La Forma dell’Acqua, film per la regia di Guillermo Del Toro
La forma dell’acqua, il nuovo film di Guillermo del Toro, vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia, del Golden Globe, di vari riconoscimenti alla regia, e candidato a 13 premi Oscar, ci catapulta in una favola ingenua e spietata al tempo stesso.
di Daniela Luisa Bonalume
Se da piccolo ti dicevano che l’uomo cattivo era l’uomo nero, di sicuro non avevano ancora visto Michael Shannon nei panni di Strickland nel nuovo film di Guillermo del Toro La forma dell’acqua. Di sicuro non avevano ancora visto lo sguardo vitreo del despota, aiutato dalla leggera ed asimmetrica divergenza delle cavità oculari che orientalo le iridi e le pupille in modo indipendente.

Strickland (Michael Shannon)
L’atmosfera rapisce immediatamente, le luci verdi e bluastre degli ambienti nei quali si dipana la trama trascinano in uno stato d’animo livido, dove qualcosa di violento sta per accadere e dove qualcuno si farà molto male. Cronologicamente collocato nel 1962 in piena Guerra Fredda, La forma dell’acqua è una fiabona romantica sul tipo La Bella e la Bestia, dove la bella non è proprio degna dell’aggettivo. Forse è “Appena Carina” come l’Anfibio, che sarebbe, appunto, la Bestia. Sotto le sue squame e le sue creste vengono custoditi un cuore umanissimo e palpitante con un organo riproduttivo efficace, completati da una intelligenza superiore.
Non sarebbe rispettoso definirlo come tale, però, perché la vera bestia, ne “La Forma dell’Acqua”, è la competizione e l’odio che nutrono, vicendevolmente, Stati Uniti e Russia. Un sentimento che giustifica le ambizioni più sfrenate e le azioni più malvagie. Una ricerca di dominio che assolve ogni tentativo di sopraffazione dell’essere umano sull’essere umano. Anche sui meno fortunati come Eliza (Sally Hawkins), la protagonista, che non è sorda ma è muta. E questo le consente di sentire sia con le orecchie che col cuore, riconoscendo l’umanità oltre le fisicità. Eliza approfitta della sua menomazione. Quando l’interlocutore non è di suo gradimento, si prende la briga di non esprimersi .
La Forma dell’Acqua, un titolo che sembra dato a caso anche se la natura anfibia del coprotagonista (Doug Jones) lo giustificherebbe, trova la sua compiutezza solo alla fine della pellicola. Questo film racconta una moltitudine di storie. Un amore tra due diversi è la vaporiera dell’opera cinematografica, e ne trascina con sé altre. Il regista è molto attento sia alla ricostruzione ambientale che a quella sociologica, non risparmiando quei piccoli e quotidiani episodi di razzismo esercitati ai danni dei negri, degli omosessuali, dei portatori di handicap, degli immigrati, dei falliti. Cioè, ai danni di tutti quelli che non corrispondono alle caratteristiche della patriottica razza bianca, pura ed integra moralmente e fisicamente.
Del Toro fa vincere i buoni sentimenti, quello dell’amicizia tra bianchi e neri, tra colti ed incolti, fa vincere il progetto dell’amore costi quel che costi. Per nulla smielata o scontata, la sceneggiatura fantastica del film ha la capacità di tenere incollato lo spettatore nonostante l’ingenuità complessiva del racconto. La Forma dell’Acqua è un film condito con tutti quegli ingredienti che hanno fatto la fortuna dei più truculenti film di spionaggio, ma non procede in modo prevedibile, questa surreale storia d’amore. Un grande aiuto lo da Strickland (Michael Shannon) l’ambiziosissimo despota che mira ad avere sulla propria giacca qualche stella proveniente dalla bandiera statunitense. Lo fa non badando a metodi, fino ad arrivare a farci più di un pensierino, sulla “muta”, che vorrebbe far gemere. Archetipi di bastardi non mancano. La febbre della curiosità di ficcare il naso tra le viscere della Bestia che porta con sé la fama di MezzoDio taumaturgico, contamina le due potenze rivali. Risulta evidente che, per appropriarsene, non fanno sconti a nessuno, neppure ai propri agenti.
Nulla di tranquillo, quindi. Lo stomaco viene messo alla prova da qualche regolamento di conti tra spie e spie, da qualche definitiva sistemazione dei falliti nelle aree “non nocivo”. Anche il finale è a sorpresa. Zelda (Octavia Spencer), l’amica del cuore e collega di Eliza, e suo marito non riescono a rimanere estranei agli eventi. Così come non ci riesce Giles (Richard Jenkins) vicino di casa, omosessuale discriminato professionalmente, trascinato nella faccenda con il cappio della solitudine. La gestione della Creatura coinvolge tutti e molti si adoperano per la causa comune. Bravi attori, tecnici e regista, nella realizzazione di questo film fumettone che non cala mai di intensità, tenendo lo spettatore legato agli eventi che si susseguono e concatenano tra un imprevisto, un incidente e un passo di musical.
Del resto, se La Forma dell’Acqua ha vinto il Leone d’Oro a Venezia, vari Golden Globe ed è candidato a ben 13 premi oscar, un motivo ci sarà.
Scopriamolo!
Trailer ufficiale del film
Note biografiche sull’autrice
Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.