Libere Divagazioni. Let it be, l’ultima dei Beatles
Libere Divagazioni di Luca Tizzi. L’ultimo album dei Beatles, quel “Let it be” che chiuse la loro avventura e fu pubblicato quarantasette anni e qualche giorno fa.
di Luca Tizzi
Diversi anni fa, vicino al Ponte Vecchio a Firenze, aprì un negozio di oggettistica un po’ particolare, Vendeva portapenne a forma di WC, tazze da colazione a forma di mucca e tutta questa chincaglieria che regaliamo a qualcuno convinti di essere spiritosi e che, nel giro di un paio di giorni, finisce in un una scatola nei garage. Fulgenzi si chiamava. Chiuse dopo dieci anni di attività e, quando gli chiesero il perché, rispose che era stata una cosa nuova, divertente, ma ora, che lo era di meno, non aveva senso restare aperti.
Nel 1957 a Liverpool nacque una “Boy band”, i Beatles. Qualcuno si arrabbierà a sentirla chiamare così ma, di fatto, il più grande di loro aveva diciassette anni e oggi la definiremmo così.
John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr i loro nomi; quell’anno nasceva una delle leggende della musica pop mondiale.
Ci hanno lasciato 186 canzoni e 600 milioni di dischi venduti, ancora oggi, a quaranta sette anni dal loro scioglimento, sono considerati i migliori artisti di tutti i tempi secondo la rivista Rolling Stone.

The Beatles
Dopo tredici anni di intensa attività anche loro si sono sciolti, non si divertivano più o, forse crescendo, si divertivano in maniera diversa l’uno dall’altro.
Parlare dei Beatles e dell’influenza che hanno avuto nella nostra società sarebbe per me difficile, e richiederebbe uno spazio maggiore di quello concesso in un blog, quindi parleremo brevemente del loro ultimo album, quel “Let it be” che chiuse la loro avventura e fu pubblicato quarantasette anni e qualche giorno fa.

Let it be, il disco
L’album, composto da 12 canzoni, contiene due pezzi molto significativi, “Get back e, appunto, “Let it be” .
La prima nasce come canzone contro il razzismo che allora imperava nel regno unito, la forte immigrazione dal Pakistan aveva creato notevoli tensioni sociali e il testo fu più volte modificato per cui, la versione ufficiale, parla di un tale Jojo che lascia la sua Arizona per un po’ di “erba” californiana e di una certa Loretta Martin che pensava di essere donna e invece era un altro uomo.
“Jojo was a man who thought he was a loner
But he knew it wouldn’t last.
Jojo left his home in Tucson, Arizona
For some California grass.
Get back, get back.
Get back to where you once belonged
Get back, get back.
Get back to where you once belonged.
Get back Jojo. Go home
Get back, get back.
Back to where you once belonged
Get back, get back.
Back to where you once belonged.
Get back Jo.
Sweet Loretta Martin thought she was a woman
But she was another man
All the girls around her say she’s got it coming
But she gets it while she can
Get back, get back.
Get back to where you once belonged
Get back, get back.
Get back to where you once belonged.
Get back Loretta. Go home
Get back, get back.
Get back to where you once belonged
Get back, get back.
Get back to where you once belonged.
Get back Loretta
Your mother’s waiting for you
Wearing her high-heel shoes
And her low-neck sweater
Get on home Loretta
Get back, get back.
Get back to where you once belonged”
La canzone li invitava a tornare sui loro passi, a ripensarci, “Get Back” appunto, in alcune versioni riportava frasi come la seguente:
Nel frattempo, qui in patria, troppi pakistani
vivono in case popolari.
Candidato Macmillian, dicci quale è il tuo piano,
perché non ci dici a che punto è
invitando, in versioni ancora più controverse, gli intrusi asiatici a tornarsene a casa loro, Vi ricorda qualcosa?
Una piccola curiosità, sembra che durante l’esecuzione del brano dal vivo, celebre l’esecuzione sul tetto della casa discografica “Apple”, Paul McCartney durante la strofa “Get back to where you once belonged” guardasse insistentemente Yoko Ono, la ragazza di John Lennon, ritenendola colpevole dei dissidi interni alla band.
La canzone chiude l’album lasciando aperta una ormai vana speranza di rappacificazione del gruppo.
“Let it be”, la canzone che da il titolo all’album, fu ritenuta una sorta di inno religioso per una presunta invocazione alla Vergine Maria:
“When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me”
in realtà Paul McCartney, l’autore del testo, rievoca la madre morta quando aveva solo quattordici anni e che spesso gli appariva in sogno, sua madre si chiamava Mary Mohin.
“When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be.
And in my hour of darkness
She is standing right in front of me
Speaking words of wisdom, let it be.
Let it be, let it be.
Whisper words of wisdom, let it be.
And when the broken hearted people
living in the world agree
There will be an answer, let it be.
For though they may be parted there is
Still a chance that they will see
There will be an answer, let it be.
Let it be, let it be. Yeah
There will be an answer, let it be.
And when the night is cloudy,
There is still a light that shines on me,
Shine on until tomorrow, let it be.
I wake up to the sound of music
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be.
Let it be, let it be.
There will be an answer, let it be.
Let it be, let it be,
Whisper words of wisdom, let it be.”
Quel “Amen” ripetitivo, “Così sia”, invita a non lasciarsi abbattere, a continuare a vivere perché le cose possono ferirci solo se ci lasciamo ferire, tutto passa, il domani ci sarà sempre.
Adesso ci starebbe bene un bel pistolotto sul “Panta rei”, sul destino dell’uomo e dell’umanità, sull’antropocentrismo e le conseguenze che ha avuto per il nostro pianeta, ve le risparmio, ascoltate la musica e riflettete, sempre e solo se volete.
Note biografiche sull’autore
Florentini natione non moribus – Luca Tizzi nasce a Firenze nel 1961, la abbandona dopo 30 anni e si trasferisce nel paese di origine dei genitori, sull’Appennino Tosco-Romagnolo in provincia di Forlì-Cesena. Percorso di studi arruffato, bancario per motivazioni alimentari ma senza convinzione, si interessa di Cinema, Musica, Fotografia, Arte, Fumetti e molto altro. Gli piace scrivere anche se dice di non esserne capace, gli piace fotografare perché non sa disegnare, ma anche in questo dice di riuscire poco bene. Sogno nel cassetto, diventare ricco scrivendo cose orribili che leggono in molti. libere Divagazioni è la rubrica di intrattenimento da lui condotta, nella quale scrive di musica e canzoni, ma anche di arte e libri e molto altro, con la spiccata caratteristica che lo contraddistingue di saper ricercare l’aspetto meno noto, la curiosità più stuzzicante, per regalarvi delle chicche molto appetitose.