3 Ottobre 2019 By Giulio Borghese

Lucilla, la chitarra di B.B. King.

La musica ha scandito moltissimi dei momenti salienti della mia vita, un po’ come immagino sia capitato a molti di voi, cari lettori. Oggi allora voglio ricordarne alcuni attraverso la musica a me cara di un autore che ancora oggi riesce a far vibrare la mia anima: Ladies and Gentlemen, Mr. B.B. King!

di Giulio Borghese

Questo mio viaggio nei ricordi più cari è nato spontaneo durante la mia consueta passeggiata pomeridiana ai Fori Imperiali di qualche giorno fa, quando ho realizzato che ricorreva l’anniversario della nascita del grande B.B.King, era il 16 Settembre.

La mia vita, oggi decisamente più tranquilla e regolare, per moltissimi anni è stata scandita da frequenti viaggi fra l’Italia e gli Stati Uniti d’America. Al termine del mio percorso di studi, conclusosi alla metà degli anni ’80 con la Laurea in Economia infatti, convinsi mio padre, scettico, a farmi frequentare un corso di quelli che oggi si chiamano “Master”, negli Stati Uniti.

Ricordo ancora come fosse ieri il giorno della partenza. Ero in aeroporto che attendevo il momento dell’imbarco e dalle cuffie del mio nuovissimo Walkman venivano veicolate nelle mie orecchie le note del pezzo “Lucille”, tratto dall’album Six Silver Strings di B.B. King, pubblicato proprio nel 1985.

Ricordo ancora il senso di libertà che infondevano alla mia anima di provetto viaggiatore quelle meravigliose note, a me che per la prima volta lasciavo Roma con la consapevolezza che non ci avrei fatto ritorno per diversi mesi, forse anni. Ero diretto a Chicago con un volo di sola andata, città in cui avrei frequentato un prestigioso corso presso l’università in cui aveva insegnato fino al 1976 se la memoria non mi inganna, uno degli economisti a me più cari, Milton Friedman!

Per qualsiasi appassionato di blues, il nome Lucille rimanda automaticamente alla celeberrima chitarra di B.B. King. In realtà questo è il nome che l’artista ha dato ad ognuna delle sue chitarre. Nel 1949 infatti, durante una sua esibizione in un piccolo locale dell’Arkansas, al suo interno divampò un terribile incendio causato da una violenta lite scoppiata fra due uomini che si contendevano il cuore di una donna. I due infatti, durante la colluttazione, rovesciarono in terra del liquido infiammabile del primitivo sistema di riscaldamento, che subito dopo prese fuoco. Tutti si precipitarono verso l’uscita per mettersi in salvo, compreso King che, arrivato fuori dalla sala in fiamme, si rese conto di avere lasciato all’interno la sua amata chitarra.

Si trattava di una Gibson L-30, una acustica archtop relativamente economica a quei tempi, ma per il musicista, allora ventiquattrenne, si trattava dello strumento indispensabile per guadagnarsi da vivere. Decise quindi di rientrare nel locale per recuperarla. L’incendio era nel pieno del suo corso e qualche trave cominciava a staccarsi dal soffitto, ma King riuscì comunque a recuperare la sua chitarra e ad uscire incolume. Il giorno dopo venne a sapere che due persone erano morte quella sera e che la ragazza contesa si chiamava Lucille. Rendendosi conto di avere scampato un pericolo enorme, King cominciò da allora a chiamare ogni sua chitarra con il nome di quella donna a ricordo del rischio corso in quella terribile serata.

Il mio percorso di studi all’università di Chicago fu un momento davvero esaltante della mia vita, ebbi modo di fare tantissime esperienze di vita in un luogo davvero magico, ricco di prospettive, l’America di Reagan. Si respirava aria di forte cambiamento, la “Reagan Revolution”, il riconoscimento del riallineamento politico negli Stati Uniti a favore di una politica interna ed estera conservatrice. L’amministrazione Reagan ha sempre tenuto un fermo atteggiamento anti-comunista nei confronti dell’Unione Sovietica e di altri paesi e contribuì attivamente al crollo dell’URSS e alla fine della Guerra Fredda.

Le teorie di Friedman hanno esercitato una forte influenza sulle scelte liberiste del governo britannico della Thatcher e su quello americano di Reagan. Le sue idee sono ancora oggi oggetto di accesi dibattiti. Io, giovane studente di economia, ero profondamente affascinato da questi personaggi così carismatici. La mia vita lavorativa avrebbe risentito sempre dell’influenza del loro pensiero ed anche della loro combattività.

Nel 1988 lavoravo già da qualche mese alla Fitch, una delle più importanti agenzie di raiting statunitensi. Avevo sede a New York e la mia vita a Manhattan scorreva felice tra giornate lavorative infernali e serate indimenticabili. Fu in una di quelle che in un locale di Brooklyn, dove si suonava Blues ogni sera, in una bella serata di primavera conobbi Gladys, una meravigliosa creatura del Tennesse. Lavorava al bancone del bar. Me ne innamorai perdutamente ovviamente. Fu con lei che per una settimana nel Dicembre del 1988, prima del Natale in cui la persi per sempre a causa dei suoi genitori che non accettarono quel suo fidanzamento con un uomo bianco e per di più italiano, andai a Memphis, sua città d’origine, per respirare l’aria di uno dei posti in cui la musica Blues aveva preso piede. Proprio a Memphis, nel celebre Sun Studio, qualche mese prima era stato registrato uno dei maggiori successi di una Band Irlandese che avrebbe fatto la storia della musica pop degli anni ’90, gli U2.

B.B. King ne era stato ovviamente uno dei protagonisti, con la canzone “When love comes to town“. Non ho dimenticato per moltissimi anni quella canzone che associavo, non so perché, al profumo dei capelli di Gladys che la mattina, quando ancora dormiva tra le mie braccia mi accarezzavano la faccia.

Cantavo sempre a squarciagola alla mia Gladys la strofa della canzone che faceva “Love comes to town I’m gonna jump that train When love comes to town I’m gonna catch that flame

Non si può negare il fatto che questo grande artista contribuì a portare il blues all’attenzione di un pubblico vastissimo.

Chiudo quindi con una sua bellissima dichiarazione: “Molte notti sono passate viaggiando, da una città all’altra senza pausa, per oltre 50 anni. Ho registrato moltissimi dischi, ho avuto, come tutti, momenti buoni ed altri cattivi, ma il Blues è stata sempre la costante della mia vita. Posso aver perduto l’emozione per altre cose, ma non per il Blues. E’ stato un lungo percorso, difficile e duro, la vita notturna della strada non è certo una vita sana e bella, piena di addii e solitudine, ma anche capace di grandi emozioni; tornassi indietro rifarei la stessa scelta, perché la notte con tutto ciò che rappresenta è stata la mia vita“.

A Gladys, che non ho mai davvero dimenticato del tutto.

Vostro, Giulio.