31 Maggio 2017 By artevitae

La società liquida nell’interpretazione fotografica di Anna Camps

In copertina oggi c’è Anna Camps. nel consueto appuntamento dedicato all’approfondimento sui nostri autori, ne racconteremo la storia e la fotografia.

di Luigi Coluccia

Con l’articolo di oggi voglio rendere omaggio ad un’autrice a me molto cara, Anna Camps. Quando con Alessandra abbiamo prima pensato e poi dato vita al progetto ArchiMinimal, la parola sulla quale abbiamo inteso costruire questa nuova realtà è stata senza ombra di dubbio,”contaminazione”. L’abbiamo scelta perché da sola rappresenta quella forza, derivante dallo stimolante contatto fra visioni, capace di condurre ognuno di noi  dove mai avrebbe immaginato.

La fotografia di Anna senza dubbio alcuno ha rappresentato per me una delle contaminazioni più stimolanti e feconde dal punto di vista artistico. L’immediatezza del messaggio veicolato, la pulizia delle linee, la composizione sempre studiata nel minimo dettaglio, la rappresentazione sempre puntuale dello stretto rapporto tra spazio urbano e uomo, l’efficace connubio tra luci ed ombre che coesistono e si alternano nelle sue composizioni, rappresentano a pieno titolo la cifra stilistica di questa autrice.

Anna è un architetto urbanista che vive e lavora a Barcellona. Nelle sue fotografie emerge in modo evidente il rapporto fra la razionalità dell’architettura e la dimensione umana che viene posta al centro dell’ambientazione urbana con la quale interagisce. La famiglia nella quale è cresciuta le ha trasmesso sensibilità creative e tecniche, di natura molto diversa fra loro e non solo riguardanti la fotografia. Anna eredita infatti dai nonni la sensibilità artistica per la pittura, la poesia e la musica. L’attitudine tecnica invece la eredita dal papà ingegnere. Probabilmente questa influenza familiare la accompagna inevitabilmente verso un percorso di vita e lavorativo che è qualcosa che sta a metà fra l’arte e la tecnica.

 “Sono sempre stata affascinata dalla fotografia. Nel mio lavoro è uno strumento essenziale, un veicolo complementare di rappresentazione degli elementi architettonici che per me è fondamentale. Il mio approccio alla fotografia però è radicalmente cambiato quattro anni fa, quando ho realizzato che la fotografia poteva essere un veicolo per esprimere la mia vena creativa personale ed ho iniziato a pubblicare le mie immagini condividendole con persone dai miei stessi interessi e dalle mie stesse sensibilità”. –  dice Anna del suo rapporto con la fotografia.

Anna Camps

Ogni suo scatto racchiude in sè una breve storia, che alberga all’interno di un progetto più grande rappresentato proprio dal rapporto ormai indissolubile tra l’uomo e l’architettura urbana. L’urbanizzazione infatti è uno dei fenomeni più evidenti dei tempi moderni e ha comportato profondi cambiamenti nella società. Una città è un insediamento relativamente grande, denso e permanente di individui eterogenei. E’ proprio su questi aspetti che Anna pone la sua attenzione, andando ad approfondire la relazione fra l’uomo e l’ambiente circostante nella società moderna.

Una società che lo porta quotidianamente a doversi spostare da una parte all’altra della città, utilizzando i mezzi pubblici piuttosto che i marciapiedi posti ai lati delle strade, che lo vede protagonista assoluto degli spazi organizzati, ma che non gli permette di prendere mai davvero coscienza di quella che è la vera essenza del suo modo di essere e di esprimersi, facendolo risultare spesso omologato al concetto di massificazione.

La sua fotografia mi riporta alla mente il pensiero dell’urbanista spagnolo ldefons Cerdà i Sunyer. Egli concepisce le città come un organismo vivente basato su due criteri di verità: il primo riguarda il concetto di urbanizzazione, vista come la risultante dell’adattamento del “contenente” con il “contenuto”. Il primo si riferisce alla città nella sua materialità mentre il secondo alla popolazione che la vive. Il secondo criterio di verità invece si riferisce al fatto che le regole di questo adattamento devono essere dedotte con precisione in funzione dei bisogni della natura umana.

In questo modo, a partire dalla dicotomia “stasi – movimento”, secondo Cerdà, tutti gli elementi costitutivi della realtà urbana trovano un ordine. Questa dicotomia fondamentale dà luogo ad una prima ripartizione dello spazio. Il movimento si realizza nello spazio di relazione mentre la stasi in quello di protezione o isolamento. La città viene allora definita come uno ambiente abitato nel grande sistema universale, un momento privilegiato di relazione fra uomo e spazio. Il movimento secondo Cerdà diventa rapporto sociale e la stasi comfort individuale.

Nella sua serie fotografica StreetPhoto – interamente pubblicata sul profilo Instagram di Anna e dedicato al progetto – la figura umana è imprescindibile presenza che si anima in contesti geometrici in cui la struttura architettonica e l’uomo si integrano alla perfezione, sono funzionali l’uno all’altra, quasi simbiotici. La pulizia compositiva, la linearità, l’elegante gestione delle linee nonché quell’irresistibile fascino street, di cui le sue immagini sono dotate, caratterizzano senza dubbio questi squarci urbani. Un rapporto molto stretto ed intenso che Anna ci riporta con grande chiarezza ed empatia.

 

Anna Camps

Spesso travolgenti, vive e cariche di significato, le sue immagini sono lo specchio della società contemporanea, sempre in continuo fermento. Soggetti sfocati che si muovono nello spazio nitido, figure amorfe, quasi schiacciate dal perso dell’architettura che le contiene che cercano invano di liberarsi da quei vincoli che essa gli impone.

Un progetto questo che mi ha particolarmente colpito e che merita a mio avviso una particolare attenzione perché è il risultato di un percorso evolutivo che evidenzia una sopravvenuta maturità artistica, acquisita con lo studio e abbinata ad una fervente vena creativa, ad una personalità magnetica e affascinante.

Gallery immagini di Anna Camps