Lone Ride Around: La Karakorum highway
LONE RIDE AROUND: LA KARAKORUM HIGHWAY
Di Donato Nicoletti
Dalla Cina al Pakistan, lungo una delle più affascinanti strade del pianeta, all’ombra delle catene montuose del Karakorum e dell’Hindu Kush.
La Cina non è mai stata così vicina, ma il suo approccio non è stato semplice ne esente da problemi e contrattempi. Il governo centrale di Pechino tenta in ogni modo di scoraggiare l’intraprendenza di chi, nonostante l’impervia montagna burocratica da affrontare, si ostina a voler entrare nell’ex Impero Celeste a bordo di una motocicletta, o di un qualsiasi veicolo a motore.

Una domenica al “Sunday Market” di Kashgar, Cina
Per riuscire servono volontà ferrea, convinzione estrema e pazienza monastica: anzi, in questo caso, l’aggettivo Zen è decisamente appropriato. L’iter ufficiale prevede, infatti, che si deleghi un’agenzia locale per intraprendere questa sorta di “cammino della speranza” nel tentativo, non garantito, di ottenere tutti i permessi necessari all’uopo.

Bestiame in attesa di acquirenti, Kashgar, Cina
In primis, occorre dichiarare un itinerario, con luogo di entrata e di uscita, e relative date, poi bisogna prenotare tutti i pernottamenti in hotel approvati, poscia si deve avere la presenza di una guida, e relativo autista, infine, si deve provvedere alla traduzione di tutti i documenti in cinese.

Caleidoscopio di volti al “Sunday Market”, Kashgar, Cina
Una volta ottemperato a quanto di cui sopra, si aprono finalmente i cancelli del Torugart Pass (3.752 metri), e con essi anche le porte della prima Potenza Economica mondiale. Entriamo così nel territorio della Repubblica Popolare, ma in una delle province meno note: il Turkestan Cinese o, come lo chiamano a Pechino, Xinjiang.

Una giovane, e sospettosa, panettiera, Kashgar, Cina
Della storia, e delle traversie contemporanee, di questa regione si conosce ben poco oltre confine, perché Pechino, si sa, tende a custodire gelosamente i suoi segreti, soprattutto se questi hanno origine dalla prevaricazione, fisica e psicologica, del governo verso le minoranze etniche presenti nel Paese.

“Trattative riservate” Sunday Market, Kashgar, Cina
Il Turkestan, in sostanza, è il “fratello minore” del Tibet, nel senso che la sua storia ricalca molto fedelmente quella del popolo di Lhasa, con la differenza, enorme a livello mediatico, di non avere un Dalai Lama a disposizione per procrastinare la propria causa agli occhi dell’opinione pubblica internazionale.

Tripudio di frutta secca al Bazar, Kashgar, Cina
L’etnia autoctona del Turkestan è quella degli Uiguri, discendenti di alcune tribù mongole, di lingua turcofona e credo musulmano, insediatesi nell’area attorno al V° secolo. I moti indipendentisti dei primi del Novecento, portarono alla creazione della Repubblica del Turkestan, nel 1934, che venne inglobata, nel 1949 come il Tibet, nella Repubblica Popolare Cinese.

Mobilità di famiglia, Kashgar, Cina
Gli Uiguri si trovano oggi a condividere le proprie terre con una massiccia percentuale di Cinesi Han, insediatisi per volere di Pechino con il preciso intento di sopprimere, demograficamente, ogni moto di autodeterminazione e per affermare, nel caso non lo si fosse subodorato, la supremazia del Governo centrale.

La Moschea Id Kah, la più grande della Cina, capace di ospitare fino a 20.000 persone, Kashgar
Kashgar, un’oasi nel Deserto del Taklimakan, è la città più occidentale della Cina. Se in passato fu luogo di tappa sulla Via della Seta, oggi rappresenta il termine settentrionale della strada internazionale più alta del pianeta: la Karakorum Highway.

Fumi e sapori al Night Market, Kashgar
L’altra attrattiva di Kashgar è sicuramente il “Sunday Market” che, come dice il nome, si tiene ogni domenica nella periferia della città. E’ il più grande bazar a cielo aperto dell’Asia Centrale, una caos ordinato dove mercanzie, animali e umani, si intersecano, apparentemente senza logica, dando luogo a uno spettacolo d’altri tempi per gli occhi di un occidentale, ma assolutamente contemporaneo, e vitale, per gli Uiguri, gli Han, i Tagiki e i Kirghisi che lo frequentano.

Desco familiare in notturna, Kashgar, Cina
La Contea Autonoma Tagika di Tashkurgan si trova trecento chilometri a sud di Kashgar, e funge da posto di frontiera prima dell’ascesa al Khunjerab Pass che, con i suoi 4.700 metri di elevazione, rappresenta il confine tra Cina e Pakistan. Una volta imboccato il versante meridionale del passo, le cose cambiano, radicalmente.

Area relax lungo la Karakorum Highway, Xinjiang, Cina
L’asfalto sparisce, così come manca la corrente elettrica alla dogana di Sost, dove veniamo accolti, letteralmente, a lume di candela. I giorni a seguire, si rivelano un impegnativo banco di prova per uomini e mezzi. Prima un ponte crollato, che attraversiamo spingendo le moto lungo una instabile passerella, poi un lago artificiale, causato da una gigantesca frana, il quale ci obbliga a caricare le moto su barche di fortuna per proseguire.

Arrampicandosi lentamente verso il Khunjerab Pass, Xinjiang, Cina
E poi, ancora cantieri, interruzioni, frane. Nel mezzo, però, troviamo la disarmante ospitalità dei locali, i quali si fanno in quattro pur di dimostrare, a un gruppo di stranieri e quindi al mondo, quanto certe distorsioni mediatiche siano in grado di diffamare, gratuitamente, chi non sempre lo merita.

L’attraversamento del Ponte Crollato, Sost, Pakistan
La Hunza Valley è considerata, per certi versi, una sorta di Shangri La contemporanea perché, oltre alla solenne bellezza dei luoghi, i locali godono di una longevità media che supera abbondantemente i novanta anni, grazie al loro stile di vita, semplice e pragmatico, condiviso in armonia con ciò che li circonda.

La cima del Rakaposhi, Gilgit-Baltistan, Pakistan
Lungo la Karakorum Highway si stagliano le maestose vette del Rakaposhi (7.788 metri) e del Nanga Parbat (8.126 metri), meglio conosciuta come “La montagna assassina” per via dell’alto numero di vite a lei sacrificate. Questi due colossi ci accompagnano fino al singolare villaggio di Jaglot, dove, oltre all’Indo, si trova il punto d’incontro tra le catene montuose di Karakorum, Pamir e Himalaya.

Baltit Fort, Hunza Valley, Pakistan
L’ultimo spettacolo, prima di raggiungere le più tranquille pianure, ci viene offerto dall’ascensione al Babusar Pass che, con i suoi 4.128 metri, separa l’Indo dalla tranquilla e rigogliosa Naran Valley. Ignari di quello che la storia ci riserverà solo qualche mese dopo, transitiamo per Abbottabad, quella stessa Abbottabad assurta agli onori delle cronache per aver ospitato, in clandestinità, gli ultimi giorni di vita di Osama Bin Laden.

Gioventù pakistana, Naran Valley, Pakistan
Ad Havelian termina la nostra, è proprio il caso di dirlo, avventura sulla Karakorum Highway: come altro potrebbe essere definita quest’esperienza di scoperta, intensa, profonda, mai scontata, purtroppo per certi versi, e gratificante. Abbiamo impiegato undici giorni per coprire poco meno di ottocento chilometri, dal confine cinese a Islamabad: un record di lentezza sì, perché non si poteva fare altrimenti, e anche perché sarebbe stato un vero peccato perdersi tutto questo.

La Moschea di Re Faysal, Islamabad, Pakistan

La Porta degli Elefanti, Lahore Fort, Pakistan
Note biografiche sull’autore
Negli ultimi trent’anni Donato Nicoletti ha accumulato una significativa esperienza come viaggiatore motociclista in tre continenti (Europa, Africa e Asia). Reporter, fotografo e redattore, opera in ambito giornalistico dal 2008.
Dal 2013 opera anche come accompagnatore di gruppi in motocicletta, viaggiando in Europa, Tunisia, Stati Uniti e India.
E’ inoltre creatore e organizzatore del Travellers Camp, un happening sulla cultura dei viaggi in moto che si tiene ogni anno, dal 2014, sulle colline dell’Appennino parmense.