici quattrocenteschi, agli sviluppi artistici e architettonici di Messina a partire dall’epoca rinascimentale.