13 Marzo 2020 By Daniela Bonalume

Il tempo è medico pietoso? di Daniela Bonalume

Il tempo è medico pietoso? è il nuovo racconto breve di Daniela Luisa Bonalume per la raccolta “Suggestive evasioni”.

di Daniela Luisa Bonalume

.. e lei si avviava a passo lento e con la testa piena di facce sovrapposte, verso quel negozio di preziosi che aveva così assiduamente frequentato da ragazza.

Marina non aveva mai perso quel velo di occultata infatuazione per Raffaele. La sua vita era trascorsa felicemente, si era sposata ed aveva dato alla luce e cresciuto due consapevoli e responsabili figli. Anche Alberto, suo marito, si era dimostrato un compagno affidabile e sempre innamorato, e Marina lo era di lui. Ma quell’angoletto in fondo all’ippocampo era rimasto occupato dall’immagine di Raffaele.

Dall’ultima volta che lo aveva visto erano passati quarantadue anni, eppure abitava a non più di due chilometri da casa. Saltuariamente Raffaele compariva nei sogni di Marina, non era cambiato di una virgola, proprio come allora sembrava la personificazione dell’arcangelo Gabriele. Un po’ come Massimiliano Rosolino, era alto, ma non così alto, ed aveva riccioli biondi intorno ad un viso bellissimo impreziosito da due occhioni blu cobalto come il mare in certi giorni di vento. E poi, Raffaele, giocava bene a tennis.  Questo lo rendeva ancora più affascinante agli occhi di Marina.

Insomma, per Raffaele serviva l’eliminacode, ma Marina non era in competizione con le altre. Loro erano amici. Studiavano insieme dall’inizio del liceo, cioè da quando Raffaele sembrava più un puttino che un ragazzo. Però si sa, il tempo passa e le bambine diventano donne mentre i maschietti diventano ragazzi. Marina preferì ricoprire il ruolo di amica rispetto a quello di bambola di turno e, purtroppo, come succede spesso dopo il diploma, l’università separò le loro strade.

Marina e Alberto viaggiavano intorno ai quasi quarantanni di matrimonio. Qualche buco di complicità c’era stato. Durante quei momenti la figura del biondo virgulto, compagno di scuola e figlio di un gioielliere tra i più importanti della regione, tornava ad affacciarsi sulla parete bianca davanti al divano in salotto, appena sopra il televisore.

Raffaele si palesava a mezzobusto e la invitava a fare una partitina a tennis. Nell’epifania non mancava neppure la mandorla, che era costituita dal telaio della racchetta. Marina, consapevole della propria abilità nel gioco, metteva un ghigno beffardo che si dissolveva difronte alla coscienza dell’età. “A sessantanni non si può più giocare a quei livelli” pensava. Abbassava lo sguardo e si fissava sullo schermo scuro del televisore.

Quello che stava attraversando, Marina, era uno di quei momenti. Era uno di quei momenti in cui la mandorla abitata andava e veniva con una certa frequenza. Appena aperti gli occhi, decise che quel giorno sarebbe andata alla gioielleria. Sarebbe entrata e lo avrebbe abbracciato come fanno due parenti che hanno passato la loro vita separati da un oceano. Il desiderio di ritrovare un viso familiare ed un sentimento sicuro e collaudato le scaldava il cuore. Soprattutto aveva la necessità di riassaporare la propria freschezza attraverso quegli occhi profondi persi nei riccioli biondi che tanto spesso avevano catturato la luce del sole.

Marina si preparò con una cura maniacale. Capelli perfetti ma non acconciati, una passata di mascara sulle ciglia giusto per dare vivacità allo sguardo, un maglioncino girocollo blu sopra un paio di pantaloni sportivi grigi, uno spolverino dello stesso colore e via, fuori di casa con il cuore che sembrava la grancassa di Bonzo.

Allungò il tragitto passando davanti alla struttura scolastica che le aveva regalato tanti momenti di leggerezza, ed anche qualche grattacapo di troppo. Per esempio quando alcuni compagni si unirono proprio in difesa di Raffaele, che veniva ripetutamente vessato dal professore di matematica per un oscuro motivo. Questo parteggiamento al quale anche Marina aveva aderito, appunto, era costato a tutti il ridimensionamento della valutazione di maturità, precludendo sbocchi professionali più interessanti a coloro che, invece, si sarebbero meritati una votazione più consona ai loro importanti meriti.

Comunque erano passati tanti e tanti anni, le vite di tutti avevano preso le pieghe che ognuno era riuscito a dare, e lei si avviava a passo lento e con la testa piena di facce sovrapposte, verso quel negozio di preziosi che aveva così assiduamente frequentato da ragazza. Aveva controllato in internet, l’esercizio commerciale era ancora nello stesso luogo, e questo la rassicurava, dandole l’illusione dell’inamovibilità di alcune cose a prescindere dal tempo. Aveva appena girato l’ultimo angolo, quello che portava sul grande viale a metà del quale si apriva lo slargo dal quale si accedeva all’ingresso super controllato del negozio. Marina accelerava e rallentava, aveva un po’ paura e un po’ di impazienza, ma poi decise di dirigersi a passo costantemente sostenuto verso quell’incontro meditato per quasi quarantanni.

Vi giunse, guardò da lontano la vetrina, attraversò lo slargo sulle strisce e si avvicinò ai vetri antiproiettile. Voleva pregustarsi il momento sbirciando in incognito l’amico di tanti anni fa. Erano passati davvero molti anni. Marina non riusciva a togliere lo sguardo dall’uomo che, da dietro il banco, guardava fisso verso la porta blindata, in attesa di possibili clienti. Marina vedeva una testa calva, con appena qualche pelo riccio e bianco sopra le orecchie. Lo sguardo blu e fisso era aggravato dalle palpebre che celavano metà dell’iride. Le spalle erano larghe, ma ancora più largo era il girovita, che non riusciva a supportare una cintura in cuoio che era presumibilmente scivolata al di sotto dell’ombelico. Riconobbe qualcosa di Raffaele, forse, ma il cuore le fece fare dietrofront.

Prima della ragione, il cuore le aveva detto che il tempo passato non torna. Il tempo modifica anche se non guarisce. Nulla resta immutato e vivere il presente appieno è l’unica facoltà che ci viene consentita dall’esistenza.

Note biografiche sull’autrice

Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.


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