24 Febbraio 2017 By artevitae

Bellotto e Canaletto, lo stupore e la luce

“Bellotto e Canaletto, lo stupore e la luce” è la mostra ospitata nelle sale delle Gallerie d’Italia a Milano, dedicata ai due grandi pittori del ‘700.

di Debora Focarino

Nella suggestiva scenografia del Palazzo storico di Intesa San Paolo in piazza della Scala a Milano, oggi polo museale e culturale, viene presentata fino al 5 marzo la mostra “Bellotto e Canaletto, lo stupore e la luce”.

Il nome di Bellotto precede giustamente quello più illustre dello zio Antonio Canal detto il “Canaletto”, non per ordine alfabetico, ma per decisa presenza in mostra. Bernardo Bellotto è il protagonista con ben 82 opere esposte tra cui dipinti, disegni e studi autografi ed acqueforti, rispetto al corpus dello zio che si limita ad 11 olii su tela e 3 acqueforti.

Il rapporto tra i due non si limita a quello famigliare tra zio e nipote. Si sviluppa dapprima sotto forma di maestro e allievo. Evolve poi in una reciproca contaminazione ed influenza, fino a diventare connessione tra artisti.

Bellotto e Canaletto – Mostra di Gallerie d’Italia Milano

Inizialmente studente, Bernardo attinge alla conoscenza e alla fama dello zio già pittore affermato, imparando tecnica, prospettiva, uso del colore e della luce.

Entrambi sono vedutisti indagatori del reale, ma anche inventori di Capricci più o meno audaci. Legati alla pura fantasia quelli di Canaletto, mentre con basi più concrete quelli del nipote. Bellotto si spinge con l’immaginazione solo ad accostamenti di monumenti o zone esistenti in luoghi geografici distanti, chiudendo il tutto in un’unica veduta.

I due si cimentano, nel primo trentennio del ‘700, anche in divertissement reciproci. Si “sfidano” a ritrarre lo stesso soggetto. Si mettono reciprocamente alla prova, ritraendo con la stessa angolazione, il medesimo taglio prospettico e la stessa luce,

Un esempio presente in mostra è Il molo verso ovest, con la colonna di San Teodoro a destra, Venezia

Qui è chiaro che l’allievo sta affermando una sua cifra stilistica personale. Assume tonalità più grigio/argentee, aumenta il contrasto delle luci, le figure assumono un carattere più realistico a tratti anche caricaturale, il rigore prospettico è a livelli assoluti.

L’indagine realistica della luce, più fredda di quella del Canaletto, sarà indissolubilmente la sua cifra stilistica, oltre all’originalità dei luoghi scelti per le vedute, lontani da quelli “canonici” preferiti dallo zio.

Non vengono trascurati i viaggi di entrambi, in Italia e all’estero. Vi è infatti una sala in cui sono presenti dipinti, disegni preparatori e studi di Giuseppe Zocchi e Fabio Berardi. Sono artisti che il Bellotto conosce rispettivamente a Firenze e Roma e con cui si ritrova per un breve soggiorno a al Castello di Rota. Qui ì tre si cimentano in vedute e capricci sperimentando la lezione canalettiana con commistioni più o meno originali.

A chiudere la sala uno schermo, in cui c’è un interessante riferimento ai luoghi di Rota, gli stessi trattati in pittura, legati al cinema. Un filmato realizzato dal MIC (museo interattivo del cinema) suggerisce una carrellata di celebri pellicole da Il camorrista di Tornatore del 1986, Il Sorpasso di Dino Risi del ’62 o ancora La Sciantosa di Alfredo Giannetti del ’71 in cui la scenografia è data dagli scorci di questo borgo di origine medievale in provincia di Roma. Interessante e curioso parallelismo tra le vedute e i capricci della metà del ‘700 e la storia del cinema italiano d’autore, a mio parere una novità apprezzabile e ben riuscita.

L’excursus di opere procede con un focus sul periodo romano di entrambi in cui l’architettura, nelle vedute, assume un ruolo di assoluto protagonista, diventando quasi indagine geometrica di struttura e composizione.

Non poteva mancare l’omaggio al nord Italia con Milano, Torino e Verona in cui i dipinti di Bellotto diventano delle vere e proprie testimonianze storiche di un contesto che ormai non esiste più. Un esempio:

Bellotto non è un fotografo, ma possiamo identificarlo come un attento e scrupoloso cronista, fedele all’oggettività del dato reale. Grazie a questo, molti dei suoi dipinti, oltre che avere un ineguagliabile valore estetico ed artistico, sono delle testimonianze storiche di luoghi ormai mutati ed eventi di rilevanza memorabile.

Bellotto e Canaletto però non sono solo Venezia, entrambi viaggiano all’estero. Se Canaletto si perde nei paesaggi della Londra della metà del secolo, Bellotto prima viene invitato a trasferirsi a Dresda dall’Elettore di Sassonia Augusto III per poi spostarsi a Vienna, chiamato da Maria Teresa d’Austria, Di questa parte che tratta l’esperienza estera dell’artista è interessante l’opera La Kreuzkirche, Dresda del 1756 presentata nelle 3 fasi della lavorazione:

Interessante l’ultima sala in cui sono esposti parte dei volumi facenti parte delle biblioteca del Bellotto, verosimilmente la sua “banca dati” di ricerca, studio e documentazione oltre all’interesse personale:

Prima di uscire dalla mostra passate dalla sala multimediale, non tanto per il filmato (non ne vale la pena) ma per l’esperienza 3D. Io ero decisamente scettica, ma ho provato … e ho fatto bene!

Vi ritrovate in questa situazione: non fate altro che posizionarvi davanti alla ricostruzione dell’opera, mettervi gli “occhiali” (regolate la messa a fuoco che trovate nella parte alta della maschera, una rotellina all’altezza del naso …. Non fate come me che ho guardato per 3 minuti tutto sfuocato!!…) e magicamente grazie alla realtà aumentata, i dipinti di Bellotto prendono vita, si caratterizzano di colori chiaro scuri, compare la luce a definire le ombre e la tridimensionalità e si animano persino piccoli uccelli nei cieli e le figurine in primo piano. Trovata divertente e carina … non che sia un valore aggiunto all’esposizione, ma simpatico.

Concludendo posso dire che la mostra è decisamente su Bellotto. L’excursus tra lui, lo zio, i loro viaggi e le esperienze individuali è un po’ confusionario e raffazzonato, non c’è volontà di comparazione tra i due perché, in proporzione, i Canaletto sono troppo pochi e limitati solo a certi periodi. Tuttavia le opere presenti sono notevoli, molte sono esposte in Italia per la prima volta e la suggestione della scenografia del palazzo in cui ha sede la mostra, ha sempre un che di affascinante. Inoltre il fatto che si possano fare foto (senza flash ovviamente) è sempre un valore aggiunto a mio parere! Direi 3 stelle su 5 … ma sono sempre pronta al confronto!

Note biografiche sull’autrice

Debora Focarino nasce a Milano nel settembre del 1979,  dove tutt’ora vive. La passione per l’arte e la pittura l’accompagna da tutta la vita ed è una costante così radicata che ne ha fatto un mestiere. Diplomatasi all’Accademia Italiana del Restauro e conseguito il titolo post biennio specialistico in restauro tele,tavole e ceramica;  inizia il suo percorso lavorativo frequentando i più importanti Atelier milanesi. Arriva il momento in cui decide di aprire il proprio laboratorio e contestualmente inizia il percorso di studi per diventare Perito d’arte, raggiungendo con successo lo scopo effettuando l’esame nel 2009 ed entrando a pieno titolo nelle liste degli esperti del Collegio Lombardo Periti Esperti Consulenti, collaborando anche col Tribunale di Milano.  La sua formazione ibrida a metà tra il tecnico restauratore e il perito storico dell’arte, la rende una professionista completa e competente; nonostante ciò non smette mai di aggiornarsi, studiare e affrontare nuove sfide perché c’è sempre qualcosa in più da fare, capire, conoscere per continuare a godere della meraviglia delle cose.

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