Il minimalismo architettonico di Eric Dufour, l’intervista.
Minimalismo architettonico giocato su un potente mix di colore e forme, uno stile sorprendentemente semplice, raffinato e pulito che ci regala accattivanti astrazioni di linee e forme, trasformate in vere e proprie opere d’arte. La fotografia di Eric Dufour.
di Alessandra Bettoni
Eric Dufour è un talentuoso fotografo professionista in cui mi sono imbattuta tempo fa, osservando alcune delle sue fotografie di minimalismo architettonico. Sono stata attratta dalle sue particolari visioni urbane, un potente mix di colore e forme, uno stile sorprendentemente semplice, raffinato e pulito con il quale ritrae dettagli architettonici comuni – non importa se finestre o scale – per trasformarli in accattivanti astrazioni di linee e forme e talvolta in vere e proprie opere d’arte.
Una vita molto impegnata e intensa in cui la fotografia occupa un ruolo centrale dal 2007, che Eric condivide con la moglie danese e i suoi due figli, viaggiando spesso e dividendosi fra la Francia, suo paese d’origine, e la Danimarca.
AVB: Eric benvenuto, desidero ringraziarti per aver accettato il mio invito a raccontarti per noi. E’ un onore averti qui e vorrei approfittarne per parlare un po’ di te. Come ti descriveresti in poche parole, come uomo e come artista, e come pensi ti descriverebbero le persone a cui sei caro?
ED: Grazie a voi per questa bella opportunità. Devo dire che non è sempre facile parlare di se stessi :)!
Pensando però alla mia professione direi senza dubbio “scrupoloso”, perché nel mio lavoro metto sempre quella serietà che mi permette di fare le cose al meglio delle mie possibilità. Le persone che mi conoscono credo mi descriverebbero come una persona generosa, seria e rigorosa, sì, rigorosa proprio come dovrebbe essere una fotografia d’architettura. Sono anche una persona che ama ridere, stare in compagnia, gli amici e la vita in generale. Sono animato da molta curiosità.
AVB: In che modo la fotografia e l’arte in genere hanno influenzato la tua vita personale? La tua sensibilità artistica ha in qualche modo cambiato il tuo personale approccio alla vita di tutti i giorni?
ED: Innanzitutto comincerei con il dire che la fotografia per me è uno stile di vita, quasi un’ossessione. Sono un fotografo professionista dal 2007 quindi la fotografia ha un posto di primo piano nella mia vita quotidiana. Passo molto tempo alla ricerca delle location più suggestive da fotografare, ne dedico altrettanto al foto editing, alla preparazione delle mostre e all’interazione con il mio pubblico sui social. Sono molto attivo in Facebook, instagram e 500px.
Ho sempre voglia di viaggiare, cosa che cerco di fare il più possibile per scoprire sempre nuovi soggetti fotografici. Il mio terreno di caccia infatti è proprio il contesto urbano e architettonico. Le principali città europee, soprattutto in Germania, Italia, Danimarca e Francia che ho avuto l’opportunità di visitare durante l’anno, mi hanno offerto molteplici spunti fotografici inerenti l’architettura moderna con quella particolarità a me molto cara insita nelle loro colorazioni. Mi piacciono anche le zone commerciali ed industriali, nelle quali posso trovare ulteriori fonti di ispirazione.
AVB: Eric come hai iniziato a fotografare? Da dove deriva questa tua grande passione e come si è alimentata nel tempo?
ED: Sono stato attratto dalla fotografia fin dalla mia infanzia, ma la vera passione è divampata nel 2006, con l’avvento della fotografia digitale e l’iscrizione ad un circolo fotografico. Da giovane ho avuto l’opportunità di viaggiare molto all’estero: in Asia, nei paesi del Medio Oriente e del Mediterraneo in particolare. Ho fatto moltissime fotografie, principalmente scene di vita di strada perché mi piace molto il contatto con le persone quando viaggio. Ho mantenuto viva questa passione sfogliando e leggendo molte riviste di settore, ammirando il lavoro dei grandi maestri della fotografia. Confesso che mi piacerebbe un giorno poter vedere su queste riviste anche le mie fotografie.
La fotografia, come tutti sappiamo, non è affatto reale. È un’illusione della realtà con cui creiamo il nostro mondo privato. – Arnold Newman
AVB: Trovo questa citazione di Arnold Newman molto attinente alla tua sensibilità fotografica, mi sembra possa rappresentare la chiave con cui affronti il tuo lavoro. Sei d’accordo? Puoi spiegare meglio questo concetto?
ED: La trovo molto pertinente! Ho un’attrazione per le composizioni astratte, per i dettagli architettonici e mi piace quando lo spettatore si chiede cosa sta guardando, quando con le mie immagini riesco a muovere fantasie e immaginazione. Le mie sono Immagini di elementi semplici che vorrei potessero evocare emozioni ed esprimere concetti. La sintesi perfetta del mio approccio alla fotografia è nelle parole di Anne Geddes “La cosa più difficile nella fotografia è la capacità di semplificare”.
La cosa più difficile nella fotografia è la capacità di semplificare. – Anne Geddes
Ho avuto la fortuna di portare il mio lavoro fotografico nelle scuole, un’esperienza sorprendente. Quando i bambini osservavano le mie fotografie, gli insegnanti chiedevano loro cosa vi vedessero rappresentato. Sentire le loro risposte mi ha molto divertito.
AVB: Come è avvenuto il passaggio al minimalismo architettonico?
ED: Ricerco sempre la semplicità, ma enfatizzo l’aspetto grafico e astratto della composizione per creare immagini che siano d’impatto per lo spettatore, indirizzandolo direttamente all’essenziale. La serialità degli elementi architettonici, la simmetria, le linee e le forme geometriche, i giochi di luce ed ombre, gli abbinamenti di colore sono alcune delle componenti su cui baso le mie composizioni fotografiche e che a mio avviso determinano la buona riuscita di una fotografia. In generale cerco di essere estremamente rigoroso nell’inquadratura per ottenere come risultato una perfetta simmetria.
AVB: Quali sono le tue fonti di ispirazione? Ci sono punti di riferimento a cui guardi con interesse a che ti hanno aiutato ad evolverti?
ED: Cerco ispirazione da tutto ciò che trovo navigando in rete. Ma al contempo cerco sempre di avere un mio stile personale. Il mio lavoro fotografico è spesso riconosciuto, per cui si, credo di aver raggiunto uno stile personale e riconoscibile. Le mie immagini sono sempre caratterizzate dagli abbinamenti di colori molto vivaci, si rifanno all’essenzialità del minimalismo fotografico ed hanno una forte componente grafica e astratta. Credo che i miei lavori siano più di astrazione grafica che di architettura in senso stretto. Credo anche che il lavoro di un fotografo sia principalmente quello di ricercare ed esprimere una propria identità fotografica, quel tratto personale che può attrarre l’interesse delle riviste specializzate e dei galleristi.
AVB: Quali sono i tuoi soggetti preferiti e come li scegli? E’ un fatto casuale o preferisci prepararti ricercando luoghi in cui sai che potrai trovare la tua ispirazione?
ED: L’attività di ricerca della location nella fotografia di architettura – ma credo valga anche per tutti gli altri generi fotografici – è un processo fondamentale. Permette di studiare nel dettaglio un luogo, per accertarsi di quali siano le ore e le stagioni migliori per beneficiare delle migliori condizioni di luce, ma anche di trovare il miglior punto di osservazione e la distanza adatta ad evitare la distorsione delle prospettive.
Questo lavoro preventivo può richiedere alcune ore come alcuni giorni. Bisogna poi effettuare dei sopralluoghi per stabilire tutto ciò che serve alla preparazione dello scatto. Tutte variabili che mi permettono di trarre il meglio dal soggetto architettonico che intendo riprendere.
Amo anche molto l’integrazione della presenza umana in un ambiente urbano, cerco sempre di donarle un aspetto grafico che sia giocato sui colori e sulla serialità. Tendo a pensare che una fotografia con un tocco di vita abbia più successo di una che sia la ripresa asettica di un’architettura pura, probabilmente perché la tendenza del reportage fotografico con gli aspetti umani e sociali in esso racchiusi è più popolare. Nel mio lavoro cerco di abbinare queste due componenti, armonizzandole adottando lo stile minimalistico.
AVB: Come si è evoluto nel tempo il tuo stile fotografico?
ED: Ho iniziato fotografando paesaggi nella regione del Beaujolais, soprattutto sulle rive della Saona e ho fatto anche qualche fotografia naturalistica. L’approccio al minimalismo grafico-architettonico è stato un passaggio quasi naturale, quando ho realizzato che intendevo esaltare il senso estetico delle cose. Trovavo questo genere più in linea con i miei gusti e guida il mio lavoro sin dal mio debutto. Più recentemente sono attratto da una dimensione più colorata. Probabilmente il motivo di questo viraggio risiede nella mia volontà di rendere più allegro il mondo circostante, liberandolo dal grigiore che sembra attanagliarlo. L’architettura moderna nelle città sta diventando più audace e offre molteplici spunti per fare fotografia. A volte si ha l’impressione di muoversi in un immenso parco giochi per fotografi!
Ho anche vinto diversi premi fotografici in Francia e in Europa che mi hanno aiutato nella mia carriera, determinando un’identità fotografica ben definita. Quindi lavoro ed insisto principalmente su quelli che attualmente sono i miei punti di forza anche se mi piacerebbe in futuro lavorare su altri generi come ad esempio il ritratto.
AVB: Hai progetti per il futuro? Uno in particolare magari, a cui sei affezionato e di cui vuoi parlarci?
ED: Ho diversi progetti in corso, come ad esempio quello che si occupa di riprendere le facciate dei parcheggi che spero diventi una mostra nel prossimo futuro. Poi c’è un progetto che ho in mente da tempo, che però esula da quello che fino ad oggi è stato il mio stile. Verrei percorrere la statale 7, lunga circa 1000 km, che va da Parigi al sud della Francia, per realizzare un lavoro sulla relazione esistente tra passato e futuro, naturalmente focalizzata sull’architettura ma non solo.
AVB: Prima di salutarci, avrei un’ultima domanda. Si percepisce dalle tue parole che affronti il tuo lavoro con grande entusiasmo e passione. Cosa ti senti di poter suggerire ai neofiti della fotografia? Cosa ti ha insegnato la tua esperienza?
ED: Innanzitutto lo studio. Consiglio di fare molte ricerche in internet e sui libri e riviste di settore per studiare le opere dei grandi maestri. Suggerirei anche di cercare sempre di esprimere una propria personale visione nelle composizioni e nelle inquadrature, avvalendosi degli strumenti tecnici a disposizione di cui bisogna capire e conoscere tutte le potenzialità e caratteristiche. Consiglierei di praticare la fotografia in maniera intensiva, per poter sviluppare il proprio tratto distintivo ed evitare di essere convenzionali.
AVB: Siamo giunti alla fine di questa piacevole chiacchierata. Grazie per la tua disponibilità, ArteVitae avrà pacere di ospitarti anche in futuro, magari per parlare dei tuoi futuri successi fotografici. Un caro saluto.
ED: Grazie a te, a voi ed ai lettori di ArteVitae per questa splendida opportunità.
Riferimenti dell’autore
All photographs are by Eric Dufour © All right reserved. Eric Dufour uses Canon EOS 5D Mark II and Canon 50D cameras.
Eric Dufour, bravissimo nel proporre scatti d’impatto visivo, apprezzo molto anche quelle con un soggetto umano. si nota il grosso lavoro di preparazione e studio dell’ambiente