Digressioni sulla fotografia, il mondo colorato di Katrin Korfmann
Per la rubrica Digressioni sulla fotografia, curata da Luigi Coluccia, in copertina oggi c’è Katrin Korfmann, artista tedesca che nel suo progetto “Count for nothing” ricerca la coesione tra spazio, tempo e relazioni sociali attraverso l’uso di accattivanti inquadrature dall’alto, riprese in diversi angoli del pianeta e in un arco di tempo variabile.
di Luigi Coluccia
Oggi la rubrica Digressioni sulla Fotografia si occupa del mondo colorato di Katrin Korfmann, autrice tedesca cresciuta a Berlino, in Germania, dove ha studiato, ma che vive e lavora ad Amsterdam, in Olanda, dove si è specializzata in fotografia studiando alla Rietveld Academie. Ha vinto numerosi premi per il suo lavoro, tra cui il Radostar Prize nel 2012, il Prix de Rome nel 2003 per la categoria Art in Public Space 2, Mama Cash Award nel 2000 e Esther Kroon Award nel 1999. Dalla fine degli anni novanta espone la sua opera in Olanda e all’estero in gallerie, musei, istituzioni di arte alternativa e spazi pubblici.
Partendo dal suo background in fotografia, possiamo affermare che le sue opere sono realizzate attraverso l’utilizzo di tecniche molto particolari. I cardini su cui si basa il suo lavoro sono essenzialmente quelli relativi all’inquadratura, alla prospettiva e quelli legati alla percezione della dimensione sociale e della forte relazione esistente tra chi osserva e chi viene osservato. Attraverso l’uso di una telecamera, studia il comportamento delle persone e i relativi codici sociali.
Nel lavoro di Katrin il tempo è un fattore determinante così come i comportamenti sociali nello spazio pubblico. Sceglie con molta attenzione e perizia la posizione giusta da cui osservare la relazione spazio temporale dei comportamenti sociali. In una intervista di qualche tempo fa, Katrin descrive così il suo lavoro:
Sono attratta dagli spettacoli della vita quotidiana nello spazio pubblico e affascinata dall’osservazione delle persone in movimento. Catturando questi momenti cerco di suggerire prospettive sulle scene urbane in modo tale da renderle ritratti della transizione contemporanea. Il dinamismo poi, è legato al concetto dell’interazione umana. Un elemento comune nelle mie fotografie o installazioni è lo sfondo monocromatico, che io definisco ‘spazio zero’. In considerazione del fatto che le mie fotografie sono spesso prese dallo zenit, il terreno forma uno sfondo a tinta unita, come una tela o uno sfondo in uno studio fotografico. Un palcoscenico in cui io possa focalizzare tutta l’attenzione sulle persone, senza preoccuparmi delle specificità del background culturale o del luogo. La prospettiva aerea mi consente di escludere l’ambiente circostante: l’architettura e ogni riferimento a un luogo specifico. Questa visione è ideale per l’osservazione: il fotografo diventa allo stesso modo, inevitabilmente, un voyeur e lo spettatore di un’opera d’arte. – Katrin Korfmann
Il prodotto finale del lavoro di Katrin si concretizza nella ‘costruzione’ di immagini che nel suo intento hanno lo scopo di proporre un’essenza oggettiva scaturita da una quantità di immagini che riprendono un’esperienza soggettiva.
La mia immagine finale è una finzione totale, che coinvolge dislocazione, ricombinazione e reindirizzamento. Utilizzando molti scatti ripresi da una posizione particolare, intendo ricreare l’esperienza che ho nella mia mente. La fotografia non è più un singolo momento ma un fiume di immagini accumulate. In questo modo, propongo un’essenza oggettiva da un’esperienza soggettiva che, a sua volta, può sostituire un ricordo nella mente di qualcun altro. – Katrin Korfmann
Quando mi sono travato per la prima volta di fronte le immagini realizzate da quest’artista della fotografie, non nego di averci messo un po’ a capire cosa avevo di fronte. Si è sempre pronti a criticare tutto ciò che è innovativo e che esce dagli schemi, se poi si avvale anche degli strumenti che la moderna tecnologia ci offre, allora siamo all’eresia.
Ovviamente non concordo, a mio avviso chi riesce a realizzare un’idea, un progetto che abbia un concept alla base, ha già vinto, in un mondo, quello della fotografie, dove molti pensano che si sia già detto tutto e che non ci siano nuovi spazi di espressione. Questo concept, che sviluppa le relazioni sociali delle persone riprese dallo Zenit in momenti diversi fondendo poi insieme più scatti, oltre a lanciare un inedito quanto interessante messaggio di carattere antropologico, ci offre sicuramente uno spunto di riflessione circa il concetto di progressione del tempo nella società liquida. Un lavoro questo, caratterizzato da un flusso mobile di informazioni visive e da linguaggio fotografico che dal punto di vista estetico risulta essere molto accattivante.
Il mondo colorato di Katrin Korfmann è ottenuto grazie ad una ripresa dall’alto o a volo d’uccello. Sembra un mondo astratto quello rappresentato dall’artista, fatto di griglie, forme e colori, un lavoro dal carattere sostanzialmente o esclusivamente estetico. Rappresenta però anche un’indagine sulle dinamiche sociali ed in particolare sulle interazioni fra gli individui. Le sue immagini descrivono quasi scientificamente sia la maniera di muoversi di un individuo rispetto all’altro all’interno di una porzione di spazio, sia l’identità che queste interazioni finiscono per dare al luogo che occupano. Le immagini vengono prodotte attraverso l’uso sia di video, dai quali estrapola in molti casi le immagini, della fotografia e di installazioni. Per esempio, in “Timed” (la prima serie di 9 immagini qui proposta) dopo avere ripreso diverse strette porzioni di un luogo, per un periodo di tempo che varia da pochi minuti a qualche giorno, ne trae dal video una serie di frame uguali per numero e per posizione per ogni ripresa (in particolare il 5° o il 7°) e li monta in sequenza rispettando quella originaria. L’artista infine, optando per delle immagini tendenzialmente astratte, sembrerebbe essere distante da ciò che osserva, ponendosi più come osservatrice e documentatrice, senza puntare l’occhio su un aspetto piuttosto che un altro, come per esempio accade per Julio Bittencourt o Michael Wolf che dell’uso dello spazio da parte dell’uomo danno un giudizio. Biagio Salerno
Come era prevedibile, questo lavoro ha suscitato diverse perplessità, sempre le solite peraltro, a dimostrazione che anche la critica a volte pecca di originalità. Possiamo però dire che è un lavoro indissolubilmente legato al suo concept, che attraverso un rigoroso e matematico schema riproduttivo delle immagini, restituisce comunque quella che è un immagine rappresentativa di una realtà che non può essere contestualizzata, realizzata peraltro da un’artista, che di fatto esce di scena quasi subito. Credo sia un lavoro ascrivibile al filone delle visioni, in cui il fascino dell’irrazionale viene esaltato da un concept che di razionale ha invece molto.
[Ndr]: Tutte le immagini contenute in questo articolo sono coperte dal diritto d’autore e sono di proprietà di Katrin Korfmann © ed utilizzate da ArteVitae, per la realizzazione di quest’articolo.
Katrin Korfmann – Biografia
Katrin Korfmann è cresciuto a Berlino, ma vive e lavora ad Amsterdam dal 1995. Katrin ha studiato fotografia alla Gerrit Rietveld Academie e ha continuato il suo percorso di studio e ricerca alla Rijksakademie, entrambe ad Amsterdam. Dalla fine degli anni ’90 il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in gallerie, musei e spazi pubblici, tra gli altri presso OFOTO di Shanghai, Cina; Kopeikin Gallery, Los Angeles, Stati Uniti; Biennale Internazionale della Giovinezza, Torino, Italia; Museo GEM per l’arte contemporanea, L’Aia; Museu Abellò, Mollet des Valles en Fundación COFF, San Sebastián, Spagna; Frankfurter Kunstverein en Akademie der Künste, Berlino, Germania. Ha uno studio di arti visive ed è tutor presso la Royal Academy of Art a L’Aia.
Note biografiche sull’Autore
Gigi Coluccia
Gigi, salentino di nascita e romano d’adozione, intraprende il percorso di laurea in Economia Bancaria e successivamente abbraccia la carriera militare. Alterna la passione per l’economia e la letteratura, ereditata dal nonno, a quella per la fotografia che coltiva da tempo, applicandosi in diversi generi fotografici, prima di approdare alla fotografia di architettura e minimalismo urbano in cui trova espressione la sua vena creativa.
Dotato di personalità votata alla concretezza e con uno spiccato orientamento alla cultura del fare, Gigi intuisce le potenzialità aggreganti della fotografia unite alla possibilità di condivisione offerte dal Social e fonda il Gruppo ArchiMinimal Photography attraverso il quale riesce a catalizzare l’attenzione di tanti utenti italiani e stranieri attorno ad progetto di più ampio respiro che aggrega una nutrita comunità attiva di foto-amatori. Impegnato nella promozione e nella divulgazione della cultura fotografica, crea il magazine ArteVitae, progetto editoriale derivato dal successo della community social, per il quale scrive monografie ed approfondimenti sugli autori fotografici e cura la rubrica Digressioni sulla Fotografia, ricercando nel panorama fotografico contemporaneo, personaggi e spunti di interesse di cui parlare.