La dark lady, un bacio e una pistola
Cinema e donna di Gabriella Maldini. Per la serie dedicata alle icone femminili più indimenticabili della storia del cinema incontriamo oggi la dark lady protagonista d’eccellenza del genere Noir.
Di Gabriella Maldini

Le catene della colpa [Out of the Past] 1947 film noir (clip Ita) Robert Mitchum Jane Greer
Per fare un film bastano una donna e una pistola – Claude Chabrol
Dalla femme fatale discende la figura femminile più incisiva e longeva del cinema, la dark lady, protagonista d’eccellenza del genere Noir, nato nel 1941 con ‘Il mistero del falco’, diretto da un esordiente John Houston e interpretato da Humphrey Bogart e Mary Astor.
Il cinema noir ha origini letterarie: nasce come trasposizione dei romanzi e dei racconti degli americani Dashiell Hammett e Raymond Chandler, capostipiti del genere Hard boiled e padri dei due detective più famosi della storia del cinema: Sam Spade e Philip Marlowe, interpretati entrambi da Humphrey Bogart rispettivamente nel già menzionato ‘Mistero del falco’ di Houston, del 1941, e ne ‘Il grande sonno’ diretto da Howard Hawks nel 1945.

Il grande sonno, di Howard Hawks, 1945
La prima cosa che identifica il Noir è lo stile visivo, tutto giocato sul rapporto ombra/luce che il bianco e nero delle origini rese ancora più intenso e, grazie all’opera di alcuni dei più grandi direttori della fotografia, di una raffinatezza leggendaria.
Il luogo per eccellenza del Noir è la città di notte, perché la notte è simbolo del lato oscuro della vita e dell’umanità, e la città è il labirinto infernale dove regnano violenza e corruzione e dal quale i protagonisti cercano invano una via d’uscita.
Dunque un genere di grande realismo, sia per le storie, che spesso vengono riprese dai fatti di cronaca nera, sia per gli ambienti in cui viene girato: non più solo i set ricostruiti in studio ma le strade e i quartieri reali delle città. E’ con il Noir che nascono le riprese on location.
In un mondo violento, dominato dalla corruzione e dal denaro, la protagonista femminile non potrà essere un modello di virtù; sarà una dark lady, una signora in nero, espressione rivelatrice del ruolo distruttivo della donna che qui diventa una donna ragno, una vedova nera, la mantide che uccide il maschio dopo averlo sedotto. La dark lady incarna una bellezza e una sessualità distruttive, ancora più insidiose proprio perché nascoste sotto spoglie insospettabili, a volte addirittura angeliche.
Alla sua nascita cinematografica contribuisce il progressivo cambiamento della società, in questo caso americana. Durante la guerra infatti, le donne avevano dovuto sostituire gli uomini in moltissime attività, in quello che veniva chiamato fronte interno, per mandare avanti la vita di tutti i giorni, negli uffici, nelle fabbriche e nelle varie attività commerciali. La donna acquisì quindi un ruolo sempre più attivo anche al di fuori dei confini domestici e familiari, e cominciò a conquistare sempre maggiore indipendenza.

Barbara Stanwyck in La fiamma del peccato [Double Indemnity, USA 1944] REGIA Billy Wilder.
Il cinema intercetta questa svolta e il Noir, con il suo realismo, crea la figura estrema della dark lady, una donna spregiudicata che vuole ottenere ciò che desidera ad ogni costo e con qualsiasi mezzo. E di solito il mezzo è il delitto e quello che vuole è il denaro, lo strumento indispensabile per ottenere la definitiva indipendenza dal maschio. Non a caso, spesso, l’obiettivo che si accompagna al denaro è proprio l’eliminazione fisica del maschio. Nel Noir classico però, dove impera il Codice Hayes, questa liberazione resta ancora impossibile e alla fine la dark lady muore o viene comunque punita.
Negli anni ’40 e ’50 la cultura dominante non può ancora accettare una pretesa così estrema da parte della donna. Una donna che, non solo distrugge l’equilibrio e i valori familiari, ma è causa e spesso artefice in prima persona di un delitto, non può farla franca, non è ammissibile. Bisognerà attendere gli anni ’70-’80 perché una società ormai mutata accolga le istanze liberatorie della dark lady e le permetta di non essere punita.
L’esempio perfetto è ‘Brivido caldo’, il film d’esordio di Lawrence Kasdan, del 1981, con cui si apre ufficialmente la ricchissima stagione del neo-noir. A differenza della femme fatale, infatti, la figura della dark lady si rivela molto più versatile e longeva, soggetto di infinite e sempre nuove trasformazioni. Brivido caldo di Kasdan rappresenta la prima citazione consapevole e allo stesso tempo rielaborata del Noir classico e propone una affascinante reincarnazione della dark lady, interpretata da Kathleen Turner.

Kathleen Turner
Il suo personaggio è quello di una donna bellissima, sposata con un uomo ricco e decisamente più vecchio, che seduce e convince l’avvocato William Hurt a ucciderle il marito. Nella sequenza del loro primo incontro ritroviamo tutti gli elementi costitutivi del Noir classico: la notte (meglio se d’estate), il gioco ombra/luce e quelle scelte stilistiche che un film bibbia assoluta del genere come ‘La fiamma del peccato’ di Billy Wilder, del 1944, aveva trasformato in archetipi: i capelli biondi di lei, la sigaretta e l’abito bianco, in suggestiva contrapposizione all’anima nera.
La neo dark lady in bianco, prima seduce la sua preda e gli fa credere che dopo il delitto si godranno insieme il patrimonio del marito, ma alla fine, naturalmente, incastrerà anche lui, con un’abilità di manipolatrice spregiudicata e diabolica. Infatti, se all’epoca del Noir classico vigeva il Codice Hayes che imponeva alle case di produzione di concludere i film con la punizione dei colpevoli, dalla fine degli anni sessanta ogni paletto viene scardinato e la dark lady può finalmente trionfare. L’emancipazione femminile ormai era un fatto compiuto e che una donna potesse raggirare fino in fondo il protagonista maschile non era più un tabù.
Note biografiche sull’autrice

Gabriella Maldini
Nata a Forlì nel 1970, dopo il diploma al liceo classico si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna. Ha svolto un Master in Comunicazione a Roma e Milano, poi un corso di Racconto e Romanzo e uno di Sceneggiatura cinematografica alla Scuola Holden di Torino. E’ docente di cinema e letteratura e ha diverse collaborazioni in atto, fra cui quella con l’Università Aperta di Imola, la libreria Mondadori di Forlì e le scuole medie per le quali sta portando avanti un progetto didattico che coinvolge i ragazzi delle classi terze in una ‘lezione cinematografica’ sul rapporto umano e formativo che unisce allievo e insegnante. Da pochi mesi è uscito il suo primo libro, edito da CartaCanta, dal titolo ‘I narratori della modernità’, un saggio di letteratura francese dedicato a Balzac, Flaubert, Zola e Maupassant, come quei grandi padri della letteratura che per primi hanno colto la nascita del mondo moderno. Per ArteVitae scrive nella sezione Cinema e TV.
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