20 Aprile 2020 By Gabriella Maldini

A spasso nel cinema sulla via Emilia. Bologna e dintorni.

Continuiamo a viaggiare con il Cinema sulla via Emilia in direzione Sud, attraverso lo sguardo dei suoi autori che ne hanno raccontato al meglio le atmosfere e i sogni, i luoghi geografici e quelli dell’anima.

di Gabriella Maldini

Dopo la Parma di Bertolucci, proseguendo verso sud, cambiamo completamente atmosfera perché entriamo in quel piccolo fazzoletto d’Emilia patria di una delle coppie più originali e amate del cinema italiano: quella di Peppone e Don Camillo, gli indimenticabili personaggi creati dalla penna di Guareschi.  Le loro piccole storie nell’Emilia contadina, povera e semplice, del dopoguerra sono un piccolo capolavoro di leggerezza e simpatia, ma anche di vera e propria sociologia.

Le continue baruffe tra il parroco dai modi poco ortodossi e il sindaco rosso più irascibile e buono che ci sia, costituiscono una caricatura affettuosa e malinconica di ciò che eravamo a quei tempi e in quei luoghi, facendoci rimpiangere amaramente la freschezza e la genuinità di quel mondo perduto.

I vari film di Don Camillo poi, sono anche un bellissimo omaggio alla bicicletta che, per chi vive da queste parti, costituisce non solo un mezzo di trasporto ma un modo di essere e di stare al mondo. Con la giusta misura, senza troppa fretta ma potendo sempre accelerare e magari anche lanciandosi in qualche volata, mantenendo sempre il contatto con la natura, respirando l’odore della campagna.


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Don Camillo e l’onorevole Peppone (1955)

Pedalando ancora, eccoci arrivare alla grassa e dotta Bologna, il piccolo-grande capoluogo di provincia in cui la vita metropolitana continua a mescolarsi con quella di paese. L’autore che meglio ha saputo rendere questo arcobaleno di sfumature e di contrasti è Pupi Avati che, da Festa di laurea (1985) a Gli amici del bar Margherita (2009), a Il Cuore Altrove (2003),  ha saputo mettere in scena la dialettica, ora drammatica ora comica, e perfino grottesca, che lega le diverse anime di questo mondo ricchissimo di passioni e di sogni.

Carlo delle Piane e Pupi Avati

Non dobbiamo dimenticare che anche Pier Paolo Pasolini nacque a Bologna (il 5 marzo 1922) dove, dopo diversi spostamenti a causa dei trasferimenti di lavoro del padre,  frequentò il liceo classico  Galvani, e che certo segnò la sua formazione culturale e spirituale, gettando le premesse di quella visione radicale e profetica che si esprimerà a Roma.

Arrivati sempre più vicino a quel confine tutto interiore tra Emilia e Romagna, incontriamo l’autore che meglio di altri lo ha espresso con un cinema di altissimo livello e mai abbastanza considerato. Si tratta di Valerio Zurlini, emiliano, perché nato a Bologna (nel 1926) ma cinematograficamente parlando anche romagnolo, perché ha ambientato i suoi film più importanti nei luoghi- simbolo della riviera romagnola, Rimini e Riccione.  ‘Estate violenta’, del 1959, si svolge nella Riccione del ’43, tra le ville borghesi delle famiglie bolognesi che, anche in quei giorni, possono permettersi una villeggiatura apparentemente lontana dalla guerra.  E’ una Riccione filtrata attraverso i luoghi di (apparente) spensieratezza dove i ragazzi di buona famiglia passano le giornate tra il sole della spiaggia, le gite in barca a vela e i balli notturni sulle note dei proibiti dischi americani.

Ma bastano pochi secondi e capiamo che su tutta questa apparente leggerezza incombe la guerra, appena un passo più in là, fuori dalla finestra, oltre la spiaggia. Ed è proprio durante un attacco aereo sulla spiaggia che i due protagonisti s’incontrano, nel momento in cui la guerra irrompe con la sua ombra nera. Per tutto il film, Carlo (Jean Louis Trintignant) e Roberta (Eleonora Rossi Drago) cercano di sfuggire a quella tragedia,  di  nascondersi nella loro piccola -grande storia d’amore.

Ma la guerra li ha già afferrati e alla fine, anche loro, dovranno fare i conti con la storia con la S maiuscola, quella che irrompe nella sequenza finale del bombardamento alla stazione di Bologna; l’evento tragico che li costringe a svegliarsi dal loro incantesimo d’amore e ad assumersi la responsabilità morale di fronte alla realtà. Si tratta di una sequenza straordinaria che Zurlini riuscì a porre a sigillo del film lottando contro l’iniziale rifiuto della produzione.  Una sequenza legata a un preciso ricordo autobiografico e a cui teneva moltissimo, tanto da scriverne così 

“il 24 Luglio Bologna fu ferocemente bombardata e il 25 mattina dovetti recarmici per accompagnare una nostra amica che tornava a Vicenza con la sua bambina. Arrivammo alle 11 di mattina e la stazione ferroviaria era sconvolta, solo poche linee funzionavano ancora. Riuscii a trovare per loro una fortunosa coincidenza per Padova pochi minuti dopo, e così mi ritrovai solo, con alcune ore a disposizione, e mi inoltrai nella città. Centinaia di cadaveri senza più volto giacevano allineati sui marciapiedi e i familiari dovevano spiarne da vicino le fattezze distrutte, le fisionomie scoppiate, con la paura di riconoscervi un loro caro disperso. Quel giorno, ebbi la prima vera immagine della guerra, che non si combatte solo fra uomini che si fronteggiano, ma che saccheggia vite innocenti e ne cancella le fattezze, riducendole e cose estranee anche alla pietà, capaci solo di suscitare ribrezzo e orrore”

Ho voluto riportare queste parole perché sembrano parlarci di un’altra tragedia, molto più recente: la strage di Bologna del 1980. Quando Zurlini girò Estate violenta, di sicuro pensava di ricordare una tragedia del passato; non poteva immaginare che stava raccontando il futuro.

Note biografiche sull’autrice

Nata a Forlì nel 1970, dopo il diploma al Liceo Classico si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna. Ha svolto un Master in Comunicazione a Roma e Milano, poi un Corso di Racconto e Romanzo e uno di Sceneggiatura cinematografica alla Scuola Holden di Torino. E’ docente di cinema e letteratura e ha diverse collaborazioni in atto, fra cui quella con Università Aperta di Imola e le scuole medie, per le quali sta portando avanti un progetto didattico che coinvolge i ragazzi delle classi terze in una ‘lezione cinematografica’ sul rapporto umano e formativo che unisce allievo e insegnante. Nel maggio 2018 è uscito il suo primo libro, edito da CartaCanta, dal titolo I narratori della modernità, un saggio di letteratura francese dedicato a Balzac, Flaubert, Zola e Maupassant, come quei grandi padri della letteratura che per primi hanno colto la nascita del mondo moderno. Collabora con il  Sedicicorto Film Festival, il festival Internazionale dedicato al Cortometraggio.

Per ArteVitae scrive nella sezione Cinema e TV

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