23 Novembre 2016 By Ale Bettoni

Alberto Martin, il blu e l’architettura

di Alessandra Bettoni

Questa rubrica rappresenta uno dei momenti più emozionanti della nostra settimana editoriale. Approfondire la conoscenza dei nostri meravigliosi autori infatti è per noi un’esperienza davvero affascinante. Viaggiamo virtualmente, anche fino all’altro capo del mondo come faremo oggi, per ascoltare le loro storie, per viverle insieme a loro attraverso il racconto vivo delle loro esperienze passate, perdendoci nel loro presente ed immaginando il loro futuro, nutrendoci dei loro sogni. Oggi andremo in Messico, per conoscere e farvi conoscere meglio Alberto Martin, un ragazzo incredibile, semplice e solare. Buona lettura!

 Alberto Martin Orellana Cagide, questo il suo nome per esteso, ha 55 anni ed è nato a Città del Messico, dove ha sempre vissuto fatta eccezione per due anni trascorsi a Detroit, Michigan, USA, in cui ha lavorato per la Chrysler Co. Oggi è direttore operativo per una società messicana che realizza  composizioni floreali destinate al mercato della consegna a domicilio. E’ felicemente single, ha due fratelli, due sorelle e tre adorabili nipoti, ciò che li accomuna ed unisce, oltre al legame familiare, è la grande passione per lo sport e per la musica, la sua è una famiglia molto unita, così come è tradizione del suo generosissimo popolo. Le sue giornate cominciano con due tazze di caffè nero bollente, il suo allenamento mattutino quotidiano e della buona musica!

Se dovessi descriverti attraverso due aggettivi, quali sceglieresti e perché? Se invece chiedessimo alle persone che ti conoscono di farlo, cosa ci direbbero ?

“Se dovessi descrivermi con due aggettivi, il primo sarebbe senza dubbio passionale. Tutto quello che faccio infatti, lo faccio con passione.  Amo fare tantissime cose, il mio lavoro, andare in palestra, uscire con gli amici, cenare in famiglia, veder giocare il Barcellona – sono un’appassionato di calcio!! – e ascoltare musica. La vita è breve e deve essere vissuta intensamente, con passione in ogni suo attimo. Ci sono eventi negativi, alcune cose che non vanno per il verso giusto ed è forse anche e soprattutto per queste ragioni che apprezzo ancora di più le cose semplici e buone che la vita mi riserva. Alla fine credo che svegliarsi ogni mattina per cominciare un nuovo giorno sia un fatto positivo, un’opportunità da valorizzare.”

“Il secondo aggettivo sarebbe rispettoso, degli altri e del prossimo. Questa attitudine penso di averla ereditata da mio padre, uomo di cui vado molto fiero. Non l’ho mai sentito dire “ho bisogno di questo, mi manca quello”. E’ un uomo straordinario sempre disponibile e pronto ad aiutare gli altri. Lo adoro. Mi piace pensare di assomigliare a lui in questa attitudine e nel profondo rispetto per le persone. Certo a volte mi capita di usare un linguaggio forte, colorito – in fondo sono un passionale uomo Latino Americano – ma non sono mai animato dall’intenzione di ferire o aggredire, cerco sempre di rispettare tutti i modi di pensare e di essere. Per questo sono infastidito proprio dagli atteggiamenti aggressivi e violenti, tipici di quelle persone che non mostrano rispetto per niente e per nessuno. ” 

“Le persone che mi conoscono e mi frequentano, invece, penso mi descriverebbero innanzitutto come una “persona leale”. Non tradirei mai un amico. Con i miei amici condivido i momenti buoni e quelli cattivi. Rappresentano una seconda famiglia, quella che nel corso della vita ti scegli e sono certo che è lo stesso anche per loro. “

Parliamo ora della fotografia Alberto. Come hai cominciato? Quale è stato l’evento che ha scatenato in te la voglia di misurarti con la fotografia? Quando è successo?

“Credo di essere il prodotto dell’era dei telefoni cellulari. Ho cominciato a scattare istantanee come successo a tante persone, quando ho avuto il mio primo Blackberry. Non posseggo una macchina fotografica non ho alcuna competenza di tecnica fotografica, riesco a mala pena a valutare quando è opportuno attenuare o accentuare la luminosità,  non sono pratico di come impostare e/o correggere qualsiasi altro effetto fotografico. Quando avevo fatto ancora pochissimi scatti, mi è capitato di avere alcuni buoni riscontri e subito mi è venuta voglia di continuare per raccogliere maggiori consensi.  Così, quando ho cominciato  a ricevere quei pochi commenti garbati alle mie immagini, l’impulso a continuare per riceverne di più, è stato immediato. Sono entrato in un Gruppo di Fotografia, “Pasión por la Fotografía” guidato dell’eccellente fotografo messicano, maestro e amico Javier Garcia-Moreno – potete apprezzare la sua arte visitando il sito Javier GM Photography – e su suggerimento di un grande amico e fotografo canadese, Michael Strah sono entrato in alcuni Gruppi Facebook, fra i quali Keep-it-minimal e Foto-only-minimal, dove ho cominciato a condividere i miei scatti e da allora non ho più smesso. “

Quando e perchè invece hai abbracciato la fotografia di architettura, con queste tue vertiginose riprese con il naso all’insù?

“Da ragazzo avrei voluto diventare architetto, ma come ho già detto, non sono un creativo. Così quando ho iniziato il corso di disegno, mi sono subito reso conto di essere un disastro e ho deciso allora di intraprendere altre strade. Ho avuto la possibilità di trasferirmi per un paio d’anni a Detroit, una città che ha sempre avuto una pessima reputazione, ma che offre anche delle buone opportunità. Le grandi corporation dell’automobile, GM  Ford e Chrysler, offrono svariate opportunità culturali, a tutti i livelli. Forse io non le ho sfruttate appieno ma posso dire che la mia permanenza nella città famosa per l’industria automobilistica ha segnato inevitabilmente il mio gusto per le riprese architettoniche “col naso all’insù”.  Ho trascorso tanti fine settimana a Chicago, New York e Toronto, che rappresentano dei veri e propri paradisi per gli amanti della fotografia d’architettura lookingup.”

Alberto è uno dei nostri preferiti “archilover Instagrammer”, è sempre presente sulla piattaforma instgram con i suoi scatti ed oltre ad essere un autore molto apprezzato, si è sapientemente ritagliato il suo spazio ed ha saputo fidelizzare al suo profilo il suo affezionatissimo pubblico.

 Sembra che tu tragga la tua ispirazione principalmente dall’architettura dei moderni edifici di Città del Messico, c’è una ragione specifica Alberto?

“Il Messico vanta alcuni fra i migliori architetti mondiali. Luis Barragan -primo latino a vincere il premio Pritzker –  e Teodoro Gonzalez de Leon, fra gli altri. Mexico  City ha  uno dei viali più belli e importanti dell’America Latina, il Paseo de la Reforma e il nuovo quartiere emergente di Santa Fe, ad ovest della città, che rappresenta per me una delle principali fonti di ispirazione con innumerevoli, futuristici grattacieli che spesso sono il soggetto preferito dei miei scatti. Ci sono momenti in cui la maestosità di un edificio, la bellezza di un cielo blu o di un temporale, mi emozionano profondamente. Ora che ho un po’ di follower, in Europa e in America, voglio mostrare loro la bella città in cui vivo e rendere omaggio ai grandi artisti-architetti che hanno progettato questi splendidi edifici. Il Messico è un paese che ha tanta storia e vanta tante forme di espressione artistica, l’architettura è una di queste.”

Stilisticamente hai un approccio fotografico ben definito, essenziale e a tratti minimalista, sicuramente riconoscibile. Le tue immagini hanno una fondamentale caratteristica che è il colore azzurro in tutte le sue sfumature. Perché l’azzurro?

“Ci sono almeno un paio di motivi.  In primo luogo, il Periodo Blu di Pablo Picasso, è stato amore a prima vista. Non sono un amante del Cubismo, apprezzo Picasso in altre sue opere, così quando ho avuto modo di vedere alcuni dei suoi quadri del periodo Blu alla National Gallery of Art di Washington, DC è diventato uno dei miei artisti preferiti. L’altra ragione è che io amo il cielo azzurro, amo prendere il sole, che non è un’attività così superficiale se ci pensate bene, bensì può diventare un momento di aggregazione con la famiglia e gli amici, un momento di relax in cui godersi la bellezza della natura.”

Le tue immagini sono caratterizzate sempre da un approccio minimalista. Perchè hai scelto questo genere fotografico applicato all’architettura?

“Le mie foto hanno ben pochi elementi. L’elemento architettonico, il cielo e a volte un paio di nuvole. Anche i colori sono poco rappresentati, si limitano al blu e al bianco. Un’altra ragione fondamentale poi, è rappresentata dal fatto che quando si realizzano scatti lookingup in architettura, non si trovano certo in cielo delle persone che ballano!!! Del minimalismo non amo molto quelle immagini in cui vengono aggiunti ad arte elementi che non appartengono alla realtà che si sta riprendendo. Ritengo che questi elementi uccidano la bellezza architettonica, geometrica e didascalica dell’immagine fotografica.”

Da dove arriva questa passione? E’ qualcosa che hai respirato in famiglia?

“Mi sono sempre considerato uno sportivo. Non sono certo un creativo, ma ho un buon senso critico. So quello che mi piace e di ciò che non mi piace affatto posso dire esattamente il perché. Non ho una storia familiare prossima che attiene alla fotografia,  però mio padre aveva uno zio che era un artista messicano che nei primi anni del secolo scorso si era costruito una certa reputazione. Da parte di mia madre invece ci sono un paio di zii che dipingono, lo fanno solo per hobby ma sono molto bravi. E poi mia madre che da giovane è stata un’ottima ballerina di Flamenco e suonatrice di nacchere, perché nella nostra famiglia siamo molto orgogliosi delle nostre origini spagnole. Quindi, tornando alla domanda iniziale, direi che la mia passione per la fotografia era già insita dentro di me, sotto forma di amore per l’arte, era solo in attesa che i telefoni cellulari fossero inventati!”

Abbiamo già detto di come tu ti ritenga il prodotto dell’era dei telefoni cellulari, ciononostante non hai mai preso in considerazione di passare ad una macchina fotografica? 

“Io uso solo il mio iPhone5, anche se adesso sento la necessità di averne un modello più evoluto. Per la post produzione utilizzo un app di nome Snapseed o gli usuali strumenti di Instagram. Il mio amico Javier si è gentilmente offerto di vendermi una nuova macchina fotografica a un prezzo molto interessante e con dodici mesi di tempo per pagare. Ho molto apprezzato la sua gentilezza, ma non mi sono sentito di accettare e comunque non mi sentirei a mio agio. Come tutte le passioni, anche quella fotografica ha bisogno di dedizione per farla accrescere e di tempo per coltivarla ed al momento credo di aver raggiunto un buon compromesso che soddisfa le mie esigenze. In fondo sono più un ragazzo sportivo che un vero fotografo!” 

Hai dei progetti per i futuro? Come pensi si evolverà la tua attività fotografica?

“Vorrei andare a visitare le città coloniali in Messico e forse l’America Centrale, il Guatemala e la Costa Rica. Il mio stile non ne risentirebbe molto, invece di fotografare alti grattacieli di vetro con dominante blu, fotograferei pareti bianche coloniali e cieli blu. Un grande cambiamento invece sarebbe senz’altro rappresentato dall’aggiungere alla composizione per la prima volta, la componente umana. Donne dalla pelle scura (che amo, proprio come Gaugin), con indosso i  loro abiti colorati, in piedi davanti le bianche pareti. Ho anche un altro sogno nel cassetto, realizzare un progetto fotografico in uno dei quartieri più “pericolosi” di Città del Messico. Ma questo, più a lungo termine. “

Alberto, non ci rimane che salutarti e ringraziarti per aver accettato il nostro invito a raccontarti. E’stato un piacere!!!

“Grazie a voi dell’invito ed un saluto a tutti gli amici di Archiminimal!”

Looking Architecture di Alberto Martin