Le due facce della bellezza nell’arte: dell‘arte greca e di Lucian Freud
ArteVitae pone oggi l’accento sull’eterno confronto tra la bellezza dell’arte greca e quella dell’arte contemporanea, lo fa avvalendosi dell’analisi del pensiero di Lucian Freud , massimo esponente del ritrattismo contemporaneo .
Di Cristiana Zamboni
Gli artisti contemporanei cercano di stravolgere il concetto classico di bellezza come fattore estetico umano relegato a formule algebriche, senza rendersi conto che la finalità della loro espressione è molto simile. Rappresentare l’essere umano nella sua totalità così da poter essere conosciuto a fondo, esteriormente ed interiormente, nelle sue fragilità e nella sua immensa forza.
Entrambe usano la figura umana, la modificano, la esaltano, la distruggono ma con l’unica finalità di rappresentarla nel suo massimo splendore ed unicità. Il massimo ritrattista della fragilità umana, Lucian Freud, ci aiuta a comprendere come questo scontro, in realtà, è un’incontro atto a raccontarci e comprenderci a fondo.
L’arte rappresenta ciò che siamo. Da sempre cerca di comunicarci ciò che siamo stati ed è alla ricerca di ciò che saremo. Esseri incapaci di rapportarci con il mondo esterno, con noi stessi e con la realtà di ciò che siamo. Anelanti eterni alla perfezione esteriore in lotta con la fragilità interiore che ci contraddistingue. L’unica vera certezza che ho sull’arte è che serve a comprendere che siamo vivi.
„Non avrei mai potuto mettere nulla che in realtà non fosse lì davanti a me. Sarebbe stata una bugia inutile“
Lucian Freud
In tutta la storia dell’arte l’uomo, in qualche modo, ha voluto lasciare il segno del proprio passaggio e del proprio pensiero. Chi in modo chiaro e chi, come per l’arte contemporanea, solo per gli eletti che riusciranno ad interpretarne il messaggio.
Al liceo ho compreso che l’arte ha svariate forme di linguaggio e di comunicazione. Se partiamo dai primitivi con i loro graffiti, è comprensibile che il disegno nasce come forma di lascito ai posteri .
Sono sempre partita da questo presupposto per osservarla. Come se, osservare un’opera d’arte, fosse leggere un libro di storia, solo un pochino più particolareggiato e stimolante per la fantasia.
Della forza comunicativa dell‘arte due sono le forme di linguaggio che trovo travolgenti ed esplicative, semplici e di facile comprensione. Quella classica dell’antica Grecia, volta a rappresentare il bello e la perfezione dell’essere umano esteriore. E quella di Lucian Freud, volta a rappresentare la bellezza della fragilità umana, dell’imperfezione, della paura e del declino interiore dato dalla ricerca della perfezione nel vivere.

Lucian Freud
1952
Due facce della stessa natura. La sublimazione di ciò che si può essere ed il non nascondere ciò che in realtà si è. Coi greci il lessico usato nelle rappresentazioni artistiche era semplice ed immediato, rivolto alla ricerca della superiorità umana ed alla perfezione, come a rappresentare la verosomiglianza con degli dei invisibili. Come a spingerlo a raggiungere la perfezione di chi l’ha creato.
Ricercavano ciò che era bello, volevano mostrare a chi non aveva occhi per vedere, che erano superiori a ciò che nel vivere erano. Forti, intelligenti, capaci di qualsiasi abilità bellica. Corpi perfetti, scolpiti e costruiti secondo canoni estetici ben definiti. Come se si potesse ridurre la potenza e la bellezza umana a formule matematiche.
Amo questo tipo d’arte, mi fa sentire parte di una creazione meravigliosa in cui tutto è possibile, ma solo esteriormente. Ed ambire a tutto ciò è umanamente impossibile.

Lucian Freud
1991-1992
In alcuni periodi storici, osservare un’opera d’arte, valeva più che leggere libri. Se pensiamo al Caravaggio, pur eseguendo commissioni ecclesiastiche le sue opere, il suo disdegno per l’uomo e per quel periodo chiuso e buio si legge chiaramente. Ha un profondo spirito primitivo e comunicativo dell’intenzione dell’arte. Spirito che, preparando la mia tesi alla maturità sulla contraddizione della natura umana nelle espressioni artistiche della storia dell’arte, ho scoperto in Lucian Freud.
Immagino che passare dalla „Venere di Milo“ alla „Ragazza nuda che dorme“ possa lasciare perplessi. Non vi si trova similitudine fra le due opere, se non per il soggetto. Platone scrisse „L’anima se sta smarrita per la stranezza della sua condizione, anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede bellezza“
E qui vi trovo lo spirito artistico di Lucian Freud, che nella “Ragazza nuda che dorme“ potrebbe ricordare la distruzione della „Venere di Milo“, ma, credo ne sia solo l’evoluzione sociale del soggetto.
Prendendo queste due opere, lasciando da parte i secoli passati nel frattempo, l’evoluzione umana sociale appare chiara. La ricerca continua e spasmodica della perfezione e l’avvicinarsi a qualcosa di superiore può portare ad una lenta distruzione interiore che si riflette nella sua esteriorità.
Lotte psicologiche che implodono ed, inevitabilmente, portano ad una solitudine dell‘“IO“ ed una deformazione fisica dovuta al dolore della consapevolezza. Incapace di rapportarsi con il mondo esterno, con se stessi e con la realtà di ciò che si è. Soprattutto in una seconda metà del novecento distrutta dalla guerra.

Il pittore ritratto nel suo studio
L’ossessione di Lucian Freud, pittore e nipote del “padre” della psicanalisi Sigmund Freud, per la perfezione artistica che rappresenta il corpo e la mente umana, soprattutto nella cura dei particolari, non deriva dalla ricerca della bellezza esteriore, ma dalla bellezza interiore.
La bellezza dei turbamenti tipici dell’animo, soprattutto femminile che le rendono uniche e particolari. Come se la bellezza sia nel vivere la fragilità ed il coraggio della condizione umana. Superiori a qualsiasi Dio.

Lucian Freud
1988
I suoi quadri possono sconvolgere per la nuda brutalità, per la tristezza e la fragilità. Ma altro non sono che la verità di ciò che siamo. Imperfetti nella perfezione rappresentativa della sua arte.

Lucian Freud
1951-1952
Esalta, in qualsiasi persona ritratta, l’inquietudine delle emozioni e delle sue ansie. Che poi sono la bellezza vera dell’uomo. Un mondo interiore infinito, incomprensibile e misterioso, sempre diverso e bello per questo suo essere incontrollabile.
Al di là di ogni emozione che possa provare un qualsiasi Dio rincorso dai greci. L’arte è una forma di comunicazione che è stata creata dall’uomo per lasciare un segno di sé e del suo passaggio singolo e comunitario.

Lucian Freud
L’unica vera certezza che ho sull’arte è che serve a comprendere che siamo „vivi“. Dentro e fuori, avvolti dalla bellezza della nostra carnalità e fragilità. Siamo parte di un disegno meraviglioso che ci ricorda che ci siamo, ci siamo stati e ci saremo, indipendentemente da come ci vediamo e rappresentiamo. Indipendentemente dalla ricerca interiore od esteriore che viviamo nel nostro passaggio. Carichi solo della bellezza del nostro essere fragili ed imperfetti nell’idea dell’eterna perfezione di un calcolo matematico.
Alcune opere tra le più espressive di Lucian Freud