Martin Sander, il fotografo della vita
Martin Sander è un brillante fotografo tedesco. Eclettico nel suo stile, ha approcciato diversi generi, approdando alla fotografia di architettura e di paesaggio urbano che gli permette di esprimere al meglio la sua, personale visione artistica.
di Alessandra Bettoni
Martin Sander, classe 1963, vive ad Essen, una città della regione Vestfalia nella Germania Occidentale. E’ una persona affabile e accetta di buon grado di fare questa chiacchierata, anche se le parole a volte non vengono così facilmente. Ci racconta subito del suo lavoro, un’attività un po’ particolare che lo impegna costantemente e lo porta ad essere continuamente in contatto con le persone che incontra purtroppo nei momenti forse più tristi della loro vita.
Martin infatti è un consulente specialista nel sostegno all’elaborazione del lutto, aiuta cioè le persone a superare i momenti difficili dovuti alla perdita dei propri cari. Il nesso fra l’attività lavorativa e la fotografia è inevitabile. Come egli candidamente ammette:
La fotografia rappresenta una forma di “evasione” che mi distoglie dalla durezza del mio lavoro.
Come ben sapete per fotografare ci vuole tempo e per la professione svolta, Martin non ne ha mai avuto molto a disposizione. Così, nel 2011 prende finalmente la decisione di concedersi il classico “anno sabbatico”, durante il quale trova il tempo per dedicarsi alla sua grandissima passione, la fotografia e aggiunge: “E’ così che il mio occhio per l’architettura e le scene urbane si è andato sempre più affinando, da quando ho avuto finalmente il tempo di scattare quelle foto che avevo sempre sognato di fare”.
AVB: Quando è nato in te quell’impulso che colpisce ognuno di noi all’inizio della pratica fotografica, ossia quella irrefrenabile voglia di fermare il tempo attraverso una fotografia?
MS: Ero bambino, ricordo perfettamente mio padre e la sua inseparabile Leica. Il pulsante di scatto lucido ed il suono del click che emetteva ad ogni scatto, per me rappresentavano un mondo tutto da scoprire. Mi intrigava molto quel mondo ed ero inevitabilmente affascinato da quella gestualità quasi rituale di mio padre mentre la utilizzava.
AVB: Quindi come a volte accade, l’amore per la fotografia nasce in ambito familiare. Ricordi quando hai cominciato a realizzare i tuoi primi scatti?
MS: La prima macchina fotografica mi è stata regalata da mia zia all’età di 6 anni. Non ricordo più a quale casa costruttrice appartenesse, ma ricordo perfettamente la gioia incontenibile di quel momento. Ricordo inoltre che fu proprio mio padre a spiegarmene pazientemente il suo funzionamento. Meno paziente semmai fui io e iniziai subito con le mie sperimentazioni fotografiche. Uno dei primissimi soggetti che presi di mira, fu proprio la sua Mercedes Benz a cui era molto legato. Devo confermare che la passione fotografica l’ho respirata in famiglia perché anche i miei nonni avevano una certa inclinazione artistica.
AVB: Venendo ai nostri giorni Martin, quale è il tuo approccio alla fotografia?
MS: Il mio modo di fotografare rispecchia molto il mio modo di vivere, cerco infatti di attraversare il palcoscenico della vita sempre ad occhi aperti, cercando di fermare attraverso la fotografia scene e situazioni che ai miei occhi appaiono insolite. Sono consapevole che le mie immagini non sono “mainstream”, penso piuttosto che affrontino la scena da un punto di vista molto personale, diverso, a tratti intimo.
AVB: Come definiresti le tue immagini se dovessi spiegarle a qualcuno che non conosce i tuoi lavori? E quale pensi sia uno dei tuoi maggiori punti di forza in questa arte?
MS: Le mie immagini sono spesso frutto di una ricerca, le penso e le realizzo mentalmente già prima della fase di scatto anche se poi mi lascio condizionare e guidare molto anche dalla situazione del momento che spesso riesce ad ispirarmi. Penso che il mio punto di forza sia una dote che si è sviluppata attraverso la pratica di fotografare, ovvero la capacità di saper vedere oltre, l’occhio del fotografo appunto, sempre attento a cogliere attimi e situazioni particolari.
Martin fotografa in digitale ma viene dall’analogico. Oggi utilizza una bellissima Canon 5 Mark III e una Canon AE1, ma a volte, chissà forse per emulare il suo amato papà, scatta anche con con una Leica 1935. Utilizza diverse focali fisse a seconda delle sue esigenze cosi’ come un ottica più ad ampio spettro come un inseparabile 16-300.
L’architettura esercita da sempre su di lui un fascino molto particolare ed è una fonte di ispirazione inesauribile. Martin ama moltissimo le geometrie e la chiarezza cristallina delle linee e gli elementi architettonici che ne sono la risultanza. Nella fotografia di architettura cerca sempre l’originalità, gli piace infatti giocare con le diverse prospettive e ritrarre gli edifici da punti di ripresa inusuali. L’armonia delle linee e l’ordine geometrico delle strutture architettoniche è come se riflettessero il suo modo di ‘interpretare’ la vita. Osservare i molteplici spunti che l’architettura urbana offre lo fa sentire a casa. Meraviglioso e incredibile anche il modo elegante con cui riesce sempre a rendere omaggio a quell’imprescindibile connubio fra architettura e ambientazione urbana.
Non ci resta che salutare Martin e ringraziarlo per questa piacevolissima chiacchierata e dargli appuntamento ancora nel Gruppo ArchiMinimal Photography per poter presto apprezzare i suoi lavori.
Vi lasciamo con una selezione di alcune delle sue immagini più significative che raccontano di quel suo modo inconfondibile di vedere e sentire alcune particolari situazioni facendole diventare il set ottimale delle sue fotografie. Grazie Martin!