27 Luglio 2018 By Daniela Bonalume

Caccia Grossa. Racconto breve di Daniela Luisa Bonalume

Caccia grossa è il nuovo racconto breve scritto da Daniela Luisa Bonalume per la raccolta “Suggestive Evasioni”. Una lettura veloce, intensa e dal finale bruciante, quello che non ti aspetti e ti sorprende sempre. Una storia bonsai che concentra la trama in pochi, avvincenti paragrafi. Da leggere in un respiro.

di Daniela Luisa Bonalume

 

Suggestive Evasioni

Lucia ottenne il trasferimento nel capoluogo di provincia della sua regione di nascita dopo ben cinque anni di sballottamenti di qua e di là. Aveva capito che lavorare stanca.

Questa frase l’aveva già sentita da qualche parte, o l’aveva letta velocemente su qualcosa in libreria. Nella vetrina, mai dentro. I libri, per lei, erano carta pesante da trasportare da un luogo di lavoro all’altro. Non entrava più in una libreria da quando vinse il concorso per addetto di segreteria scolastica.

Avendo avuto la fortuna di essere dotata di un ottimo hardware, non si era mai preoccupata di implementare il software. Tornata nei pressi della sua zona d’origine, Lucia era ben determinata ad inserirsi nella vita borghese della città puntando, soprattutto, sui meravigliosi polpacci che salivano dalle sue caviglie. Dopo qualche mese di osservazione, selezionò i due punti di ristoro che, all’ora di colazione di lavoro, sfamavano il target di suo interesse.

Gli avventori dei bar erano tendenzialmente giovani tra i 25 ed i 40 anni. L’età era quella giusta, lei ne aveva appena compiuti 27, quindi era certa che, in quei luoghi, la caccia le avrebbe procurato la gustosa selvaggina. Iniziò dal look, di tipo manageriale easy. Tailleur morbidi con minigonna di qualche centimetro sopra il ginocchio, indossati con calzature che esaltavano la leggiadria della sua figura. Non c’è che dire, Lucia era proprio una sventola di ragazza. Difficilmente passava inosservata. I capelli quasi blu, sempre pulitissimi e vaporosi, lasciavano una scia di fresco profumo al suo passaggio.

Le aveva studiate tutte e le stava mettendo in pratica. Un giorno a colazione al bar in piazza, un giorno a colazione al bar sul corso. Ogni giorno era perfetta come il giorno precedente, ed i clienti dei due esercizi iniziarono ad ammiccarle nel tentativo di attaccare bottone. Lucia rispondeva al saluto, ma non aveva ancora individuato nessuno che le piacesse abbastanza da farle sfoderare il suo sorriso abbagliante. O meglio, non aveva ancora individuato nessuno che avesse quel “money appeal” che lei cercava da tempo.

La sera, invece, puntava sul casual ridotto. Insieme alle amiche partecipava ad ogni evento, anche se costosissimo. I ricchi mica andavano alla festa dell’Unità, pensava. Ma il suo appetito le giocava brutti scherzi. Chi palesemente ostentava la propria agiatissima condizione economica, non riusciva ad avere quel tipo di attenzioni da lei che, comunque, non era disposta ad accollarsi un men che meno belloccio. Quindi, riassumendo, lo cercava bello, ricco, e possibilmente spiritoso ma poco intelligente, così sarebbe riuscita a gestirlo.

Gira di qua, gira di là, qualcuno sì, ci sarebbe anche stato, ma magari  aveva la pancia un po’ abbondante. Oppure portava le lenti a contatto e quindi non ci vedeva granché, o era troppo alto, o troppo basso, o le chiavi della macchina non meritavano attenzione, o la penna nel taschino era una sfera bic. Lucia stava cercando un marito con una buona posizione sociale, agiato e di bella presenza.

Le sue amiche, meno esigenti e più umane di lei, festeggiarono l’addio al celibato una dopo l’altra ed in poco meno di un annetto, si ritrovò quasi sola nelle sue battute di caccia serali. Ed a questo pensava quasi affranta quando, dal bancone del bar, vicino alla cassa, un portachiavi Mercedes con relative chiavi attaccate cadde rumorosamente.

Lucia guardò le chiavi a terra e guardò anche la giovane mano maschile che le raccolse. Esplosione immediata: era lui. L’uomo che stava cercando era proprio lui. Scarpe lucidissime, nere, un abito scuro vestiva un corpo atletico, camicia bianca e cravatta scura anch’essa. 35 anni circa, abbronzato, capelli cortissimi e biondi e finalmente due profondissimi occhi verdi illuminati da un sorriso altrettanto inebriante. E soprattutto le chiavi della macchina. Quelle chiavi rendevano il tutto perfetto.

Lucia si alzò e finse di raccogliere il portachiavi, sfiorando la mano del giovane uomo. Poi, scusandosi per il contatto involontario, si rimise seduta sul trespolo. Ed ecco qui che entrò in gioco il morbido tailleur con la sua appena corta gonna. Il giovane pagò in anticipo la sua consumazione e non appena si avvicinò a Lucia, lei si avviò verso l’uscita salutando tutta la compagnia, lui compreso.

Il giorno seguente l’uomo puntò sul bar a tutta dritta invano. Ritentò due giorni dopo e questa volta fu più fortunato. Quando Lucia entrò, era già seduto con le chiavi dell’auto sul piano del tavolino, insieme al cellulare, ad un calice di prosecco e qualche patatina.

Lui si alzò e la invitò al suo tavolo. Lei accettò con finta ritrosia e, sorseggiando le rispettive bevande, iniziarono a chiacchierare ed a studiarsi. Lei giocherellava con le chiavi dell’auto di lui e le toccava come si tocca una cosa preziosa, particolare che non gli sfuggì. Chiarì che si trattava del…

-…la macchina aziendale –

-Ah – rispose lei – e non possiedi una macchina personale? – incalzò.

-Ho una bicicletta – rispose lui ridendo sonoramente – possedendo una macchina aziendale, non sento la necessità di averne una personale -. Rise sonoramente anche lei e proseguirono la loro chiacchierata fino al termine del tempo disponibile. I due si salutarono calorosamente e presero le loro rispettive direzioni.

Due giorni dopo si incontrarono nuovamente allo stesso bar. Entrambi esordirono considerando che non si erano neppure comunicati i reciproci nomi, per cui si rendeva necessaria una presentazione ufficiale con tanto di stretta di mano:

-Molto lieto, Michele.

-E’ un piacere, Lucia.

L’oretta dell’intervallo volò, e Lucia non smetteva di giocare con il portachiavi di Michele, mentre lo bombardava di domande sulle sue passioni, sulla sua famiglia, sul suo stato civile e sul suo lavoro. Man mano che gli argomenti si susseguivano, il giovane diventava sempre più approssimativo nelle risposte, giustificando la reticenza con la riservatezza dovuta al tipo di lavoro svolto.

Lucia iniziò a nutrire un serio interesse per la posizione dell’uomo e per la sua persona, nell’ordine esatto con il quale sono stati esposti. E viceversa. A Michele piaceva molto la ragazza, anche se aveva annusato qualcosa che gli rovinava sempre la festa. Comunque si decise ad invitarla per una cena in un locale informale nella campagna dei dintorni.

-Ma dovrò pedalare? – chiese lei con un sorriso malizioso.

-Assolutamente no, ti appoggerò sulla canna del mio velivolo e pedalerò io –sorrise – e porterò anche dei fiori – concluse.

-Ti prendo in parola, ti aspetterò con i fiori davanti al bar di Cecco stasera alle 19.30, a presto …-

-A stasera! –

Lucia fece velocemente un giro di telefonate alle amiche invitandole per le 19.00 al bar di Cecco per un aperitivo, senza scucire una parola in più. Alle 19.00 puntuali al bar di Cecco, videro lei, bellissima, fare una trionfante passerella tra i tavolini all’aperto, esibendo una seduzione irresistibile.

Lei era sicura che Michele non sarebbe arrivato in bicicletta ma si sarebbe presentato con la macchina aziendale, e le amiche avrebbero rosicato dall’invidia sia per la bellezza della macchina che per la beltà del ragazzo.

Consumati gli aperitivi, appena iniziati i saluti tra le donne, ecco che arriva la Mercedes con a bordo il biondo Michele il quale arresta la station vagon proprio davanti al gruppetto, con il vagon saturo di roselline rosse e nebbiolina bianca montate a cuscinetto.

Scende, apre la porta dell’auto sulla quale spicca in oro la scritta  Onoranze Funebri Michele. Lui la guarda beffardo, mentre lei è alla ricerca di un tombino nel quale sprofondare:

-Fiori e macchina aziendale, ti vuoi accomodare oppure c’è qualcosa che non va?


Note biografiche sull’autrice

Daniela Luisa Bonalume è nata a Monza nel 1959. Fin da piccola disegna e dipinge. Consegue la maturità artistica e frequenta un Corso Universitario di Storia dell’Arte. Per anni pratica l’hobby della pittura ad acquerello. Dal 2011 ha scelto di percorrere anche il sentiero della scrittura di racconti e testi teatrali tendenzialmente “tragicomironici”. Pubblicazioni nel 2011, 2012 e 2017.