14 Settembre 2018 By Daniela Bonalume

Non capire un tubo. Racconto breve di Daniela Luisa Bonalume.

Non capire un tubo è il nuovo racconto breve scritto da Daniela Luisa Bonalume per la raccolta “Suggestive Evasioni”. Una lettura veloce, intensa e dal finale bruciante, quello che non ti aspetti e ti sorprende sempre. Una storia bonsai che concentra la trama in pochi, avvincenti paragrafi. Da leggere in un respiro.

di Daniela Luisa Bonalume

 – Buongiorno signorina!

Bettina si voltò scuotendo i suoi lunghi capelli biondo ramato. Guardò dietro di sé e vide Davide, ma lei non sapeva certo chi fosse. E neppure sapeva che si chiamasse Davide. L’unica cosa che aveva notato era la pesante borsa da lavoro nera dalla quale spuntavano il manico di un martello e qualche chiave inglese messa alla rinfusa. Bettina rispose al saluto per educazione e continuò tra i suoi pensieri. In quel momento si trovava in coda al Centro Prenotazioni Unificato dell’ospedale e Davide le era appena passato dietro, chiamato per un intervento all’impianto idraulico sul piano dove sono allestite le tre sale operatorie.

Bettina aveva poco più di quarant’anni. Aveva perso il marito una quindicina di anni prima in un incidente stradale. Aveva due figli quasi ventenni e non si era più rifatta  una vita, dedicandosi completamente a loro ed al proprio lavoro. Insegnava disegno ornato in un liceo artistico della provincia ed era amatissima dagli studenti, i quali si abbeveravano alla fonte della sua generosità didattica. Conoscevano la sua condizione e la rispettavano ed amavano anche per questo. Bettina era una donna che non lesinava nulla e non si risparmiava nei rapporti umani, convinta com’era che, avendole tolto il marito, la vita le aveva dato altro di cui occuparsi.

La sua casa era un caos, pulita ma piena di colori di ogni sorta sparsi ovunque. Anche i muri non venivano ripuliti da tempo e conservavano i disegni dei ragazzi in tutti gli angoli raggiungibili. Si, i ragazzi erano ormai cresciuti e seguivano le loro passioni riservandole quotidianamente pochi minuti della loro vita. Ma lei aveva le sue di passioni e, quando loro erano assenti, si divertiva dipingendo di tutto. E la casa diventava sempre più caotica, piena di tele, vasi, vasetti, ceramiche. Pennelli, pennellini e pennelloni occupavano anche gli spazi più remoti delle mensoline dei bagni.

La mattina si recava a scuola ed il pomeriggio si dedicava a ciò che la divertiva. Andava a scuola in bicicletta. Non aveva necessità di una automobile, aveva tutto abbastanza vicino e preferiva muoversi utilizzando l’energia prodotta dal proprio corpo. Finite le lezioni, un giorno, si trovò una ruota sgonfia vedendosi così costretta a percorrere a piedi, accompagnando la bici a mano, i 5 chilometri che separavano la sua casa dall’istituto nel quale insegnava. Ed i suoi ragazzi stavano per rientrare a casa dalla scuola. Che iella! Che fortuna!! Impresa Davide Roboletti Pronto Intervento Idraulico. Il camioncino le si fermò accanto.

-Buongiorno professoressa, posso offrirle un passaggio fino a casa? Lasciamo la bicicletta dal ciclista e l’accompagno a casa – disse Davide. Bettina si spaventò un po’, riconobbe il tipo dell’ospedale, era combattuta tra l’accettare per arrivare in tempo dai figli e il mandare al diavolo questo tipo che lei non conosceva ma che da un po’ le ronzava intorno. Guardò l’orologio e decise di accettare. I ragazzi dovevano già essere rientrati e non vedendola si sarebbero preoccupati.

– Si grazie, signor Roboletti – disse sbirciando la scritta sul furgone. Lui uscì dall’abitacolo, caricò la bici sul furgone e fece accomodare la sua ospite accanto al posto di guida.

Com’è e come non è, quando si salutarono davanti al cancello d’ingresso di Bettina, lui le diede il proprio biglietto da visita. Non si sa mai, una otturazione improvvisa, un rubinetto che perde, una guarnizione vecchia da sostituire, poteva essere sempre utile. Davide teneva d’occhio la donna da tempo. Era interessato alla sua persona. Bettina ringraziò e salutò chiudendo la porta dietro di sé. A tavola, come al solito lei ed i figlioli, si raccontarono l’accaduto della sera prima e della mattinata.

Bettina decise che avrebbe telefonato al ciclista per garantirsi la riparazione della ruota in tempi brevi, ma il ciclista le fece sapere che non aveva visto la sua bicicletta e neppure l’idraulico. Allarmata, si precipitò fuori per andare da lui ma, appoggiato al cancelletto, trovò il velivolo con la ruota riparata. Molto molto contrariata, ma anche sollevata, quindi combattuta tra i due sentimenti, inviò un messaggio di ringraziamento al Roboletti. E tutto riprese secondo le consuetudini. Mattina scuola, pomeriggio diletto. Mattina scuola, pomeriggio diletto. E così passò quasi un mese. Uffa…durante un pomeriggio di diletto alcune minuscole boccette di pigmenti scivolarono nel lavandino della cucina.

“Roboletti, Roboletti, mi tocca chiamare Roboletti!”

-Si professoressa, vengo volentieri ma non subito, posso arrivare verso le 18.45, se per lei va bene.

-Se non può prima, va bene così. La aspetto!- nel frattempo cercò di ripulirsi da tutto quel colore che le aveva imbrattato le mani, le braccia e persino il viso. Ma non ci riuscì mica tanto, sulla fronte e sulle gote le erano rimasti dei segni verdi e gialli, che ricordavano un po’ gli indiani d’America in assetto da guerra. Non aveva capito perché Davide fosse entrato nella sua vita, era troppo giovane per essere interessato a lei, anche se non aveva alcun anello alle dita. Ma forse era a causa del lavoro che svolgeva. E poi non l’aveva corteggiata, si era solo concretizzato in un momento di necessità, e anche quando la incontrava era sempre molto gentile ed affettuoso, ma mai un comportamento equivoco.

Davide non arrivò solo. Al seguito, aveva un signore distinto con uno sguardo molto cordiale, portava la già nota borsa nera e le fece un inchino durante le presentazioni. Bettina arrossì: – Buonasera professoressa, piacere Mauro, sono il cognato di Davide e lo aiuto ogni tanto – .

– Ma non penso che ci sia bisogno di una squadra – disse Bettina un po’ imbarazzata, con un pensiero alla spesa che avrebbe dovuto affrontare.

– Immagino – rispose Davide – ma non si preoccupi, professoressa, il mio assistente non lo pago mai, fa volontariato – e concluse con una sonora risata – sa solo portare le borse. Mauro insegna in un liceo fuori provincia e le uniche cose con cui ha dimestichezza sono le parentesi tonde, quadre e graffe! –

Mentre Davide liberava il sifone dagli ospiti occasionali, Bettina e Mauro iniziarono a chiacchierare fittamente sulle rispettive attività. Talmente fittamente che si ritrovarono intorno ad un tavolo in pizzeria: Davide, Giordano il figlio di Davide, Annamaria la moglie di Davide, Andrea il figlio di Mauro, Mauro e la sua compagna Bettina, Fabio e Fausto i figli di Bettina.

Era chiaro a tutti, ormai, quale fosse stato il ruolo di Davide!

Altro che non capire un tubo…


Note biografiche sull’autrice

Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.


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