La curiosa storia del cocktail
Sorseggiamo cocktail nel tardo pomeriggio, una volta usciti da lavoro. Un rito conviviale, molto diffuso. Una pietra miliare del lifestyle. Di cosa sto parlando? Ma dell’aperitivo, ovviamente.
di Alessandra Bettoni
Se siete cultori del lifestyle e dell’aperitivo serale e dei cocktail questa storia fa per voi.
Sono gli anni della Rivoluzione Americana in una cittadina non lontana da York. Betsy Flanagan, rimasta vedova, si occupava della taverna portando avanti il lavoro del defunto marito caduto in guerra. Una sera, mentre la sua taverna era affollata da militari francesi, Betsy preparò un mix di distillati che servì ai militari d’oltreoceano dentro una bottiglia che aveva la forma di una coda di gallo e in bicchieri decorati con piume coloratissime. I militari francesi apprezzarono così tanto quel drink che ne rimasero entusiasti e avendo problemi di pronuncia inglese cominciarono a chiamare quel mix con il nome di cocktail (coda di gallo), portando la parola nel vecchio continente e diffondendola.
Non sappiamo con certezza se Betsy sia realmente esistita oppure sia frutto dell’immaginazione letteraria – ad esempio è un personaggio del romanzo The Spy di James Fenimore Cooper pubblicato nel 1821. Certo è che il suo nome è ricorrentemente legato a quei drink a “coda di gallo” che ha partire dal 1800 si accingevano ad essere sempre più popolari e consumati prima di cena per “stuzzicare l’appetito”. Quella di Betsy è una delle tante leggende legate all’origine del nome di questa bevanda. Secondo altre fonti il termine deriverebbe infatti dall’espressione cocktailed horses, poi solo cocktails, cioè i cavalli “dalle code mozzate” come si usava fare con i non purosangue. Per analogia il termine è stato attribuito a quel tipo di drink alcolici non puri perché diluiti con acqua.
La storia del cocktail è a sua volta legata alla nascita di una nuova abitudine, diventata quasi un rito, quello dell’aperitivo. Possiamo far risalire agli Antichi Romani la moda dell’aperitivo già in voga 2000 anni fa quando i Romani ricchi anticipavano la cena con la gustatio, un momento di convivialità volto a stimolare l’appetito accompagnato dal dal mulsum, vino ad alta gradazione alcolica miscelato a miele aromatizzato.
Nella storia più recente il merito di avere introdotto una nuova abitudine conviviale è attribuibile a Clara Bell Walsh, signora della buona società e trend setter di altri tempi, ispiratrice di cocktail party chic, di buongusto e alla moda. Clara era nata nel 1884 e a vent’anni si era ritrovata milionaria dopo la morte del padre, dal quale aveva ereditato una vera e propria ricchezza che le garantiva anche molta indipendenza. Il suo primo cocktail party nel 1917 superava la tradizione vittoriana del tè pomeridiano informale, proponeva punch Claret e Clover Leaf e assumeva anche una funzione sociale aprendo al mondo femminile il variegato panorama della convivialità a base di bevande alcoliche.
A proposito del party, nel Tacoma Times, giornale pubblicato nella città di Tacoma nello stato di Washinghton tra il 1903 e l 1949 si leggeva:
I cocktail parties sono diventati subito la nuova moda della buona società e grazie alla sua idea la signora Walsh è diventata una celebrità nella società di St. Louis.
Quella del cocktail party fu un’abitudine che neanche il proibizionismo riuscì ad abbattere.
In Italia la moda del cocktail si diffonde a partire dal 1786 anno in cui Antonio Benedetto Carpano a Torino inventa il vermouth, un delizioso vino aromatizzato con china, che di lì a poco avrebbe conquistato l’allora re d’Italia Vittorio Emanuele II. La bevanda verrà successivamente servita nei caffè italiani di Venezia, Milano, Roma, Napoli, Firenze e Genova. L’identificazione con Martini ha reso il vermouth famoso in tutto il mondo, diventando l’aperitivo per eccellenza, da bere liscio o come base di tanti cocktail, ad esempio, il ‘Negroni‘ o il ‘Manhattan‘.
Chi di voi ricorda il ‘Punt e Mes’? Fu proprio il re Vittorio Emanuele II a nominare il Vermouth con China Carpano, ribattezzato poi Punt e Mes, uno dei vermouth più conosciuti il cui nome in dialetto piemontese vuol dire un punto di dolce (che consiste nel vermouth) e mezzo di amaro (che consiste nella china).
NB: Immagini e video inclusi in questo articolo sono stati reperiti in rete a puro titolo esplicativo e possono essere soggetti a copyright.L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.
Note biografiche sull’autrice di questo articolo
Alessandra nasce nel 1966 e si sente ancora in quella fase della vita in cui non vuole cedere alla civetteria di omettere questo dato dalla sua biografia. Vive a Milano, la città che l’ha adottata e nella quale si sente a proprio agio. Di mestiere insegna: tiene corsi privati di lingua inglese, ma fino a qualche anno fa si occupava di marketing e vendite per le aziende e viaggiava spesso per lavoro, anche all’estero. La sua vita l’ha sempre portata a contatto con le persone, ciò nonostante si ritiene abbastanza “orso” per apprezzare una serata a casa da sola, ma non abbastanza per apprezzare un pasto al ristorante consumato senza compagnia. Apprezza qualsiasi forma di espressione artistica. Ama in particolare l’architettura e la fotografia. Fotografa da pochi anni, il digitale è l’unico universo che conosce. E’ una delle ideatrici e fondatrici di ArteVitae Blog, ne cura l’editing, la promozione e a volte scrive.