25 Ottobre 2019 By Daniela Bonalume

Leda e il cigno. Il nuovo racconto breve di Daniela Luisa Bonalume

Leda e il cigno è il nuovo racconto breve di Daniela Luisa Bonalume per la raccolta “Suggestive evasioni”.

di Daniela Luisa Bonalume

“Tarocchi e coda di lucertola cotta nella minestra, notte d’amore infuocata, e vai.”

Il pacchetto era arrivato, finalmente! L’omino del corriere aveva appena citofonato. Leda gli disse di salire fino alla porta d’ingresso del piano. Quando lei gli aprì, il ragazzo ne comprese il motivo. La donna indossava una vestaglia rosa di voile con piume di struzzo in tinta, così come le pantofole ai piedi: una nuvola rosata profanata dalla sua voce che, strappandogli il pacco dalle mani, gracchiava: – Dammi qua, coso! E’ da stamattina che t’aspetto. –

Lui la guardò negli occhi e una improvvisa scossa di disgusto lo attraversò come se avesse afferrato con le mani una saetta di Zeus. La donna aveva una bocca palesemente storta, formata da due labbra sottili schiacciate da una dentatura rada e sporgente.  I due piccolissimi occhi, con lo sguardo appuntito e convergente, gli imposero una fuga repentina dopo la firma per ricevuta. Lei sbatté la porta dietro di sé e lui si precipitò per le scale senza neppure aspettare l’eventuale mancia.

Leda si avviò trascinando le ciabatte verso la sua camera da letto impaziente di aprire il pacco. Afferrò una parte del contenuto e, tenendolo con le dita come si fa con la coda di un topo, passò in cucina. Prese una tazza da consommé, vi depose l’oggetto, lo coprì con l’acqua dal rubinetto e perfezionò il tutto con una goccia di olio essenziale alla cannella.

Soddisfatta della sua creazione, si sedette sul divano posando la tazza sul tavolino del salotto. Ora doveva solo aspettare. Non attese molto, il citofono suonò ancora. Lei si diresse verso l’apparecchio e, una volta avuta assicurazione sull’identità dell’ospite, premette il pulsante apri-porta ed aprì l’ingresso della sua dimora. La visitatrice, in perfetto orario, alle 10 e un quarto, arrivò completamente camuffata da un montgomery verde militare col cappuccio calcato in testa, si accomodò nell’ingresso e tolse il cappotto. Leda la spinse in una stanzetta dove una luce fioca ed una piccola bacinella con un’essenza aromatica speziata creavano un’atmosfera fumosa ed esoterica.

Leda recuperò la tazza con il suo contenuto e si affrettò appresso alla visitatrice. La fece accomodare sulla sedia difronte a lei. Tra le due un tavolino con un paio di candele, una sfera di cristallo fumé ed un mazzo di carte. L’avventrice scoppiò in lacrime. Leda la confortò iniziando a mischiare i tarocchi. Si fecero tutti i giochi ed alla fine, dulcis in fundo, la padrona di casa estrasse dal cassettino un minuscolo contenitore in vetro, tagliò una esigua porzione del contenuto della tazza e la fece cadere all’interno dell’ampolla, chiudendola a pressione con un tappo di sughero.

-Tieni, Alfonsina. Questo è quello che dovrai far bollire nella minestra di Carmelo. E’ meglio che tu glielo prepari questa sera perché durante il sonno farà il suo effetto, e domani mattina lui non si ricorderà neppure più di aver conosciuto quell’altra. Tornerà ad essere il marito che era, però dopo dovrai spomparlo con una notte d’amore come non ti è mai capitato prima. –

Alfonsina prese la sua pozione a base di coda di lucertola della foresta amazzonica bagnata dalla pioggia del plenilunio in un ossimoro meteorologico. Pagò i suoi 100 euro cash e se ne andò saltellando. Leda prese i soldi e li nascose in una placca vuota dell’impianto elettrico. Dieci minuti più tardi, riecco il citofono. Stessa storia. Questa volta, la donna era ancora più disperata. Si mise a piangere ancora sulla porta. Il rituale si ripeté anche con lei. Tarocchi e coda di lucertola cotta nella minestra, notte d’amore infuocata, e vai.

Dopo dieci minuti avanti un’altra, fino a che della coda non rimase solo l’acqua con l’olio di cannella. Nella cavità dell’impianto elettrico, i biglietti da 100 euro iniziavano a stare stretti.

La soddisfazione di Leda era palese, nel pomeriggio aprì il suo esercizio verso le 15 e, finché il marito non fosse tornato, l’andirivieni di cuori infranti rendeva quella casa più frequentata di un ambulatorio del servizio sanitario nazionale. Questo viavai terminava solamente quando erano esaurite le cosiddette code di lucertola provenienti dalla foresta amazzonica. Quando contavano i bigliettoni, le labbra di Leda si facevano ancora più sottili nel ghigno. A fine giornata, il gruzzolo era sempre voluminoso.

Il marito era strafelice di sapere che le pozioni della consorte riscuotevano un grande successo. Ogni mattina, prima di recarsi nella banca presso la quale lavorava, prendeva il rotolo di banconote con sé per depositare la somma sul conto comune. Quando lui avrebbe raggiunto l’anzianità di servizio necessaria per la pensione, si sarebbero trasferiti a Santo Domingo ed avrebbero passato la loro vecchiaia nel tepore dei Caraibi. La coppia sognava questo momento e Leda si dava da fare come una matta nell’inventare ricette miracolose citando animali fantastici i cui organi avrebbero agito sulla volontà degli ignari destinatari attraverso le azioni messe in atto dalle illuse.

Quando erano a letto, i due coniugi felici, sghignazzavano beceramente sulla buonafede e sull’ingenuità di quelle poverette che ricorrevano agli incantesimi per sanare una situazione sentimentale che ritenevano compromessa, e che magari non lo era. Poteva essere solo un po’ stanca o routinaria e, con la notte d’amore infuocata, si ristabilivano spesso gli equilibri di coppia. I tarocchi calcavano la mano sull’inesistente adulterio e la cartomante faceva il resto. Così, negli ultimi sette anni, a suon di 100 euro a botta, il “Fondo del Santo” avrebbe garantito un pacifico e paradisiaco ritiro sulle miti coste marine.

Tutto prese una piega diversa la sera dell’anniversario del loro matrimonio. Quel giorno Leda non aveva lavorato, era stata dal parrucchiere e dall’estetista. Lui era uscito col solito rotolo in tasca e lei aveva prenotato un ristorante stellato. All’ora di cena lei si era piazzata davanti alla porta d’ingresso pronta per uscire non appena il suo amato avesse citofonato. Lì in piedi ci rimase un po’ poi iniziò a telefonare ad un numero irraggiungibile. Disperata si recò alla Polizia denunciando la scomparsa del marito. Iniziarono le inutili ricerche negli ospedali.

Leda passò la notte al commissariato. Il giorno seguente si recò in banca sperando di trovarlo là, ma niente. Le venne in mente di chiedere l’estratto del deposito. Scoprì che il conto era stato svuotato ed il marito era ormai pensionato da oltre due anni.

Non le restava che tornare a casa e farsi i tarocchi, e magari ingurgitare tutte le code di lucertola rimaste. Non si sa mai!


Note biografiche sull’autrice

Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.


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