30 Maggio 2017 By Luca Tizzi

Il fascino del lato B

Ricercando oggi nel mondo della Rete l’espressione “Lato B” veniamo sommersi da notizie, immagini e video su una varietà di glutei femminili, più o meno famosi, alcuni artistici, altri forse un po’ meno. Ma il “B side” era l’altro lato del 45 giri, quello dove si incideva il brano secondario, quello sul quale nessuno avrebbe puntato. La storia di oggi racconta invece come alcuni “B sides” abbiano dato vita a dei clamorosi successi.

di Luca Tizzi

Oggi quando parliamo di “Lato B”, ci viene sempre alla mente una splendida modella, come ad esempio la giovanissima Charlize Theron nella pubblicità di un noto liquore o la vulcanica Michelle Hunziker che mostra il fondoschiena indossando dei ridottissimi slip.

Per chi come me invece ha qualche anno in più, il “Lato B” era il brano, spesso inascoltato, che riempiva il lato oscuro di un vecchio 45 giri. Lo ricordate? Era un formato di disco in vinile che veniva utilizzato per la distribuzione di due brani musicali, riportati ognuno per lato.

45 Giri

Nell’era del vinile i cantanti promuovevano e vendevano una canzone incisa nei vecchi dischi che, di perfette dimensioni per un brano, avevano un lato che, restando inutilizzato, veniva riempito con un brano qualsiasi che spesso nessuno ascoltava e nessuno ricorda. Venivano girati in massicci giradischi o in più colorati mangiadischi che, essendo portatili, venivano usati in spiaggia o durante i picnic.

Le regole però sono fatte per essere infrante, ed è così che molti sono i casi passati alla storia di “Lati B”, che alla fine hanno avuto più successo dei più blasonati “lati A”. Nel 1972 ad esempio, Lewis Allan Reed, conosciuto come LOU REED, fa uscire il singolo “Walk On The Wild Side”, una canzone che parla di attori trasgender e prostituzione maschile raccontando le storie di Holly Woodlawn, Candy Darling, Joe Dallesandro, Joe Campbell e Jackie Curtis che apparvero in alcuni film piuttosto audaci di quel periodo.

Il modello Joe Dallesandro fu utilizzato da Andy Warhol per la copertina di “Sticky Fingers” dei Rolling Stone. Il disco aveva come caratteristica che la cerniera dei jeans sulla copertina si poterà aprire.

Bene, il lato B di quel disco era “Perfect Day”. Scritto dopo una giornata passata in Central Park con la fidanzata, parla di un amore vissuto o forse di uno perduto, altri ritengono sia un’ode all’uso di droghe che annientano la mente e rendono perfetto il giorno.

Just a perfect day you made me forget myself  I thought I was someone else someone good

Proprio una giornata perfetta mi hai fatto dimenticare me stesso ho pensato di essere qualcun altro una brava persona

Questo “Lato B” è stato utilizzato da Danny Boyle in “Trainspotting” ed è stato cantato da David Bowie, Patty Smith, Elton John, Bono, Laurie Anderson e perfino da Luciano Pavarotti. Il giorno dopo la morte di Lou Reed, il Cardinale Ravasi, postò un TWEET con il ritornello della canzone. Scusate se è poco.

Trainspotting

Qualche anno prima, nel 1968, Enzo Jannacci compone assieme a Dario Fo e Fiorenzo Fiorentini il brano “Vengo anch’io, no tu no.”  Il “Lato B” del 45 giri conteneva la canzone “Giovanni Telegrafista”. Quel disco, e questa canzone, mi piacquero subito moltissimo, non so perché, avevo 7 anni. Il brano è la traduzione in musica di una poesia di Ricardo Cassiano, scritta negli anni ’40 parla di un uomo che passa la sua vita lavorando al telegrafo di una piccola stazione di provincia dove ci sono “più alberi e uccelli che persone”.

Guido Vitiello, docente universitario alla Sapienza, scrive di questa canzone che sta alla canzone italiana del novecento come “l’anguilla” di Montale sta alla lirica.

Montale: L’anguilla

L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?

La canzone parla di incomunicabilità, un uomo seduto davanti a un telegrafo, antesignano dei nostri smartphone, vede scorrere la vita degli altri davanti ai suoi occhi rendendolo incapace di comunicare i propri sentimenti e perdendo così l’amore della sua vita, quell’Alba mulatta che andò a vivere nella città grande , piene di luce  e gioielli.

Tutto questo settanta anni fa, non abbiamo imparato niente.


Note biografiche sull’autore

Florentini natione non moribus – Luca Tizzi nasce a Firenze nel 1961, la abbandona dopo 30 anni e si trasferisce nel paese di origine dei genitori, sull’Appennino Tosco-Romagnolo in provincia di Forlì-Cesena. Percorso di studi arruffato, bancario per motivazioni alimentari ma senza convinzione, si interessa di Cinema, Musica, Fotografia, Arte, Fumetti e molto altro. Gli piace scrivere anche se dice di non esserne capace, gli piace fotografare perché non sa disegnare, ma anche in questo dice di riuscire poco bene. Sogno nel cassetto, diventare ricco scrivendo cose orribili che leggono in molti. libere Divagazioni è la rubrica di intrattenimento da lui condotta, nella quale scrive di musica e canzoni, ma anche di arte e libri e molto altro, con la spiccata caratteristica che lo contraddistingue di saper ricercare l’aspetto meno noto, la curiosità più stuzzicante, per regalarvi delle chicche molto appetitose.