Lone Ride Around. Incredibile India
Lone Ride Around. Il viaggio in solitaria continua, attraversando l’incredibile India.
di Donato Nicoletti

Taj Mahal, Agra, Uttar Pradesh
Un Paese-Continente, per vastità geografica e varietà umana, pieno di contraddizioni e di singolarità culturali. L’India, nella sua caleidoscopica natura, non può essere che incredibile.

Celebrazioni per L’Independence Day (15 agosto) New Delhi
L’India è imprevedibile, estrema, schizofrenica, ipocrita, ottusa. E’ scabrosa e impietosa, è madre e meretrice, aguzzino e vittima, è il bianco ma anche il nero, è un pugno nello stomaco, è un calcio alle certezze morali, agli schemi mentali, di chi l’affronta.

Venditore di incensi, Kolkata, West Bengal
L’India è tutto e niente, è il bene e il male, è prendere o lasciare, vivere o morire. Il fatalismo spirituale è la ragion d’essere di un miliardo di anime per cui, ciò che è stato deciso, da altri, viene accettato supinamente dai meno consapevoli, come destino del proprio Karma.

Tomba di Humayun, New Delhi
Sono vite che si trascinano in un’esistenza di mera speranza, vite che aspettano una rinascita migliore, che confidano in una reincarnazione che possa essere, per una volta, benevola, generosa, o quantomeno compassionevole.

Le case di legno di Manali, Himachal Pradesh
Nonostante questo tripudio di contraddizioni, e di ipocrisia, o forse proprio per questo, l’India esercita da sempre un ascendente magnetico verso chi ama conoscere e scoprire, a patto che abbia uno stomaco adeguatamente predisposto per “digerire i suoi piatti”.

La Jama Masjid (Moschea più grande dell’India), Old Delhi
La più grande democrazia del mondo annovera, tra un mare di disperati, una modesta colonia di persone ultra abbienti, ricchi da fare schifo, i quali si guardano bene dal considerare quella moltitudine di miserabili reietti dei loro simili, anche se la propria fortuna economica, e il potere sociale acquisito, si basano sull’assoggettamento psicologico, sull’ignoranza e sullo sfruttamento lavorativo di queste fasce della popolazione, ovviamente a paghe ridicole e senza le più elementari tutele, siano esse sindacali o di sicurezza.

Udaipur, Rajasthan
L’india è così: con i piedi nel fango della povertà e dell’indigenza diffusa, e la testa tra le stelle dell’escalation nucleare, in costante competizione con il vicino, e altrettanto controverso, Pakistan.

Al mercato, Pushkar, Rajasthan
Si può dire però, con velato cinismo, che non è questo il motivo principale per cui si dovrebbe decidere di fare un viaggio in questo Paese, per toccare con mano, per vedere con gli occhi, per annusare, la reale consistenza, lo splendore architettonico e i vortici olfattivi di questa terra cosi bella e al contempo così crudele, con se stessa e con i propri figli.

Chiesa portoghese, Anjuna, Goa
Figli che vivono sui marciapiedi a bordo strada, questuando qualche rupia e saziandosi dell’anidride carbonica di un traffico subumano, per volumi e per la totale mancanza di cognizioni basiche dello stare in strada, perché la parola buonsenso esula drammaticamente dalle loro capacità cognitive, evaporando nell’aria inquinata delle metropoli come un suono indistinguibile e senza significato.

Sacro e profano, Mysore, Karnataka
Così, per strada il caos diventa norma, consuetudine, o peggio, costume. Gli indiani non hanno certo istinti omicidi o autolesionistici: no, si affidano semplicemente a un pantheon di divinità che, a proprio dire, si preoccupa di vegliare sul loro agire da incoscienti.

Celebrazioni Hindu a Pahar Ganj, New Delhi
Certo gli indiani venerano centinaia di dei, deputati alla protezione di ogni azione, di ogni pensiero ma, se la matematica non è un’opinione ricordando il miliardo e passa di abitanti, per quanto potenti e vigili, può capitare che si perdano qualche devoto per strada: e succede con una certa frequenza, visto il numero di auto accartocciate, di camion capovolti e di moto ridotte a sogliole di lamiera.

Le maschere del Teatro Katakali, Kochi, Kerala
Però, se si dovesse applicare all’India la legge del contrappasso, ecco che ci troveremmo a dover rivalutare le parole di critica spietata fin qui profuse, dure ma veritiere. Possiamo ritenere esecrabile la loro visione delle cose, il loro approccio alla vita, ma difficilmente riusciremmo a spendere parole di diniego per quello che, nonostante la presunta arretratezza culturale (dal punto di vista di un occidentale) questo popolo è riuscito a creare nel corso della sua storia. E non si tratta solo di magnificare luoghi di fama planetaria, di ammirare a bocca aperta le stupefacenti opere architettoniche o le bellezze della natura.

Mamallapuram, Tamil Nadu
No, non è solo questo: è qualcosa che è sì opera dell’uomo, ma riguarda l’uomo stesso. E’ la capacità, quasi genetica, di fare fronte comune contro gli imprevisti della vita, di condividere le gioie, poche, così come i dolori, di far convivere in equilibrio dottrine mistiche di diversa estrazione e origine, di avvicinare gli uni agli altri a prescindere dall’appartenenza etnica, dal colore della pelle o dal taglio degli occhi. Ecco, questa è l’India: una terra di estremi, senza filtri ne trucchi, dura e dolce allo stesso tempo, bella e terribile, ma soprattutto imperfetta, come ogni essere umano.

Immagine del Dalai Lama, Monastero di Thiksey, Ladakh, Jammu & Kashmir
Note biografiche sull’autore
Negli ultimi trent’anni Donato Nicoletti ha accumulato una significativa esperienza come viaggiatore motociclista in tre continenti (Europa, Africa e Asia). Reporter, fotografo e redattore, opera in ambito giornalistico dal 2008. Dal 2013 opera anche come assistente di gruppi in motocicletta, viaggiando in Europa, Tunisia, Stati Uniti e India. E’ inoltre creatore e organizzatore del Travellers Camp, un happening sulla cultura dei viaggi in moto che si tiene ogni anno, dal 2014, sulle colline dell’Appennino parmense.
Lone Ride Around è il nome del progetto di viaggio realizzato da Donato Nicoletti che racconta su queste pagine la sua permeante cavalcata solitaria nel continente asiatico. Un’altro mezzo per viaggiare, la moto, un’altra prospettiva da cui vedere il mondo e se stessi, dopo quattordici mesi e oltre sessantamila chilometri percorsi.