31 Ottobre 2018 By Ale Bettoni

La fotografia di Paolo Dalprato

A tu per tu con Paolo Dalprato, ospite su ArteVitae nello spazio dedicato agli autori. C’è qualcosa di profondo, molto intimo e personale nella sua fotografia. Ecco cosa ci ha raccontato.

di Alessandra Bettoni

C’è qualcosa di profondo, molto intimo e personale nella fotografia di Paolo Dalprato, nostro ospite oggi, qui su ArteVitae, nello spazio dedicato agli autori.

Immagini che vado a prendere dentro di me. PD

Paolo Dalprato

La sua passione per la fotografia ha radici lontane e risale ai tempi della scuola quando stampava in bianco e nero in una camera oscura gestita con due amici del liceo, appassionati anche loro di fotografia. Un percorso quello di Paolo che almeno per la prima fase definirei “tradizionale”, un percorso che passa dall’emozione provata ogni volta che l’immagine cominciava a formarsi sul foglio a bagno nella soluzione di sviluppo, per approdare successivamente alle diapositive.

….. e poi col tempo la passione si era affievolita.

La cosa che trovo straordinaria nella storia di Paolo è la capacità di rigenerarsi, quella di rinascere come una moderna “Fenice”, iniziando un nuovo percorso personale e professionale, favorito dall’avvento della fotografia digitale e delle nuove tecniche di post-produzione dell’immagine che hanno in lui stimolato una rinata passione ed una nuova, fervida creatività.

Paolo nasce a Lecco nel 1958, ha una laurea in Fisica e fino a qualche anno fa era dipendente di una grande multinazionale delle telecomunicazioni che ora non esiste più. La perdita del lavoro lo induce a dover ripensare la sua vita professionale ed è allora che matura la decisione di cambiare radicalmente e diventare fotografo professionista. Con l’avvento del digitale la passione per la fotografia era ritornata così intensa, tanto da poterne fare un mestiere.

Per me il lavoro al computer è come scattare una seconda volta, ed è un’immagine che vado a prendere dentro di me. Nelle foto che faccio c’è molto di me e molto del mio elucubrare, cosa diversa dallo stato d’animo dl un momento. PD

AB: Dalla professione agli interessi personali passando attraverso le grandi passioni. Quanto hanno influito la tua formazione e professione nello sviluppo delle tue passioni artistiche?

PD: La mia è una formazione scientifica e ho avuto la possibilità di frequentare laboratori di sviluppo, questo mi è certo stato utile quando ho iniziato la serie sul metallo. L’idea di guardare il metallo industriale, come chiamo i miei soggetti di questa serie, cercandone la bellezza non voluta da chi li ha progettati che pur tuttavia esiste, si nutre anche della curiosità e dell’interesse alla base di quella mia parte di formazione e di storia. In ambito lavorativo mi sono occupato anche di CAD, questo mi ha facilitato nell’imparare ad usare i programmi di post-produzione. Interessi che mi hanno influenzato? Certamente la fantascienza e l’astronomia. Me ne accorgo quando gioco con le suggestioni nella serie del metallo, le immagini che cerco di suggerire hanno spesso a che fare con questi argomenti e mi ritrovo a pensare ad immagini spaziali.

Serie Metallo ©Paolo Dalprato

AB: Oggi sei un fotografo professionista, ma come hai cominciato? Da dove arriva questa passione? Quale è stato l’evento che ha scatenato in te la voglia di misurarti con la fotografia? Quando è successo?

PD: La necessità di trovare un nuovo lavoro ha avuto un ruolo importante nella scelta poi maturata, ma ha contato anche il senso della sfida, volevo dimostrare che potevo fare qualcosa di mio. Non è stato facile all’epoca, mi sono trovato con tre anni di mobilità ed ho deciso di usare il primo per capire se davvero potevo fare questo salto. Mi sono guardato intorno, ho letto, ascoltato, guardato, ho cercato di capire cosa poteva voler dire essere un fotografo professionista ed alla fine di quel primo anno ho deciso, chiudendo in anticipo la mobilità, di iniziare questa nuova vita. A dire il vero la decisione è arrivata abbastanza velocemente, mi è servito più tempo invece per capire cosa volesse dire fare della fotografia un lavoro e soprattutto cosa comportasse essere un libero professionista. Fino a quel momento ero sempre stato un dipendente ed è stato come scoprire un mondo completamente diverso, un mondo che non ho ancora finito di conoscere. Dicevo prima del senso della sfida, per me questo è certamente un lavoro ma è anche qualcosa in cui metto molto di mio, anzi mi metto in gioco mostrandomi attraverso le mie foto.

AB: Sei un fotografo eclettico che si applica in diversi generi, dall’architettura ai ritratti, fotografi anche i luoghi e le persone della musica usando sia il colore che il bianco e nero. Qual è il tuo approccio alla fotografia? E’ forse possibile identificare un tratto distintivo che accomuna tutto il tuo lavoro?

PD: A mio avviso nella relazione fra un fotografo ed un suo soggetto c’è sempre un processo di trasformazione del soggetto, che da essere qualcosa di oggettivamente riconoscibile diventa altro, definito dal fotografo attraverso la sua visione. Ed è in questo modo che il fotografo se ne appropria.

METAMORFOSI è il recentissimo progetto di Paolo che dà il titolo anche alla mostra esposta a Monza presso Caprotti Luce ed inaugurata lo scorso 18 Ottobre. Il titolo credo spieghi già in larga parte il lavoro e fa riferimento proprio a questo processo di appropriazione che coinvolge il fotografo nella sua fase più creativa.

PD: Ho portato tre soggetti, la serie delle onde, quella del metallo e quella nuova delle proiezioni. soggetti diversissimi fra loro ma tenuti insieme da qualcosa che spero si avverta. Ecco, credo che sia lo stile personale a tenere insieme soggetti diversi nell’avventura di ogni autore e spero che questo si avverta nelle 15 stampe esposte.

Metamorfosi ©Paolo Dalprato

AB: La fotografia d’architettura è uno dei tuoi cavalli di battaglia ed è quella che ci ha fatto “incontrare” all’interno del Gruppo social ArchiMinimal Photography. Nel periodo più recente poi hai condiviso alcune immagini particolari, delle vere e proprie astrazioni che elaborano gli elementi architettonici, ricreandoli con visioni e forme sempre diverse. E’ la tua ultima passione, Tiny Planet World. Queste “distorsioni urbane” appartengono ad un progetto che racchiude sperimentazione, novità e molto estro creativo. Vuoi parlarcene?

PD: Questo progetto mi sta prendendo molto anche se è iniziato un po’ per gioco. Negli ultimi mesi per lavoro ho iniziato ad interessarmi alle foto panoramiche a 360° e ai tour virtuali ed ho fatto anche qualche “tiny planet”. Si tratta di quelle immagini ottenute partendo da foto panoramiche che si trovano a migliaia su social come Instagram, esistono anche diverse app per smartphone che le generano automaticamente, il che ha portato alla proliferazione di immagini molto simili se non quasi uguali. Finita quasi subito la fase del divertimento, ho abbandonato le app e sono entrato nella fase del “cosa succede se…” iniziando a lavorare sulle foto di partenza e simulando distorsioni e proiezioni varie. Mentre facevo queste prove, cercavo anche di capire cosa volesse dire per me questo lavoro. Nel procedere ho cambiato più volte il nome del progetto, sono partito con TINY PLANET, poi sono passato a DISTORSIONI URBANE ma ora trovo che il titolo della mostra, METAMORFOSI, descriva bene il processo. In fondo è proprio come per quegli esseri che hanno forme diverse in fasi diverse della loro vita – l’esempio più immediato è quello del bruco che diventa farfalla. Io faccio la stessa cosa, prendo un’immagine che rappresenta un certo soggetto riconoscibile e la trasformo in un’altra, completamente diversa. 

Metamorfosi – Distorsioni Urbane ©Paolo Dalprato

Le immagini della serie hanno una connotazione estetica molto particolare. Il punto di partenza ed il processo di trasformazione a cui è sottoposto perdono rilevanza a favore della creatività e della visione personale che prepotentemente emergono. L’osservatore risulta attratto da queste immagini pulite, graficamente curate, belle ed originali, riconducibili ad un progetto puramente artistico, una ricerca sulle forme e sulla composizione, con qualche sconfinamento nel campo delle suggestioni.

AB: Ho letto di un tuo progetto sulla nuova Milano ed il suo cielo. Un progetto volto a raccontare il cambiamento di una città che punta anche sullo sviluppo verticale. Non si tratta di un lavoro puramente documentaristico. Come lo hai affrontato dal punto di vista stilistico?

PD: La nuova Milano mi attira, mi trasmette una sensazione di energia positiva, e mi piace scoprire nuovi spazi quando vengono aperti al pubblico, cerco di farli diventare un poco anche miei. Apprezzo in modo particolare lo slancio verso l’alto, è come se la città avesse improvvisamente scoperto una nuova direzione verso cui espandersi. La serie è cominciata quando ho cominciato a pensare a paesaggi verticali con il cielo coprotagonista, visto come punto di arrivo di un ipotetico percorso lungo una dimensione non molto frequentata. Come titolo della serie avevo scelto “Il cielo sopra…” e trovo che ne rispecchi ancora lo spirito.

Serie Il cielo sopra ©Paolo Dalprato

AB: Sei anche fotografo musicale, nel 2015 la Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, importante istituzione musicale milanese per la quale tra l’altro all’epoca lavoravi, ha prodotto una tua mostra di ritratti degli artisti e degli ospiti della Fondazione. Cosa vuoi fare emergere quando fotografi i musicisti?

PD: La mostra, non solo prodotta ma anche proposta dalla Fondazione, voleva rendere omaggio ai musicisti che si esibiscono sul palco dell’Auditorium, raccontati da un fotografo che sapesse cogliere l’essenza dei singoli artisti. Quando fotografo un musicista cerco di individuare ed esaltare il rapporto con il suo strumento, cercando di raccontarli come se fossero un unico essere mitologico, in parte di carne ed in parte di legno o metallo e questo vale sia quando fotografo musica classica che jazz, altro genere che ho seguito in passato.

Serie Musicisti ©Paolo Dalprato

AB: Di quali strumenti ti avvali nella tua produzione fotografica?

PD: Per la post-produzione prediligo software open source, uso RawTherapee e GIMP, perché ritengo possano soddisfare le necessità di un professionista. Per l’hardware, ho corpi macchina Canon e Sony, come obbiettivi soprattutto Sigma. Un obbiettivo che uso molto e che quasi amo è il Sigma 120- 300, l’ho preso per fare ritratti in teatro e ne sono molto soddisfatto, da lontano mi permette di isolare la persona separandola dal resto del gruppo, da vicino mi permette di isolare il dettaglio che ritengo significativo. Mi trovo bene anche ad usare le action cam che trovo interessanti per la possibilità di piazzarle quasi ovunque per le loro dimensioni ridotte.

AB: Hai nel breve periodo dei progetti fotografici di cui ti stai occupando o che vorresti mettere a punto?

PD: Il 2018 è stato ed è un anno intenso di progetti, ho iniziato a fare food partecipando anche a FOODGRAPHIA 2018, ho studiato la fotografia 3D e ora sto sviluppando due argomenti a cui tengo molto. Uno lo conoscete già, è il progetto artistico delle forme geometriche di cui abbiamo già parlato, l’altro è più commerciale ed è quello relativo ai tour virtuali multimediali che considero fare parte del mondo della fotografia perché ritengo che le panoramiche a 360° siano foto a tutti gli effetti. Mi manca un vero ragionamento sulla fotografia con lo smartphone, prima o poi mi ci metterò.

Serie Food ©Paolo Dalprato

AB: Siamo in conclusione Paolo e prima di passare ai saluti finali vorrei chiederti cosa ti sentiresti di suggerire a coloro che vogliono approcciare la fotografia professionale? Cosa ti ha insegnato la tua esperienza?

PD: La domanda che si dovrebbe porre chiunque inizi è “chi voglio che siano i miei clienti?” La mia esperienza e la mia seppur parziale comprensione del mondo professionale mi hanno insegnato che un singolo fotografo, libero professionista non può e non deve competere sui prezzi. Chi ti sceglie perché costi poco cambierà subito appena troverà un fotografo a prezzi inferiori. Credo invece che funzioni sviluppare un proprio stile personale, quel qualcosa che ti rende diverso dagli altri e che i potenziali clienti ricercano. Il prezzo non dovrebbe essere l’unico tratto distintivo, il mercato è pieno di fotografi bravi e bravissimi, lo stile personale può davvero fare la differenza. Ci tengo anche a specificare che i concorrenti più insidiosi non sono gli altri fotografi professionisti, bensì coloro che fanno della fotografia un secondo lavoro, una fonte di entrate spesso non tracciabili, con la complicità di clienti consenzienti. Ma questo è’ un discorso molto delicato e complesso che non si può affrontare in poche righe. Tornando alla tua domanda mi sento di dire a chi sta pensando di diventare professionista che è fondamentale essere sempre aggiornati, come lo è cercare di “fare rete”  fra liberi professionisti. Per me è stato fondamentale diventare socio di una delle associazioni di fotografi professionisti – nel mio caso Tau Visual ma ne esistono altre altrettanto valide.

AB: Paolo siamo giunti ai saluti finali. E’ stata una bella chiacchierata e desidero ringraziarti per la disponibilità riservata al nostro magazine. Vorrei anche ringraziarti per la spontaneità con cui hai risposto alle domande, dando un quadro di te umano e concreto che ha anche svelato un animo creativo d artistico, forse insospettabile ai più. In attesa di conoscerci personalmente, noi ci incrociamo in ArchiMinimal!

PD: Grazie a te e ad ArteVitae per questa bella opportunità. Un sentito grazie anche ai lettori di questo magazine. Un ringraziamento speciale va anche agli utenti del Gruppo ArchiMinimal che frequento molto volentieri. A tal proposito vorrei aggiungere che ho trovato un gruppo attivo e con una partecipazione davvero di qualità, con fotografi che ammiro e seguo con attenzione. Anche le iniziative proposte sono interessanti ed originali, si sente da un lato l’amore per questo genere di fotografia e dall’altro la capacità di organizzare. Vi ringrazio per l’intervista e per tutto quello che fate, che è tanto!


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[Ndr]: Tutte le immagini contenute in questo articolo, sono coperte dal diritto d’autore e sono state gentilmente concesse, salvo dove diversamente specificato, da Paolo Dalprato © ad ArteVitae per la realizzazione di quest’articolo.

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Note biografiche sull’autrice di questo articolo

Alessandra Bettoni

Alessandra nasce nel 1966 e si sente ancora  in quella fase della vita in cui non vuole cedere alla civetteria di omettere questo dato dalla sua biografia. Vive a Milano, la città che l’ha adottata e nella quale si sente a proprio agio. Di mestiere insegna: tiene corsi privati di lingua inglese, ma fino a qualche anno fa si occupava di marketing e vendite per le aziende e viaggiava spesso per lavoro, anche all’estero. La sua vita l’ha sempre portata a contatto con le persone, ciò nonostante si ritiene abbastanza “orso” per apprezzare una serata a casa da sola, ma non abbastanza per apprezzare un pasto al ristorante consumato senza compagnia. Apprezza qualsiasi forma di espressione artistica. Ama in particolare l’architettura e la fotografia. Fotografa da pochi anni, il digitale è l’unico universo che conosce. E’ una delle ideatrici e fondatrici di ArteVitae Blog, ne cura l’editing, la promozione e a volte scrive.