Per la rubrica Viaggi Fotografici, curata da Stefano Degli Esposti, oggi andiamo a Matera per passeggiare dentro alle storie racchiuse nei suoi Sassi.
Se vuoi viaggiare nel passato senza la macchina del tempo, Matera è un luogo tra i più indicati. Il tempo qui si è fermato, lasciando intatto il fascino di questa città incastonata nella roccia.
Ogni pietra che calpesti o che osservi racconta una storia. Sono storie di fatica e di dedizione di un popolo ingegnoso attaccato alle tradizioni. Storie di sentimenti e di amore per la propria terra, riconoscibili nell’energia che emerge dalla cura dell’estetica e dall’attenzione per i particolari.
Osservandola dal Belvedere, la puoi ammirare nella sua omogenea complessità. Ti appare, infatti, come un’opera scultorea unica di tufo, spezzata dalle forme singolari delle case e dagli arredi urbani che le adornano. La sua compattezza cela facilmente la varietà di visioni che riesce a regalare a seconda del punto dal quale la osservi.
Dal basso vedi una metropoli antica di grattacieli di pietra, fatti di case accatastate l’una sopra l’altra. Guardandola dall’alto ti ispira un girone dantesco o un labirinto, con le infinite scalinate che la attraversano. Ma la visione più suggestiva la trovi al calare della sera, quando i lampioni si accendono creando un’atmosfera da presepe in attesa del passaggio della stella cometa.
Camminare per i Sassi di Matera è un continuo saliscendi, fra il Sasso Barisano e il Sasso Caveoso. I due rioni si intrecciano fra loro senza soluzione di continuità, se non fosse per qualche sporgenza rocciosa che interrompe la struttura monolitica dell’insieme. Il passo è lento per accontentare l’occhio, spesso impegnato a soffermarsi sui particolari.
Hai subito la sensazione di muoverti in un immenso teatro all’aperto. Gli innumerevoli balconi di varia fattezza, li immagini con gli abitanti affacciati. Chi a conversare, mentre gli altri restano silenti a guardare ed ascoltare. Ed è così che questo scenario si imprime nella tua mente come un immenso condominio di pietra. Chiassoso ma allegro. Omogeneo ma difforme. I tuoi occhi si posano sulle piazzette, strette ed avvolgenti e calano dentro ai pozzi, dove i miliardi di parole pronunciate, urlate e sussurrate galleggiano sull’acqua piovana ivi raccolta.
Quando guardi il cielo incontri i cappelli di latta dei lampioni e il tuo sguardo rotola sulle loro lampadine cilindriche, per poi soffermarsi sui comignoli che diventano conigli scorrazzanti sui tetti. L’amore per le piante, che ancora abbelliscono le facciate delle case e le loro pertinenze, ti piace pensarlo così smisurato da immaginare il borgo come un immenso giardino pensile, coi fiori che punteggiano il verde seminato fra il giallo dominante del tufo. Senti la musica che inizia a suonare, invitando tutti a ballare. Quasi li vedi volteggiare nelle terrazze per poi scendere lungo le scale, come in un immaginario musical medievale.
Visioni meno mistiche di quelle rappresentate dai capolavori di Pier Paolo Paolini e di Mel Gibson nei loro film sulla vita di Cristo ambientati in questo teatro urbano. Lavori che hanno portato già da tempo la città all’attenzione del mondo.
I Sassi sono opere di ingegno urbanistico, non solo per gli infiniti dettagli. La ghiacciaia è l’opera più geniale: una grotta profonda nella quale veniva conservata la neve accumulata in inverno, compattata per essere utilizzata durante il periodo estivo. Non da meno è il sistema di condotte di acqua piovana, che ne consente la raccolta nelle abitazioni. Piccole dimore sfruttate in ogni centimetro quadrato, arredate con materiali naturali efficaci. Il riscaldamento veniva prodotto dalla presenza di animali, che non garantiva condizioni igieniche sostenibili. Per questo gli abitanti vennero trasferiti in case appositamente costruite, a seguito di una legge voluta da De Gasperi nel 1952.
Da scandalo di degrado a capitale europea della cultura è l’abisso da cui Matera è risalita nell’arco di quasi settant’anni. Questa impresa è figlia della continuità dell’amore della sua gente, capace di compiere un secondo capolavoro. La fatica degli avi ha così ricevuto il giusto riconoscimento di valore che meritava.
Note biografiche sull’autore

Stefano Degli Esposti
“Carpe noctem”, quando il “carpe diem” non basta. Stefano Degli Esposti nasce nel 1958 a Casalecchio di Reno (BO), che resta la sua città di riferimento, nonostante il trasferimento sulle colline di Sasso Marconi. La formazione scolastica di indirizzo commerciale caratterizza il suo percorso professionale fino alla direzione di aziende di contesto multinazionale. Si diverte in cucina, si rilassa con la musica Rock e Jazz ed è appassionato di fotografia. Fotografa tutto ciò che lo emoziona, con una spiccata predilezione per l’astrattismo, specie in contesti urbani. Espone i suoi lavori a mostre collettive e personali dal 2015. Il MIA Photo Fair nel 2017 ed il Photofestival nel 2018, su tutte, entrambe a Milano. Ama la natura e gli animali. Sa cogliere gli aspetti positivi di ogni situazione.
Per ArteVitae cura la Sezione Viaggi Fotografici. Racconta le sue esperienze di viaggio, riportando alla memoria le emozioni che gli hanno lasciato segni indelebili, accompagnate dalle sue fotografie. Lo scopo ambizioso è di farle rivivere ai suoi lettori, scatenando in loro il desiderio di visitare quei luoghi.
[Ndr]: Tutte le immagini contenute in questo articolo sono coperte dal diritto d’autore e sono state gentilmente concesse da Stefano Degli Esposti © ad ArteVitae per la realizzazione di quest’articolo.
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