Oltre ogni Limes: ai confini dell’Impero Romano
Il termine latino Limes sta ad indicare il confine dell’Impero, la frontiera tra il mondo romano e i popoli ad esso esterni. Sin dall’antichità e per molti secoli, le fortificazioni sono state una barriera di difesa per città e popolazioni a supporto di precise condizioni orografiche. Spesso hanno portato anche alla completa trasformazione fisica di un territorio.
di Francesco Galletta
Benché non sia mai esistita la fortificazione perfetta e considerato che la Storia ci ha rimandato racconti, sempre terribili, di assedianti e assediati, è pur vero che alcune piazzeforti hanno funzionato più a lungo o meglio di altre, grazie alla bontà della loro costruzione, ma anche per le specifiche condizioni di contorno. In alcuni contesti, infatti, le Mura di difesa hanno rappresentato non solo la prova concreta della capacità di progettare e costruire di un popolo, ma anche l’esplicitazione di un preciso momento storico.
Il termine che meglio si lega a questo concetto, è Limes, utilizzato da svariati autori della letteratura latina come Virgilio, Tacito, Plinio, Livio, con diversi significati: frontiera, baluardo, bastione, ma pure confine e strada decumana. Per Limes s’intende il confine dell’Impero, la frontiera tra il mondo romano e i popoli ad esso esterni. Prendeva vari nomi rispetto alle macroregioni che attraversava: il più imponente fu il Limes Germanicus, che divideva Roma da quelle genti che in seguito vennero intese come Barbari.
La particolarità del Limes nord era lo stretto legame con i luoghi, cioè l’adeguarsi alla geografia dell’Europa centrale. Nel 117 d.C., al tempo di Traiano, i confini dell’Impero avevano raggiunto l’estensione massima, dalla Britannia all’Egitto, dalla Spagna alla Mesopotamia. A nord si attestarono su una barriera fisica ben precisa: i fiumi Reno e Danubio (con l’eccezione della Dacia, l’attuale Romania poi abbandonata, posta oltre il Danubio), due elementi naturali che quasi si saldano in continuità. I due fiumi, molto larghi e con ampie portate, sono sempre stati confine (allora come ora) oltre che vie di navigazione al centro dell’Europa.
Sotto Augusto, dopo l’annientamento di tre legioni a Teutoburgo nel 9 d.C. da parte dei Germani di Arminio, il territorio oltre il Reno e fino all’Elba, per qualche tempo annesso a Roma, sarà definitivamente abbandonato, cosicché per i successivi quattro secoli l’Impero si fermerà sul limite delle due grandi barriere d’acqua. Ovviamente esse non costituivano l’unica difesa del confine nord, comunque organizzato con punti di avvistamento, fortilizi e castra a intervalli regolari.
Invece, all’incrociarsi dei due fiumi, su un’area ben precisa non protetta da condizioni fisico-geografiche favorevoli (nell’attuale Land tedesco del Baden-Wuttenberg), fu costruita una fortificazione continua fatta di muri, terrapieni e castelli di difesa. Per il resto, il Reno e il Danubio resteranno, in ogni caso, il limes aquae, una barriera naturale tra due entità distinte.
Invece, il Limes Britannicus, eretto nella parte più a nord della Britannia, in epoca successiva a Traiano era costituito da due linee di fortificazione: il Vallum Hadriani (Vallo di Adriano, Hadrian’s Wall, Roman Wall), costruito per volontà dell’imperatore Adriano dal 122 d.C. e, più a nord, il Vallum Antonini (Vallo Antonino, The Antonine Wall) edificato sotto Antonino Pio dal 142 d. C.. Queste due linee di separazione fra diverse civiltà, oltre a essere la più completa espressione dell’arte militare romana, determinarono il ridisegno e il modellamento del territorio, con effetti fisici ancora oggi riscontrabili sui luoghi.
Erano, infatti, delle vere e proprie barriere che completavano le difese precedenti, già edificate durante la lunga e sanguinosa conquista romana dell’isola, iniziata nel 43 d. C. sotto l’imperatore Claudio. Alcune delle prime fortificazioni, come le attuali Fosse Way, Stanegate e Gask Ridge, si mostrano ancora oggi come impronta visibile sul territorio, poiché riunivano la tipologia del vallum, quindi un’opera di modellazione del terreno, con l’utilizzo come strata, cioè l’evidenza del segno del tracciato.
Il Vallo di Adriano fu disposto poco più a nord del fiume Tyne, nell’attuale regione del Northumberland, tra la foce dello stesso fiume a est e la baia di Solway a ovest. Aveva una lunghezza di ottanta miglia romane (117 km) con una tripla barriera costituita, in successione nord-sud, da:
- una scarpata ripida e profonda, larga 9 m, che divideva dal fronte nemico;
- due muri continui con tipologia a sacco e pietra a vista; il settentrionale alto 6,50 m, il meridionale 4,70 m, con un percorso centrale sopraelevato; il tutto per una larghezza di 2,90 m;
- un doppio terrapieno (ognuno di larghezza 6 m e altezza 3 m, con una scarpata di 6 m al centro) preceduto da una strada militare lastricata, utilizzata per gli spostamenti interni.
Il Vallum, costruito in circa dieci anni dalle tre legioni di stanza in Britannia, era intervallato da una serie di piccole fortezze, che potevano ospitare, ognuna, sessantaquattro soldati. Esse avevano una porta sul muro nord e si scostavano dallo stesso verso sud, aprendosi con una seconda porta.
Il numero totale di forti, tutti uguali, lungo il Vallum era di ottanta, cioè uno ogni miglio romano (1.620 m). Ancora oggi sono intesi quindi, dagli inglesi, come Milecastles (Castelli del Miglio). Lo spazio che intercorreva tra due Milecastles contigui era protetto da due torrette di guardia quadrate di circa 6 m di lato, poste a distanza di 540 m l’una dall’altra, una dimensione pari allo spazio misurato dalle stesse nei confronti di ciascun Milecastle (540 m per tre: 1.620 m).
Già da questi dati tecnici, è evidente che il Vallum Hadriani non fu solo una fortificazione, ma un sistema integrato frutto di scelte pratiche e di una solida esperienza sul campo; una realizzazione che da sola ha modificato per sempre l’assetto del territorio fra gli attuali confini di Scozia e Inghilterra.
Il Vallo di Antonino, tutto compreso nell’attuale territorio scozzese, costruito in due anni a circa 160 km a nord del precedente, rappresentava la frontiera più settentrionale dell’Impero.
Correva per trentanove miglia romane (la metà dell’altro), da est a ovest dalla zona dell’attuale Edimburgo, sull’estuario del fiume Forth, fino alla periferia di Glasgow all’estuario del Clyde, lasciandosi a nord il Kelvin e il Bonny, due fiumi minori che costituivano un’ulteriore protezione d’acqua per la linea di difesa.
Questo Vallum era formato da una serie di fortilizi protetti da un muro continuo di terra con una scarpata antistante. Il muro era largo 4,20 m alla base, per un’altezza di 3 m, con pareti di terra inclinate a 70 gradi e una larghezza superiore di circa 1,80 m. In alto presentava un’incannicciatura fronteggiata da un parapetto.
La scarpata, distante circa 6 m dal Vallo, era larga circa 12 m e profonda 3,60 m. Le misure, ovviamente, potevano variare in considerazione del territorio attraversato.
Il sistema, nell’evidenza del tutto diverso dal precedente, fu eretto per volontà di Antonino Pio, a ulteriore difesa della regione e in opposizione alle mai soggiogate genti Caledoni scacciate fuori dai confini. Di fatto, vista la diversa tipologia della costruzione, l’opera antoniniana costituisce, forse ancor più della prima, un vero e proprio elemento modificatore del territorio. Oggi diremmo del paesaggio.
In effetti, quei luoghi trasformati all’epoca per mano dell’uomo, dopo molti secoli si sono ormai consolidati nel nostro immaginario come “naturali”, poiché proprio gli elementi visibili della Natura in certe parti sono tornati padroni. Quindi, ciò che oggi possiamo percepire, per esempio, come una collina alberata, magari in origine erano solo la costruzione artificiale, zolla su zolla, di un avvallamento e della successiva scarpata.
Il legame tra l’Isola Britannica e la Britannia Romana, nei secoli ha subito molti cambiamenti, posto che quanto qui descritto è ormai rilevabile sui territori molto più come segno che come rudere. In ogni caso, ricordiamo che molti termini inglesi correnti, come Street, Stratford, Stratton, derivano dalla parola strata, così come dall’onnipresente castrum, accampamento, discendono nomi di luoghi e città con suffisso in chester o simili, come Lancaster, Manchester, Gloucester, Doncaster, ma anche Exeter.
La lunga Storia della Britannia romana, dopo il declino dell’impero e il ritiro delle legioni intorno al 400 d. C., per diversi secoli è stata, se non nascosta, certamente messa in secondo piano. Troppo ampia e importante è stata, infatti, quella inglese vera e propria, dagli Anglo-Sassoni a seguire.
Solo negli ultimi due secoli, sull’argomento è stato dimostrato un interesse più ampio, prima nella ricerca e oggi, grazie ai nuovi strumenti globali di comunicazione, anche nell’ambito della divulgazione di massa. Sono ormai riscontrabili facilmente in Rete, infatti, moltissimi siti istituzionali e turistici dedicati alla storia della Britannia romana ma anche alle due grandi linee di fortificazione di Adriano e Antonino Pio.
Da trent’anni, inoltre, il Limes Britannicus e il Germanicus-Rheticus tra il Reno e il Danubio, sono nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco (Hadrian’s Wall, 1987; Limes Germanicus, 2005; The Antonine Wall, 2008).
[Ndr] Tutte le foto e i video presenti in questo articolo sono stati reperiti in rete a puro titolo esplicativo e possono essere soggetti a copyright. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.
Note biografiche sull’autore
Francesco Galletta (Messina, 1965), architetto, grafico. Titolare di Tecniche Grafiche alle scuole superiori; laureato con una tesi di restauro urbano, è stato assistente tutor alla facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria per Storia dell’Urbanistica e Storia dell’Architettura Moderna. Dottore di Ricerca alla facoltà di Ingegneria di Messina, in rappresentazione, con una tesi dal titolo: “L’Immaginario pittorico di Antonello”. Con l’architetto Franco Sondrio ha rilevato, per la prima volta, la costruzione prospettica e la geometria modulare dell’Annunciazione di Antonello. La ricerca, presentata in convegni nazionali e internazionali, è pubblicata in libri di diversi autori, compresa la monografia sul restauro del dipinto. Sempre con Franco Sondrio ha studiato l’ordine architettonico dell’ex abbazia di San Placido Calonerò nell’ambito del restauro in corso e scoperto a Messina un complesso architettonico della metà del ‘500, collegato al viaggio in Sicilia del 1823 dell’architetto francese Jaques Ignace Hittorff.
Per Artevitae Francesco Gallettà scrive nelle sezioni Architettura e Design, Arte e Cinema