7 Dicembre 2018 By Daniela Bonalume

Gioco di bimba. Racconto breve di Daniela Luisa Bonalume.

Gioco di bimba è il nuovo racconto breve scritto da Daniela Luisa Bonalume per la raccolta “Suggestive Evasioni”.

di Daniela Luisa Bonalume

Era tornata per qualche giorno nella casa di famiglia. La madre era ormai anziana e, contrariamente a ciò che cantava Pippo Baudo, la donna era da tempo poco mobile. Questa condizione non le impediva, nonostante la sordità, di essere spiritosa e di piacevole compagnia. Anzi, il fatto di capire Roma per Toma rendeva le conversazioni molto esilaranti. Con questo spirito, Rachele, si apprestava a regalarle assistenza condita con il proprio amore filiale.

Il tutto coincideva con la festa del patrono.

Erano decenni che Rachele non frequentava la fiera che si teneva da quasi un secolo per l’occasione. Quella mattina decise che ci avrebbe fatto un giro. L’idea di riassaporare i profumi, i colori ed i sapori dell’infanzia e dell’adolescenza, le procurava una sottile euforia.

Si preparò e si avviò a piedi lungo il tragitto che portava al centro del paesotto nel quale aveva vissuto per oltre vent’anni. Camminando tra la gente, tanta gente, le capitava di individuare quelli, o quelle, che erano stati suoi compagni di classe, alle elementari ed anche alle scuole medie.

Che emozione! Li riconosceva a malapena dagli occhi.

Da allora erano passati almeno almeno quarant’anni, se non addirittura cinquanta. In alcuni casi si accorgeva di essere riconosciuta. Allora si fermava a chiacchierare animatamente e condensavano le loro vite in dieci minuti di dialogo. Che piacere! Spesso questo avveniva a cura di chi era seppellito dalla propria pancia o scoperto dalla calvizie, oppure nascosta dalle pieghe delle rughe che la vita aveva impietosamente disegnato sul viso di chi non ha avuto facile il campare.

Sentì il bisogno di un caffè.

Rachele si fece largo tra la folla e le bancarelle, e si infilò nel bar gelateria sulla piazza principale. Avvertì un brivido lungo la schiena, si voltò e vide una vecchia su una sedia a rotelle. Dietro di lei una giovane asiatica le sistemava la giacca sulle spalle. La vecchia la guardava insistentemente. Rachele ne incrociò lo sguardo e sentì una fucilata al cuore. Il sangue le pervase la testa e le gambe incominciarono a tremare.

La guardò sostenendone faticosamente lo sguardo scuro. Rachele ne risentì la voce nelle orecchie e si ritrovò dietro il suo banco di scuola. Il bidello distribuiva l’inchiostro nei calamai utilizzando un innaffiatoio di alluminio, buffo e piccolo, dotato di una sottilissima cannula, dalla quale sgorgava il liquido nero.

– Rachele – la maestra la chiamò, e la maestra la guardava con lo stesso sguardo di quel momento.

– Rachele, portami il diario che scrivo due righe ai tuoi genitori – .

Rachele non aveva fatto nulla di deplorevole, aveva solo risposto alla provocazione del suo compagno di banco. Erano in seconda elementare e lui, che era un falso in bilancio, le aveva sputato addosso. Rachele aveva finto di rispondergli, ma senza sputare. La maestra se ne accorse, il compagno di banco era il suo cocco. Era uno di quei bimbi furbescamente educati, già avviati alla ruffianaggine dal proprio impianto genetico. Perpetrava offese pesanti a Rachele se non gli avesse fatto i compiti o non lo avesse lasciato copiare.

Mentre Rachele si avviava mortificata verso la cattedra, la maestra insistette:

– Rachele, non ti butto fuori dalla classe perché mi fai pena! Anzi, per punizione portami la tua merenda per la ricreazione. Pierluigi è uno dei bambini più educati che abbia conosciuto. Sei tu, che sei una bimba molto maleducata e fastidiosa –.

La bimba tornò al banco e prese l’arancia che la mamma le aveva messo nella cartella rossa. Consegnò alla maestra sia il diario che l’agrume e tornò al posto, umiliata nel profondo del suo cuoricino. Il frutto venne diviso tra i compagni di classe. Non le venne riservato neppure uno spicchio.

Rimase così senza merenda, seduta al banco, mentre gli altri bimbi scorrazzavano nel corridoio.

Ecco, Rachele, in quel momento, davanti alla vecchia in gelateria, ripiombò nello stesso stato d’animo. Si accorse che quella ferita alla sua dignità, ingiustamente infertale, non era mai guarita.

Sentì un risentimento incontenibile.

Sentì il bisogno di dirle quanto fosse stato sbagliato il suo comportamento, quel lontano giorno, in classe. Sentì la rabbia riaffiorare e lo stomaco intrecciarsi. Sentì il desiderio di spaccarle una cosa in testa e vederla finire sanguinante sotto i propri occhi. Sentì il bisogno di renderle pan per focaccia ed umiliarla nell’animo e distruggerla nel corpo.

Rachele si mosse verso la vecchia, si abbassò leggermente e piantò gli occhi dentro i suoi.

La vecchia mormorò:  – Rachele, Rachele, ti ricordi ancora di me? –

– Certo maestra! Mi ricordo ancora di lei, purtroppo!

Rachele andò alla cassa, saldò la consumazione della maestra ed uscì.

Le era passata la voglia di caffè.


Note biografiche sull’autrice

Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.


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