Amore e Psiche: Il mito di Apuleio
Amore e Psiche, il mito di un Dio che s’innamora di una fanciulla umana. L’umano genio di Antonio Canova ha saputo risvegliare in me l’amore per l’arte e la passione di studiarla e volerla raccontare.
di Cristiana Zamboni
La mente sprigiona emozioni che noi, anche geneticamente e culturalmente riconosciamo. L’arte dà all’uomo la possibilità di generarle, riconoscerle, assimilarle e farne vita, partendo dalla sua psiche.
John Ruskin disse “Nessuno può spiegare come le note di una melodia di Mozart, o le pieghe di un panneggio di Tiziano, producano i loro effetti essenziali. Se non lo senti, nessuno può fartelo sentire col ragionamento.”
Mi ricordo che quella notte non dormii molto, anzi non dormii proprio. Ero un vortice di sensazioni ed emozioni per lo più difficili da gestire per la mia età.
Una ragazzina di tredici anni, ribelle e taciturna. In continua lotta tra ciò che sentiva di voler essere e ciò che gli altri avrebbero voluto lei fosse.
Ho iniziato a pensare cosa fare dopo le medie già dalla prima. Sono anni in cui ti senti sempre fuori posto. Cerchi qualcosa che t’appartenga , che t’identifichi ma , a volte , non t’accontenti di far parte di un gruppo.
Mi ricordo che alla fine mi alzai alle quattro, il treno partiva alle sette, un tempo infinito. Così come, senza saperlo, sarebbero state le emozioni che tutta questa attesa mi avrebbero portato a provare.
Sarei andata con la scuola a Parigi, la città del Louvre, dove avrei potuto vedere dal vivo le opere che cercavo di riprodurre in camera mia.
Pur amando il disegno ho sempre avuto una predilezione per la scultura. Era arte da vivere e non solo con la vista, si poteva toccare, era reale e tangibile.
Era una meraviglia nata dal semplice e geniale uso che un uomo sapeva fare delle sue mani. Un collegamento tra ciò che la sua mente e la sua anima creavano in lui e la sua realizzazione, il suo diventare reale.
Qualcosa che avrebbe occupato uno spazio in eterno nel mondo.
E fu così. Forse il momento in cui capisci che non si è sbagliati a cercare l’unicità che è in noi, forse il momento in cui comprendi che la capacità umana, a volte, va oltre all’immagine che Dio stesso ha avuto dell’uomo creandolo.
Il momento in cui ti rendi conto che amare l’arte è cosa buona e giusta.
Hai la certezza che la bellezza esiste e che tutte quelle spaventose ed irriverenti emozioni che ti attraversano, che non riesci a gestire, altro non sono che la capacità di sentirti finalmente vivo perché ciò che hai sempre amato guardare sui libri, è davvero reale.
Un pezzo di marmo. Ma unico. Un’insieme di forme armoniche e perfette. La perfezione in sé, l’ambizione dell’uomo. Amore e Psiche narra il mito d’Apuleio, il mito di un Dio che s’innamora di una fanciulla umana.
Pensai a ciò che scrisse Leonardo Da Vinci: ”I dettagli fanno la perfezione. E la perfezione non è un dettaglio”. Li c’era tutta la storia dell’umanità che non si accontentava di essere quello percepito da Dio, ma cercava la sua essenza oltre. Non accettava la superficialità dell’attesa della morte e cercava una risposta al suo esistere. L’essere umano è imperfetto, ma spinto da passione e stima di sé, ha la capacità di creare la perfezione.
Immaginare una sensazione a cui potermi aggrappare per riconoscere la stabilità ed impararla, è cosa complessa quando si è giovani. Ma era lì . Eccola.
Concentrata nelle forme di quel pezzo di marmo lavorato dall’animo umano. La scultura neoclassica per eccellenza, in cui le ricerca di bellezza e perfezione si concentrano in realismo e sogno.

Amore e Psiche – Antonio Canova
Particolare volti
Le figure umane rappresentate in Amore e Psiche sono realistiche in ogni loro piccolo dettaglio e tutta la scultura racconta in un fotogramma tutta la storia del mito. Ogni dettaglio è studiato alla perfezione e posizionato con cura a crearne il perfetto equilibrio. Un equilibrio in movimento , un movimento leggiadro proprio come leggero è l’amore di due giovani.
Una scultura che non puoi osservare solo da un’angolazione, devi viverla, attraversarla, girarle intorno ed ogni passo di porta a scoprire particolari necessari per comprenderne la storia e farne parte. Ha la forma di un X creata dall’unione dei corpi proprio perché s’espanda nello spazio a 360°. La risposta alla continua ed estenuante ricerca umana fin dai tempi dell’antichità, la ricerca di bellezza, stabilità, equilibrio, perfezione.
La possibilità di poter spiegare all’uomo, senza parole, la sua capacità d’esser fonte d’emozioni. La sua capacità di provare amore, tenerezza , passione e la sua possibilità d’essere la differenza nel mondo attraverso l’espressione dei suoi sentimenti.
Da un semplice marmo, l’uomo ha generato due corpi. Si muovono nello spazio ed a seconda dell’angolo di visione, cambia completamente. Più che uniti, intersecati fra loro, come i binari del treno, finalmente, dopo un lunghissimo viaggio uno accanto all’altro, sempre vicini, gli viene concesso di toccarsi, per un attimo.
Il momento in cui l’attesa va dolcemente assaporata, resa eterna, nonostante il bisogno di toccarsi subito che scorre palpitante nelle vene e nel cuore. Il momento in cui il pezzo di marmo acquista calore e vita.
Un Dio umanizzato dalle labbra di una fanciulla. Un Dio che, pur non conoscendo la sensazione di due labbra che si toccano, è l’unica cosa che di più naturale ha in sè. L’istinto primario umano.
Un Dio capace d’amare carnalmente ed umanamente. Che richiama a sé la forza delle sue ali per dare stabilità e rendere eterno il suo momento umano, il suo bacio. Un momento brevissimo ed irripetibile.
Un Dio che nasce dal marmo ma perfettamente scolpito, ha vene e muscoli.
Lei si tende a lui, si concede. Forma con le sue braccia un cerchio volto ad avvolgere quell’istante. A proteggerlo, preservarlo. Lei, umana, carnale, si concede con totale trasporto al desiderio di lui. Un amore dotato d’erotismo ma spirituale, un amore carnale ma etereo, carico di tensione che solo i brivido dell’attesa dello sfiorare le labbra può rilassare.
L’incoerenza dell’umana carnalità di un Dio si unisce ad un’infinita e divina tenerezza di una fanciulla.
In quel marmo scorre sangue e vita, ha un cuore che prova emozioni. Quel marmo ha la capacità umana di provare amore più di quanto l’uomo stesso voglia riconoscersi.
Lo stupore e l’emozione provata da chi guarda questa opera d’arte è immensa. Chi si pone davanti a lei senza condizionamenti e senza raziocino, vede la sua possibilità di rimanere in eterno. D’essere perfetto nelle sue emozioni, d’essere la risposta ad un desiderio di un dio che voleva calore nella sua solitudine.
Sono convinta che l’amore non sia altro che questo. Che Dio creò uomo e donna non per essere uguali, ma per essere uniti e complementari. Così come questa scultura mi stava raccontando.
Non è enorme come scultura, anzi, ero io ad immaginarmela infinita nello spazio. Un metro e cinquantacinque di bellezza ma non tutto deve essere grande per esser bello.

Amore e Psiche – Antonio Canova
Particolare
Le ali di lui che si protendono verso l’alto, le gambe ricoperte dal drappo di lei verso il basso, una spinta verso l’esterno che, inevitabilmente, trova il suo massimo incontro all’interno. Ti senti spingere verso l’infinito e trascinato verso l’eterno centro ove avrà origine, tra qualche secondo, un semplice bacio.
Credo che è grazie a questa scultura se ho deciso di trascinarmi il più velocemente possibile fuori dagli anni delle medie, passati a dividermi tra lo studio per la scuola ed il prepararmi alla scelta che avrei fatto del liceo.
Devo ringraziare lei, quella forma di perfezione umana scultorea, che mi ha fatto comprendere che la possibilità di sentirsi nel posto giusto al momento giusto esiste. Essere umani non è far parte di un sogno di un Dio solo e, forse, annoiato. Che ero qui per dimostrare che esistere è raggiungere e superare i propri limiti fisici e mentali. Che volevo provare quelle emozioni, volevo sentire quel calore che l’arte ha saputo regalarmi. Comprendere che la bellezza esiste, nonostante il mondo.
Devo ringraziare Antonio Canova che, nel 1793, realizza Amore e Psiche. Devo ringraziare il suo umano genio per aver saputo risvegliare in me l’amore per l’arte e la passione di studiarla e volerla raccontare.