1 Novembre 2019 By Giulio Borghese

Fca-Psa: l’accordo c’è. Previsioni e conseguenze – Spazio Economia

Fca-Psa: c’è l’accordo. Cosa prevede e quali conseguenze comporta?

Fca-Psa, trovato l’accordo per una fusione alla pari che di fatto darà vita al quarto gruppo automobilistico mondiale. Sarà quotato a Parigi, Milano e Wall Street. Carlos Tavares ne sarà l’amministratore delegato e John Elkann il presidente. Milano Finanza titolava così la notizia:

Francesi alla guida, Agnelli alla cassa.

Ritengo questa sia una sintesi giornalistica abbastanza azzeccata. Avrà sede legale in Olanda questo nuovo gruppo che al di là delle illazioni di queste febbrili ore, rappresenta comunque un’importante operazione finanziaria che rilancia l’Europa nel settore strategico dell’automobile.

Il settore automobilistico è atteso da nuove sfide nel settore elettrico e nella transizione tecnologica ed in un momento congiunturale certamente non favorevole all’economia ed al settore stesso, complici anche le guerre commerciali in atto, una joint venture di questa portata non può che aumentare le possibilità di successo.

La società risultante dalla fusione unirebbe quindi le competenze per far fronte alle nuove sfide generando importanti e significative sinergie tra i due gruppi automobilistici che, grazie a questa integrazione, riusciranno a diventare performanti in tre mercati su quattro: Europa, Nord America e Sud America, lasciando indietro l’Asia.

«Questa convergenza crea un significativo valore per tutti gli stakeholder e apre a un futuro brillante per la società risultante dalla fusione», ha dichiarato Carlo Tavares, futura guida del nuovo aggregato.

Soddisfazione anche da Mike Manley, ceo di Fca: «Sono contento di avere l’opportunità di lavorare con Carlos e il suo team su questa aggregazione che ha il potenziale di cambiare il settore. Abbiamo una lunga storia di cooperazione di successo con Groupe Psa e sono convinto che, insieme a tutte le nostre persone, potremo creare una società leader nella mobilità a livello globale».

Come è normale che sia, la notizia ha lasciato dubbi ed interrogativi nei soggetti più deboli interessati all’operazione, i lavoratori, perché mentre per gli azionisti Fca è previsto  un’importante dividendo quantificato in 5,5 miliardi di euro, già sul fronte dei sindacati, in realtà più in quello italiano che in quello francese che rimane più ottimista, nonostante la smentita dei due gruppi, si lamenta la preoccupazione per una possibile chiusura di alcuni stabilimenti italiani.

Altre tegola sull’accordo è rappresentata dalla posizione ambigua dei cinesi di Dongfeng, azionisti di Psa che non hanno siglato l’accordo di lock-up di tre anni sulle azioni della nuova società. Il lock-up è la clausola che sancisce l’impegno della società emittente ed eventualmente di alcuni azionisti a non compiere determinate azioni sul capitale della società stessa nel periodo successivo ad un’operazione di offerta pubblica. Per contro i cinesi si sono impegnati in un accordo di standstill di 7 anni con Exor, che altro non è che un accordo di sospensione.

Ma ha un senso questa fusione? Io penso di si, forse non è la soluzione migliore che Fca aveva a disposizione per incrementare il proprio ruolo nel mercato di settore ma sicuramente l’unica praticabile, specie dopo il precedente fallimento della trattativa con Renault. Da questa joint venture entrambi i gruppi otterrebbero una significativa economia di scala, locuzione che in economia viene utilizzata per indicare la relazione esistente tra aumento della scala di produzione e diminuzione del costo unitario del prodotto, che è dato dal costo totale diviso per la quantità prodotta e corrisponde al costo medio.

Psa conquisterebbe una presenza significativa sul mercato americano mentre Fca potrebbe avvantaggiarsi del lavoro già fatto dai francesi nel campo delle auto elettriche, dove gli italiani e gli americani sono decisamente indietro. Già, perché il tema dell’elettrico in tutta questa vicenda è centrale visto che in Europa il target di emissioni che una casa deve raggiungere come media tra le sue auto vendute è di 130 grammi di CO2 per chilometro e tra meno di due anni dovrà scendere a 95 grammi e addirittura a 59 nel 2030 grazie ad una riduzione del 5,1 per cento all’anno.

Progettare e produrre veicoli elettrici comporta quindi una stringente necessità ma anche un investimento importante, che peserà inevitabilmente sugli utili. La fusione FCA-Peugeot avrà ovvie conseguenze sul mercato. Il colosso nato dal merger conterà su una capacità produttiva che si aggirerà intorno a 8,7 milioni di auto, mentre il fatturato volerà a 200 miliardi di euro.

Per concludere, a chi si chiedesse cosa prevede l’accordo trovato da FCA e Peugeot potremmo dunque rispondere facendo semplicemente riferimento agli entusiasmanti dati precedentemente elencati ma anche allo scambio tecnologico che arricchirà soprattutto il marchio italiano visto il migliore posizionamento tecnologico dei francesi nel comparto elettrico.


[Ndr] Tutte le foto e i video presenti in questo articolo sono stati reperiti in rete a puro titolo esplicativo e possono essere soggetti a copyright. L’intento di questo blog è solo didattico e informativo.


 Laureato in Economia e Commercio presso La Sapienza di Roma, ha successivamente frequentato un corso post laurea presso l’Università di Chicago, in cui aveva insegnato fino a qualche anno prima Milton Friedman, uno dei suoi miti in fatto di economia. Si occupa da sempre di economia, la passione di una vita diventata lavoro che lo ha portato spesso all’estero, nella sede di New York di un’importante Agenzia di Raiting Americana per oltre un decennio e successivamente nella City di Londra. Dal suo rientro a Roma, nei primi anni del nuovo millennio, si occupa di consulenze finanziarie e si dedica alle sue passioni e alla famiglia. Aristocratico e patriota perfettamente calato nella modernità dell’epoca contemporanea, si considera un conservatore che ha saputo sviluppare uno spirito critico, lucido e razionale, utile a non lasciarsi ammaliare dalle facili chimere di un progresso che spesso non lo rappresenta.  Di sè dice: “Posso apparire ruvido, a partire dal mio aspetto, fino ad arrivare al difetto, acuito dall’età, di dire sempre ciò che penso, disvalore in una società a volte ipocrita e spesso omologata. “