8 Febbraio 2017 By artevitae

Giulio Limongelli e i segreti della camera oscura

di Luigi Coluccia

Oggi abbiamo il piacere di avere qui con noi, ospite d’eccezione del nostro Blog, un professionista della fotografia, un Maestro di bottega della camera oscura, uno stampatore, Giulio Limongelli. Con lui affrontiamo una delle fasi più intriganti del mondo della  fotografia, quella rappresentata dalla stampa. Il fascinoso mondo della camera oscura raccontato da un affermato professionista che ci spiega quali sono le implicazioni con la moderna fotografia digitale e di come ha saputo leggere in quest’ultima un’opportunità per il  suo lavoro piuttosto che un ostacolo. Buona lettura!

Sono mesi che le nostre strade si incrociano e finalmente oggi realizziamo quello che da tempo era uno dei nostri sogni nel cassetto, farci una bella chiacchierata con questo nostro amico. Giulio infatti ci svela, proprio in questa intervista, i segreti del fascinoso mondo della camera oscura, anticipando inoltre molteplici argomenti e spunti di discussione con i quali contribuirà attivamente ad alimentare il nuovo Laboratorio di ArchiMinimal, progetto cui noi teniamo moltissimo e dal quale si è lasciato coinvolgere sin da subito, contribuendo a determinarne tra l’altro la scelta del nome. Giulio infatti, come nel suo costume, arricchirà il percorso del Laboratorio con interventi mirati, competenti, di sicuro interesse e a volte anche un po’ provocatori.

AMB: Ciao Giulio, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito a questa che vuole essere una piacevole chiacchierata tra amici che ha il duplice scopo di  farti conoscere dai nostri lettori e di far scoprire loro il sapore di un arte antica, quella della stampa in camera oscura, della quale tu sei Maestro. Si, una parola questa oggi molto inflazionata, ma assolutamente calzante nel tuo caso. Tu infatti incarni davvero la figura di quei Mastri di Bottega di una volta, quegli antichi “eroi” che ancora resistono ad un mondo che oramai tende a bruciare tutto, seguendo mode e tecnologie.

GL: Grazie per il vostro benvenuto e per l’attenzione dimostrata nei confronti del mio lavoro, un mestiere antico che intendo far conoscere anche alle nuove generazioni.

Giulio, è nato a Bari nel ’63 ma vive e lavora a Bologna da circa 25 anni. E’ una persona a cui piacciono le cose genuine e la semplicità. E’ sposato ed ha due figli ormai indipendenti che lo hanno reso nonno e i nipotini, sono una sua grande gioia! Vive di fotografia da sempre, da oltre 30 anni e di questo suo mestiere che è anche la sua passione dice “è un mestiere che mi dà da vivere ma che sopratutto mi appassiona, pertanto posso dire che io vivo il mio lavoro”.

AMB: Giulio, entriamo dunque nel vivo di questa nostra chiacchierata e veniamo adesso al tuo percorso formativo, a come e quando hai cominciato, a come hai capito ad un certo punto che una grande passione sarebbe diventata la tua professione.

GL: Ho cominciato in bottega, apprendendo il mestiere dal mio Maestro di allora. All’epoca il nostro era un lavoro artigiano come tanti altri: c’era chi faceva il tipografo, chi il ciabattino, chi il sarto, chi il falegname o il fabbro e c’era chi invece faceva il fotografo.  A quei tempi si poteva apprendere un mestiere essenzialmente in due modi, frequentando le scuole di “arti e mestieri” cioè degli istituti professionali oppure direttamente in bottega presso un artigiano come è successo a me.

AMB: E’ la prima volta in assoluto che incontriamo una professionalità come la tua. Vorremmo allora tu ci portassi con te nei meandri della camera oscura, raccontandoci le sensazioni, gli odori, le emozioni e le atmosfere che ti avvolgono in questo magico mondo che moltissimi dei nostri lettori immaginiamo non abbiano mai neanche visto.

GL: La camera oscura rappresenta il mio mondo. E’ il luogo in cui, in quella penombra fatta di luce rossa, vivo momenti intensi nei quali cerco di comprendere gli altri, per meglio rendere tangibile ciò che loro hanno voluto esprimere attraverso la loro fotografia. In Camera Oscura si respira un’aria magica: ancora oggi  vedere apparire l’immagine durante la fase di sviluppo mi crea una sensazione di stupore alla quale è difficile abituarsi. Il tempo al suo interno scorre in maniera più lenta; è necessario cambiare il proprio approccio con esso perche l’attività di stampa in Camera Oscura non è cosa che si può fare di fretta. E’ necessario essere riflessivi ed esaminare con attenzione l’immagine proiettata sul piano che appare invertita ed in negativo per poi programmare mentalmente tutte le fasi di stampa in cui si dovrà intervenire manualmente. Questi interventi non sono altro che esposizioni differenziate da applicare alle diverse aree dell’immagine, da realizzarsi con accessori, anche costruiti da soli all’occorrenza. Queste operazioni sono comunemente denominate “bruciature” e “mascherature”.

AMB: Mi sembra quasi di essere lì con te, calato in quell’atmosfera particolare e di percepire le tue stesse sensazioni, ma continuiamo questo intrigante racconto Giulio.

GL: Dopo un’attenta analisi dell’immagine proiettata dall’ingranditore si può cominciare ad esporre la carta da stampa sensibile alla luce. A questo punto la si passa nei bagni chimici, in questa fase vi è impressa l’immagine in maniera latente, cioè non ancora visibile. Il primo bagno si chiama “sviluppo” ed  è quello in cui l’immagine si rivela affiorando lentamente fino al suo completamento.

 Il secondo è un bagno di stop, con acido acetico o citrico che arresta l’azione del bagno precedente ed esegue un primo risciacquo della stampa. Il terzo ed ultimo è il fissaggio, che rende permanete l’immagine nel tempo al termine del quale si può accendere luce per poter ammirare la fotografia ottenuta. Segue un approfondito ed accurato lavaggio di quest’ultima al termine del quale si può dire che la magia è conclusa.

AMB: Leggendo di te, ci siamo imbattuti in questa tua dichiarazione: “il digitale non è altro che una nuova opportunità ed una integrazione che completa le mie conoscenze ed amplia la mia creatività”. Ora, atavica e la diatriba che vede contrapposti i fautori dell’analogico a quelli del digitale, di norma infatti entrambe le “fazioni” tendono a decantare le virtù della loro amata arte a scapito dell’altra, spesso sembrerebbe quasi un contrasto generazionale. Tu invece, maestro di bottega di un’arte antica riesci a cogliere un’opportunità nel digitale che amplia le tue conoscenze. Interessante questo tema, possiamo approfondirlo?

GL:  Non demonizzo affatto il digitale  e sopratutto non faccio comparazioni tra questo ed il sistema analogico. Sono due mondi  a se stanti, ognuno con i suoi pregi e le sue finalità ma con tanti punti di contatto tra loro. Per me fare fotografia non significa utilizzare l’uno o l’altro sistema, li uso entrambi a seconda di quello che voglio ottenere. Credo che la contrapposizione non porti da nessuna parte, ciò che sarebbe utile è invece educare le nuove generazioni di nativi digitali a cosa sia la “fotografia”; per i nuovi fotografi molto spesso il click è l’inizio di un percorso che li porterà a post produrre quell’immagine, allontanandosi dal concetto di “fotografia”, percorrendo una strada diversa che ha a che fare più con quella di un grafico digitale che con quella di fotografo. Per chi è nato nell’era analogica il click invece era la fine di un percorso, esattamente il contrario di oggi.

AMB: Oggi si fotografa con ogni mezzo, dai cellulari fino alle più sofisticate fotocamere e i sistemi di archiviazione dei file fotografici prodotti sono sempre a disposizioni dei fruitori finali, i social poi hanno fatto il resto. Qual è quindi a tuo parere l’importanza della stampa nella fotografia di oggi?

GL:  La stampa sopravviverà all’oblio del tempo. Quella realizzata in camera oscura poi, proprio per la sua futura rarità, sarà destinata ad aumentare il proprio valore. Già oggi i collezionisti richiedono “darkroom print”, cioè stampe fotografiche in camera oscura, conferendo loro un valore che altri tipi di stampa non potranno mai avere. In camera oscura si producono stampe come “pezzi unici”, ogni stampa non è mai uguale alla precedente o alla successiva. Ci sono sempre leggere differenze che la rendono un esemplare unico, originale ed è prorpio questo è il valore aggiunto. Una stampa a getto invece è replicabile in serie, con un processo assimilabile a procedimenti micro industriali.

AMB: Bene, come già ampiamente detto sei un professionista del settore della stampa, ma quello che ancora non abbiamo detto ai nostri amici del Blog, è che tu hai sviluppato un sistema di stampa diretta che avviene grazie all’ingranditore digitale, il Digingranditore.  Puoi spiegarci bene di cosa si tratta ed in cosa consiste questo sistema?

GL: L’ingranditore digitale consente di operare in camera oscura così come si fa con l’analogico, con l’unica differenza  che anziché lavorare con la pellicola si lavora con il file digitale. La mia intuizione circa l’ingranditore digitale si basa su tutto il mio bagaglio di esperienze pregresse sia in ambito analogico che digitale. Con questo strumento sono tornato ad avere una produzione di stampa coerente con quella precedente utilizzando lo stesso processo chimico e le stesse carte con cui si stampa l’analogico.

Video Digingranditore 

AMB: Come sai, noi siamo essenzialmente un gruppo che si occupa di fotografia d’architettura a tutto tondo, che rapporto hai con questo tipo di fotografia?

GL: Insieme al paesaggio è un dei generi di fotografia che prediligo. Fino agli anni 2000 l’ho sempre realizzata con l’ausilio di banchi ottici di medio formato: la fotografia di architettura necessita di rigore formale che è difficile ottenere senza quei movimenti dati dai decentramenti e basculaggi  e da una fotocamera perfettamente in bolla. Tuttavia, se non si hanno specifiche necessità professionali, oggi è possibile ottenere anche con il digitale dei buoni risultati, con pochi mezzi, con pochi, semplici accorgimenti e senza eccedere in post produzione si possono creare immagini d’effetto.

AMB: Nostro malgrado concludiamo qui il nostro incontro, avremmo chiacchierato con te per ore, siamo davvero affascinati d questo mondo e dal tuo modo elegante di raccontarlo. Grazie infinite per questa amabile chiacchierata. Dunque ci salutiamo qui Giulio anche se il nostro è solo un “arrivederci a presto” nel Laboratorio di ArchiMinimal. Di questo noi vogliamo ringraziarti anticipatamente, augurandoci che ti possa divertire nella nostra dimensione. Grazie e benvenuto ancora nella nostra organizzazione.

GL: Sono felice di dare il mio contributo ed i miei consigli basati sull’esperienza in questa vostra interessante iniziativa. Grazie a voi.

Laboratorio di stampa.

Giulio Limongelli Photographer