La Maginot, una fortificazione inutile
Il fascino della Ligne Maginot è vivo ancora oggi, nonostante sia stata un’opera di difesa militare tra le più costose e inutili mai costruite. Dopo la Prima Guerra Mondiale avrebbe dovuto arrestare qualsiasi invasione del suolo di Francia da oriente. La Storia, invece, andò in un’altra direzione.
di Francesco Galletta
La prima volta che lessi della Maginot, mi colpì un dato a prima vista secondario: uno dei suoi ideatori era stato un burocrate, non un capo di stato o un re; né un imperatore. Andrè Maginot (1877-1932) cui l’opera è dedicata, divenne, infatti, Ministro della Difesa del governo francese dal 1929 al 1931. L’anno dopo era già morto, ma fece in tempo a iniziare la costruzione della parte più cospicua della Ligne.
Ovviamente Maginot fu egli stesso una singola ruota di un meccanismo ben più ampio, comprensivo del Governo e delle alte gerarchie militari, che nella costruzione di quella fortificazione difensiva così elaborata trovarono evidentemente una loro ragion d’essere e di avere, oltre che d’apparire.
In effetti, la Ligne Maginot si auto referenziò abbastanza sin dall’inizio, anzi a dire il vero si specchia molto in se stessa persino ai tempi nostri, trasformata in alcune sue parti in attrazione turistica, come si rileva dai siti web dedicati e dal numero di appassionati che continuano a studiarne la storia.
Costruita quasi interamente sottoterra, in gran parte tra il 1930 e il 1940, soprattutto lungo i confini con la Germania, la Ligne si rivelò uno dei più grandi errori militari della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante l’altissimo costo e l’ottima progettazione ed esecuzione, non ebbe alcun ruolo decisivo nel conflitto.
Il peccato originale della fortificazione stava proprio nella concezione; era stata elaborata, infatti, come una linea continua, costituita da diverse Ouvrages in successione (le Opere) che, pur collegate, rappresentavano una posizione senza profondità, buona solo per un’azione di difesa contro gli attacchi frontali, sull’esperienza della Grande Guerra.
Sebbene fosse una barriera autosufficiente e interconnessa, la Ligne fu in realtà un’enorme “tana di volpe” che bloccò all’interno un numero enorme di soldati, impedendone la disposizione sul campo secondo le emergenti, ma ignorate, esigenze di un esercito di movimento.
I francesi, si sa, non perdono mai; male che vada, dicono di aver pareggiato. La Ligne fu quindi l’orgoglio di Francia ma, in verità, è uno degli esempi più clamorosi di fortificazione rivelatasi inutile, perché costruita fuori epoca, già superata dalla velocissima evoluzione degli armamenti e dal loro nuovo impiego tattico.
I progettisti non avevano considerato, infatti – tra l’altro – lo sviluppo e l’importanza dell’aviazione e quindi la possibilità del bombardamento in picchiata o dell’aviotrasporto di truppe oltre le posizioni di difesa, o ancora l’utilizzo tattico del carro armato.
Infine, la Ligne si arrestava a Montmedy, all’inizio dei confini con il Belgio, lasciando in concreto senza difese tutta l’area parigina fino al mare.
Ovviamente il governo francese aveva in programma il prolungamento e il raddoppio della Maginot, sia per difendere la capitale, sia per non tenere sguarnite parti del confine ma, senza tralasciare i costi immensi, se calcolati su quelli già sostenuti, ciò avrebbe causato il totale sotterramento dell’esercito.
Alcuni dati riguardanti la Grand Ouvrage Hackenberg (Opera dell’Hackenberg), una delle postazioni più conosciute e munite della Maginot, collocata nel settore fortificato di Boulay, dipartimento Mosella, proprio sul crinale da cui prendeva il nome (343 m slm), ci danno l’idea di come fosse costruita, più in generale, tutta la Ligne.
L’Hackenberg si sviluppava in diciannove blocchi collegati da quasi 10 km di gallerie – di cui tre in rotaia – che ospitarono, al loro massimo, 1.041 effettivi tra ufficiali, sottufficiali e soldati di Fanteria, Artiglieria, Genio e Servizio di Sanità.
All’interno, oltre alle postazioni delle truppe e ai depositi di armi, munizioni e provviste, c’erano reti di trasmissione telefonica e telegrafica, gallerie, ascensori, impianti di ventilazione, cabine ad alta tensione, celle frigorifere e cisterne per l’acqua, motori diesel e serbatoi per la nafta.
Come in tutta la Ligne, all’esterno dell’Hackenberg si vedevano solo le postazioni di tiro a corta e lunga gittata, poste dentro casematte, torrette corazzate a campana e a scomparsa – difese da doppi reticolati – e gli osservatori muniti di periscopio.
L’Opera poteva contare su tre mesi di autonomia assoluta e il suo costo, al valore monetario del 1935, fu di circa centosettantadue milioni di franchi.
Tutta la Ligne costò, nel complesso della durata della costruzione, almeno cinque miliardi di franchi! Ho evitato di calcolare quanto farebbe al cambio attuale.
All’inizio delle ostilità con la Germania nell’ottobre del 1939, lungo i confini franco-tedeschi da Basilea a Sedan, dentro la Maginot erano dislocate ventiquattro divisioni; altre dette d’intervallo dovevano essere sistemate nello spazio tra due Opere contigue, in modo da coprire tutta la difesa.
Lo Stato Maggiore francese ignorò la lezione del blitz-krieg (guerra lampo) data in Polonia dalla Wehrmacht dove, grazie all’avanzata dei mezzi corazzati delle Panzerdivisionen, coperti dagli attacchi dei bombardieri leggeri in picchiata Stukas, le ostilità erano terminate diciannove giorni dopo il 1° settembre 1939, con la totale disfatta dei polacchi. I francesi, forse per non smentire la Maginot, rimasero invece in posizione.
L’attacco alla Francia partì il 10 maggio 1940, dopo l’invasione della Norvegia e la stabilizzazione, nei mesi precedenti, della guerra marittima. Lasciati i francesi in posizione per tutto l’inverno, la Wehrmacht in soli otto giorni attaccò il Belgio e l’Olanda – nazioni in quel momento neutrali – saltò i canali, trasportò i soldati oltre le linee e bombardò le posizioni nemiche con gli Stukas.
Fingendo l’aggiramento della Maginot, sfondò invece al centro, puntando le divisioni corazzate verso le Ardenne, in attuazione del Piano Sedan.
Il resto è noto: mentre la maggior parte dell’esercito francese è nella Ligne, le Armate del Nord saranno circondate a Dunkerque, insieme agli inglesi accorsi in aiuto. Il 25 giugno, neanche due mesi dopo l’attacco, le ostilità cessarono. l’Hackenberg aveva sparato poco più di 12.000 colpi, subendo la perdita di due soldati e il ferimento grave di altri sei. Dunkerque, in seguito, sarà evacuata; la Francia, invece, è al collasso.
La Maginot è intatta.
Note biografiche sull’autore
Francesco Galletta (Messina, 1965), architetto, grafico. Titolare di Tecniche Grafiche alle scuole superiori; laureato con una tesi di restauro urbano, è stato assistente tutor alla facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria per Storia dell’Urbanistica e Storia dell’Architettura Moderna. Dottore di Ricerca alla facoltà di Ingegneria di Messina, in rappresentazione, con una tesi dal titolo: “L’Immaginario pittorico di Antonello”. Con l’architetto Franco Sondrio ha rilevato, per la prima volta, la costruzione prospettica e la geometria modulare dell’Annunciazione di Antonello. La ricerca, presentata in convegni nazionali e internazionali, è pubblicata in libri di diversi autori, compresa la monografia sul restauro del dipinto. Sempre con Franco Sondrio ha studiato l’ordine architettonico dell’ex abbazia di San Placido Calonerò nell’ambito del restauro in corso e scoperto a Messina un complesso architettonico della metà del ‘500, collegato al viaggio in Sicilia del 1823 dell’architetto francese Jaques Ignace Hittorff.
Per Artevitae Francesco Gallettà scrive nelle sezioni Architettura e Design, Arte e Cinema
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