3 Novembre 2020 By Giusy Baffi

LO SPAZIO IN EVOLUZIONE: L’ARCHITETTURA DECOSTRUTTIVISTA

All’opposto dell’architettura razionalista e rigorosa, il decostruttivismo è il movimento che caratterizza l’architettura moderna, attraverso una ricerca continua di forme e strutture libere, esasperate in spettacolari incrinature, decentramenti e dissimetrie, forme come espressione di una contemporaneità instabile.

Coop Himmelb(L)au – Paneum – Asten, Austria

Si viene così a creare un codice compositivo del tutto innovativo, che, grazie all’aiuto del computer e dei nuovi materiali tecnologicamente avanzati come acciaio, vetro e cemento, utilizza prospettive multiple per rappresentare un nuovo modo di vedere, trasformandosi così in un modello alternativo alle regole progettuali.

Daniel Libeskind – Padiglione Vanke – Expo 2015

L’architettura decostruttivista rimane di fatto l’ultima corrente culturale del ‘900, nata intorno agli anni ’80 del secolo scorso.

I massimi esponenti di questa architettura, pur con enormi differenze tra di loro, sono Frank O. Gehry, Daniel Libeskind, Rem Koolhaas, Zaha Hadid, Peter Eisenman, il gruppo Coop Himmelb(l)au e Bernard Tschumi.

Coop Himmelb(L)au – Musée des Confluences – Lyon –

Coop Himmelb(L)au – Ufa Cinema Center – Dresda – ©Duccio Malagamba

Frank O. Ghery – La casa danzante – Praga

Il manifesto della decostruzione architettonica è rappresentato dal lavoro di Bernard Tschumi con il progetto del Parc de la Villette a Parigi nel 1983.

Il nuovo parco nasce dalla sovrapposizione di tre strati, tre sistemi autonomi che evocano la teoria di Kandinsky su punto, linea e superficie: i punti rossi, chiamati Folies, sono formati da una serie di oggetti architettonici rivestiti in lamiera rossa, le linee sono i percorsi evidenziati da pensiline metalliche, che disegnano una trama per addentrarsi nel parco, le superfici sono ricavate dallo spazio rimanente dovuto all’intersezione dei diversi percorsi ed è costituito da aree di prato.

Bernard Tschumi – Parc de la Villette – Progetto

 

“L’architettura, credo, è necessaria per segnare la memoria collettiva.” Peter Eisenman

Le architetture di Peter Eisenman sono alla ricerca di nuovi itinerari creativi, di una nuova geometria della forma e dello spazio, di un’organicità intrinseca, con progetti unici ed irripetibili nella apparente casualità compositiva di una forma in divenire, sperimentando in modo visionario il rapporto tra forma, tecnologia e luce.

Peter Eisenman – Città della Cultura – Galizia 2011 – ©Courtesy of Eisenman Architects

Peter Eisenman – Città della Cultura – Galizia 2011 – ©Courtesy of Eisenman Architects

Peter Eisenman – Residenze Carlo Erba – Milano 2019 ©Courtesy of Eisenman Architects

 

Suo è il memoriale dell’Olocausto a Berlino, costruito con 2.711 lastre di cemento grigio di diverse altezze, disposte su un sito di 19.000 metri quadrati. Il memoriale è in leggera pendenza e la sua forma ondulata è diversa ovunque ci si trovi, dando la sensazione di “essere perso nello spazio nel tempo”.

Peter Eisenman – Memoriale dell’Olocausto – Berlino

 

Daniel Libeskind, altro architetto decostruttivista, è stato allievo di Eisenmann alla Cooper Union for the Advancement of Science and Art University di New York.

Ontario Museum – Chicago –

Il suo filo conduttore è la progettazione di un’architettura drammatica in rapporto con la Storia. L’effetto drammatico viene ottenuto con i suoi tagli trasversali, i piani inclinati, i percorsi a zig-zag.

Daniel Libeskind Museo Ebraico – esterno – Berlino

Per approfondire Daniel Libeskind si rimanda a: https://www.giusybaffi.com/daniel-libeskind-archistar-del-nostro-tempo/

Frank Ghery mette a punto un nuovo modo di progettare, scomponendo i volumi in forme irregolari attraverso un gioco complesso di compenetrazione fra di essi con spigoli e tagli, creando effetti plastici in un continuo gioco di pieni e di vuoti.

Frank O. Ghery – Walt Disney Concert Hall – Los Angeles

Altro elemento tipico del decostruttivismo è quello di interpretare l’architettura come un’organizzazione stratificata, Zaha Hadid è l’esempio più concreto di questa nuova concezione di stratificazione degli edifici;

Jokey Club – Hong Kong – 2014 – Zaha Hadid

Zaha Hadid gestisce l’architettura come un organismo complesso, leggibile attraverso  diversi strati interconnessi tra di loro e dando importanza all’irrazionalità; la sua è un’architettura frammentata, scomposta in vari elementi non ortogonali i cui spazi interni sono come svuotati, intervallati e interconnessi tra loro attraverso un sapiente uso di passerelle.

Galaxy Soho – Hong Kong – Zaha Hadid 2012

Le stesse linee sinuose con tagli verticali creano all’interno una serie di suggestioni visive, un’ispirazione a forme organiche e continue, dove una forma si evolve e si involve l’una nell’altra senza una cesura netta fra di esse.

Zaha Haid – Heydar Aliyev Center – Baku, Azerbaigian – (EPA/ROBERT GHEMENT)

 

Per approfondire Zaha Hadid si rimanda a: https://www.giusybaffi.com/zaha-hadid-un-linguaggio-architettonico-di-fluidita-e-natura/

Rem Koolhaas è l’architetto più razionalista del decostruttivismo, ma di lui se ne parlerà in maniera più dettagliata prossimamente.

Rem Koolhaas- Studio OMA – 121 east 22nd street New York ©OMA

 

Per approfondire parzialmente Rem Koolhaas e lo Studio OMA si rimanda a: https://www.giusybaffi.com/education-city-a-doha-quando-larchitettura-si-fonde-con-la-conoscenza/

In sintesi, i temi fondamentali del decostruttivismo sono le superfici esterne concepite come una pelle architettonica che si evolve senza cesure, l’uso interno di una spazialità continua, senza la frammentazione dei locali, la creazione di geometrie complesse in frammentazioni drammatiche, il tutto in una continua sperimentazione che va oltre qualsiasi regola ed una percezione plastica-scultorea i cui elementi riescono a diventare organici. In pratica, eliminando completamente la rigidità modernista si raggiunge, con l’architettura decostruttivista, una rappresentazione dinamica del concetto di movimento.

 

©Giusy Baffi 2020 – https://www.giusybaffi.com/

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Note biografiche sull’autrice:

Giusy Baffi si occupa di antiquariato con la qualifica di perito d’arte nell’ambito di arredi antichi, ha collaborato con diverse testate di settore scrivendo numerosi articoli inerenti l’antiquariato e con una sua rubrica mensile dal titolo “L’esperto risponde”. Il suo interesse è l’Arte a tutto tondo. Ha al suo attivo la pubblicazione di due libri.

La sua passione è la fotografia, ha vinto il concorso fotografico Unicredit/Corriere della Sera 2013, le sue foto sono state pubblicate su prestigiose riviste e quotidiani anche internazionali, sul libro “E poi la luce” edizioni Fioranna, su calendari animalisti e su alcuni siti professionali. Le sue foto sono state presentate ad una mostra personale e a diverse mostre fotografiche collettive nazionali, alla mostra itinerante “Come look my town” organizzata dal gruppo Archiminimal  che in 10 mesi ha toccato le più prestigiose piazze italiane, a mostre internazionali ad Amsterdam, Copenhagen, Berlino, Barcellona, Atene, Vienna, Belgrado, Lisbona, al MIA Photo Fair di Milano 2018 e al  MIA Photo Fair di MIlano 2019, MIA Photo Fair 2020 (attualmente sospesa). Sempre nel 2020 una sua foto è stata selezionata per la mostra Humans in Architecture del gruppo  Archiminimal a Roma è risultata finalista al Concorso Siena International Photo Awards 2020, terza classificata al Prix de la Photographie Paris 2020.

www.giusybaffi.com